Elena Sironi (M5S): “Sullo stadio di San Siro, Sala fatica a far prevalere l’interesse della città”
Milano e San Siro hanno ricominciato a fare i conti con un progetto che potrebbe presto cambiare il volto della città. Dopo cinque anni di dibattiti, Inter e Milan hanno messo di nuovo al centro l'ipotesi di uno stadio condiviso nello stesso quartiere divenuto celebre nel mondo del calcio, e non solo, per la presenza dello stadio ‘Giuseppe Meazza'. Le società, entrambe di proprietà di fondi di investimento statunitensi (Oaktree la prima e RedBird la seconda), stanno studiando come creare un nuovo impianto a pochi passi dalla Scala del Calcio, di cui rimarrebbe in piedi solo una porzione. Nel frattempo, però, i rossoneri continuano a investire e a progettare anche nella vicina San Donato Milanese. Il destino del quartiere di San Siro sembra essere nelle mani delle squadre, e non dei cittadini: "Vedere un sindaco che fatica a far prevalere l'interesse della città, non è una bella immagine", afferma a Fanpage.it la senatrice milanese Elena Sironi, eletta nel 2022 con il Movimento 5 Stelle, "le esigenze sociali e ambientali dei cittadini sono state gravemente trascurate in questi anni, dobbiamo riprendere la strada giusta".
Cosa ne pensa della possibilità della costruzione di un nuovo stadio accanto al ‘Meazza'?
Sembra assurdo che dopo anni di discussioni siamo tornati al punto di partenza. Questa ipotesi era stata inizialmente scartata anche dal Comune, perché è evidente che costruire uno stadio nuovo di fianco a un altro, che peraltro ha tutte le possibilità di essere ristrutturato senza sospendere le partite e che è un'icona per gli sportivi e per chi non segue il calcio, è assurdo. Lo stadio c'è già e più studi architettonici hanno detto che è possibile adeguarlo alle esigenze delle squadre. Quello che dobbiamo capire è perché Inter e Milan ne vogliono costruire un altro, quali sono le loro ragioni.
Considerando che i proprietari delle società sono fondi di investimento, quello che viene da pensare è che per loro il nuovo impianto accanto al ‘Meazza' sia la soluzione migliore per costruire il più possibile. Dobbiamo studiare bene la questione urbanistica.
Quindi, secondo lei, le società non si fermeranno alla costruzione dello stadio, ma rivoluzioneranno l'intero quartiere?
Lo stadio è solo un pretesto. Il progetto che era stato presentato anni fa prevede un'estensione notevole: si parla di centinaia di migliaia di metri quadri sui quali sorgeranno centri commerciali, centri direzionali e residenze. È un'operazione di speculazione edilizia. È chiaro che il mondo gira anche intorno a questo, il fatto è che occorre mettere paletti che garantiscano la sostenibilità ambientale e sociale dell'intervento. Perché non si può non fare i conti con chi abita la città e sulle ricadute che un progetto come questo può avere.
L'amministrazione pubblica dovrebbe cercare di orientare la questione verso un compromesso, in modo da non fare un disastro. E soprattutto la motivazione del doppio stadio ancora non è chiara.
Le società si sono già espresse sul tema ristrutturazione dicendo che per loro "non è fattibile a costi accessibili". Secondo lei, dove sta il confine tra quello che vuole un privato e quello che una città può sostenere?
Ma non è vero che il costo della ristrutturazione non è accessibile. Se ristrutturi un qualcosa di già esistente, pagherai solo il prezzo per ristrutturarlo e, al massimo, anche quello di una parziale demolizione. Ma se si demolisce quasi interamente quello che c'è, cosa che comporta anche un costo in termini di emissioni di CO2 che cancellerebbe quanto il Comune ha fatto negli ultimi 15 anni in tema ambientale, e se ne costruisce uno nuovo, è chiaro che il progetto costerà di più.
La ragione della bocciatura della ristrutturazione è un'altra: trattandosi di fondi di investimento, puntano ad avere il maggior guadagno possibile. Anche questi fondi, però, dovrebbero avere dei limiti. Nessuno gli nega un'operazione immobiliare, sono le logiche del mercato, ma questo profitto non lo possono pagare i cittadini.
Il sindaco Sala ha dichiarato che non intende passare dal Consiglio comunale per nuove delibere sul tema San Siro, secondo lui non è necessario. La reputa una buona decisione?
