Emergenza covid a Milano: “Nessuno aiuta i miei genitori, ho paura che muoiano in casa”
“I miei genitori anziani stanno male e nessuno vuole aiutarci. Il sistema è davvero al collasso”. A parlare è Franco, residente a Milano. I suoi genitori, invece, vivono in un comune nella periferia della città metropolitana di Milano. Il papà di Franco, ha 70 anni e due settimane fa ha iniziato a sentirsi poco bene. “Ogni volta che tossiva trovava del sangue sul fazzoletto – spiega Franco – Poi è subentrata la febbre. Il suo medico di base insisteva nell’affermare che non fosse nulla di grave. Noi, però, non eravamo tranquilli: mio padre è cardiopatico e diabetico. Così lo scorso sabato, dopo una settimana tra febbre e tosse, siamo riusciti, grazie all’intervento del 118, a portarlo al pronto soccorso. Qui è stato per poco più di 24 ore. Gli è stato fatto il tampone e una tac al torace”. Il referto della tac è chiaro: polmonite interstiziale alveolare bilaterale.
Le dimissioni e la terapia domiciliare
“È chiaro che si tratta di infezione da Sars Cov 2”, continua il figlio. Il padre viene così dimesso con l’indicazione di una terapia al cortisone, in attesa dell’esito del tampone molecolare. “L’esito non è ancora arrivato – precisano i familiari -: il suo medico di base dice di vedere il nome di mio padre nella lista di Ats dei pazienti Covid positivi, ma non è disponibile la documentazione ufficiale. Parlare con qualcuno in Ats è impossibile: abbiamo passato ore in attesa che qualcuno rispondesse al numero dedicato ai tamponi, senza successo. Inoltre, ci siamo accorti che, nella terapia assegnata a mio padre, si erano dimenticati di prescrivergli l’eparina. Così, tramite amici medici e infermieri ospedalieri che hanno valutato il suo quadro clinico sulla base dei documenti rilasciati dall’ospedale, siamo riusciti a introdurla nel suo piano terapeutico. Nel frattempo, anche mia madre ha iniziato a sentirsi poco bene e piano piano le sue condizioni di salute sono peggiorate: i sintomi fanno pensare che anche lei sia positiva al Covid”.
L’inizio dell’incubo
Qui, per la famiglia di Franco ha avuto inizio l’incubo che molti cittadini stanno vivendo sulla propria pelle: l’impotenza di fronte a liste d’attesa telefoniche per cercare aiuto senza mai ricevere risposta, la paura di sentirsi abbandonati dal sistema sanitario e di non sapere a chi rivolgersi, il disorientamento nel non ricevere indicazioni chiare e precise su come affrontare il virus. “Il medico di base dei miei genitori ha continuato a dirmi che non può fare nulla: ci ha spiegato di aver fatto una segnalazione a Ats dove classifica mia mamma come contatto stretto di soggetto sintomatico perché manca il certificato del tampone eseguito su mio padre. Mio papà dovrebbe essere richiamato dall’ospedale per un monitoraggio sull’andamento della terapia, ma non è ancora accaduto. Mia madre, invece, continua a stare male e nessuno la visita: il medico di famiglia ha paura di effettuare visite a domicilio ed è allo stremo. Umanamente comprendo: la situazione è davvero drammatica per tutti. Però cosa dobbiamo fare: aspettare che ce li facciano morire in casa? Siamo nel caos più totale e questa cosa è inaccettabile considerata l’esperienza di marzo scorso”.
Attivazione delle Usca
Nessuno però ha pensato al servizio fornito dalle “guardie mediche Covid”: cioè il servizio fornito dalle Usca (Unità Speciali di Continuità Assistenziale) che svolgono visite mediche domiciliari per pazienti Covid 19. “Solo grazie all’intervento della dott.ssa Pedrini, segretaria regionale della federazione Italiana Medici di Famiglia, contattata da un’amica siamo riusciti ad attivare il servizio domiciliare – prosegue Franco -. Perché in Italia, purtroppo, in queste situazioni di emergenza se non hai conoscenze vieni lasciato solo. Due giorni fa sono stato chiamato dal coordinatore del servizio Usca, una persona gentile e disponibile. Questo medico mi ha spiegato che la situazione era al limite anche per loro e che sarebbero andati a visitare i miei genitori il prima possibile. Ieri, sono stato richiamato sempre dal coordinatore del servizio a domicilio il quale voleva farmi sapere che non si erano dimenticati di noi, ha voluto poi conoscere le condizioni dei miei genitori e i parametri legati alla saturazione. La sua telefonata è stata tranquillizzante perché ho capito che lui non ci lascerà soli”.
La situazione a Milano
In Lombardia, e specialmente a Milano, la situazione è esplosiva. Secondo il Governatore lombardo, Attilio Fontana, la situazione che a marzo si era verificata su Bergamo oggi è in corso su Milano. La situazione del tracciamento dei casi (il cosiddetto contact tracing) è ormai definitivamente fuori controllo. Proprio nei giorni scorsi, l’Ats di Milano (l’Agenzia di tutela della salute della città) ha comunicato a tutti i medici di base che l’esecuzione del tampone ai cosiddetti “contatti stretti” (cioè coloro che hanno avuto interazioni con un paziente risultato positivo al Coronavirus) non è già considerata una priorità e verrà temporaneamente sospesa. Il personale a disposizione per il tracciamento, circa 150 tracciatori, non è sufficiente per i circa 30-40 contatti che ogni paziente positivo in media ha avuto.