Già non aver ammesso il referendum due anni fa non è stata una grande dimostrazione di volere la partecipazione dei cittadini nelle scelte che li coinvolgono direttamente. Adesso il fatto che non voglia interpellare il Consiglio comunale lo ha portato a essere criticato da tutti, anche dalla sua maggioranza. Non si capisce per quale ragione debba essere lui, in solitudine, a decidere il destino di una città.
Ha detto che così non si perde ulteriore tempo.
Sì, però visto il tipo di decisione e l'impatto che avrà, credo valga la pena prendersi il tempo necessario. Vedere un sindaco sballottato dagli appetiti di due squadre e che fatica a far prevalere l'interesse della città, non è una bella immagine.
Lei alle elezioni amministrative del 2021 era tra le possibili candidate per il Movimento 5 Stelle. Ci fosse lei, oggi, al posto di Sala, cosa farebbe di diverso?
Cercherei di capire quali sono le rispettive ragioni delle parti, metterle sul tavolo e cercare di trovare un compromesso. È evidente che le posizioni non coincidono, ma questo non significa che debba prevalere nettamente l'una sull'altra. Sarebbe da fare una operazione di mediazione. L'altra cosa che manca è una disciplina sulla gestione e sulla costruzione degli stadi a livello nazionale, servono paletti che tutti devono rispettare e questo già potrebbe aiutare i sindaci a prendere certe decisioni.
Il Milan sta giocando la sua partita su due fronti diversi: il nuovo stadio a San Siro con l'Inter e uno tutto suo a San Donato Milanese. Su quale dovrebbe puntare?
I proprietari del Milan sono imprenditori e il doppio gioco gli serve per cercare di guadagnare il più possibile. Il progetto a San Donato Milanese è una cosa che non sta né in cielo né in terra. È al confine sud-est con Milano, è l'ultimo baluardo del territorio agreste retaggio degli antichi monaci cistercensi legati all'Abbazia di Chiaravalle che sta a 300 metri di distanza in linea d'aria e a fianco c'è il borgo di Chiaravalle. Vorrebbero costruire un impianto da 70mila posti, con tutto il rumore che comporta, a pochi passi da un paesaggio bucolico e dalle piste ciclabili. Se il secondo stadio a San Siro non ha senso, quello di San Donato Milanese grida vendetta solo a pensarci.
In questi giorni è iniziata la fase di Valutazione ambientale strategica a San Donato Milanese. Può portare a un blocco del progetto o è solo burocrazia?
In quell'area c'è una questione di falda acquifera alta. Pensare di posizionare là una piattaforma di 160mila metri quadri, profonda 8 metri, è come metterla su una piscina. Con le precipitazioni violente e concentrate che sono sempre più frequenti, i conti da fare con il rischio idrogeologico sono un problema serio.
Così come anche a San Siro, dove andrebbero a impermeabilizzare il parco dei Capitani: un presidio di 5 ettari prezioso per una città che ormai è impermeabilizzata in percentuali altissime. Si parla di decementificazione, ma se si continua così la strada sarà sempre più in salita. Bisogna cominciare a considerare che il suolo non è un pavimento su cui piazzare le casette come a Monopoli, ma è un ecosistema. Tra i 30 e 50 centimetri di spessore c'è la vita e se noi scaviamo e la distruggiamo, ci vogliono mille anni per ricostruire 2 centimetri di suolo.
Uscendo dal tema stadio, Milano sembra essere sempre più preda delle speculazioni immobiliari. Basti pensare ai fondi che comprano palazzi per poi offrire gli appartamenti in affitto a scopo solo turistico. La città come può uscire da questa morsa?
Purtroppo si è corso, e non ci siamo resi conto che alla fine della strada c'era un muro. La questione della speculazione urbanistica selvaggia, che adesso è sotto processo, sta per essere salvata con una norma retroattiva che va a sanare tutto quello che è stato, è e sarà fatto contro la legge. Questo, però, ha creato un mercato finanziario che, ci auguriamo, abbia finito di correre.
Anche perché i prezzi delle case sono saliti alle stelle, gli affitti altrettanto e adesso società private e pubbliche non riescono a trovare dipendenti perché lo stipendio medio non consente di pagare un affitto. Tutto quello che è stato costruito, non è stato pensato per rispondere alle esigenze abitative, ma per soli fini speculativi e finanziari senza limiti.
Milano è già andata a sbattere?
Dopo le scorse amministrative, uscendo dal Covid, avevamo dal New Generetion Eu e dal Pnrr soldi che avremmo potuto investire con visione futura pensando innanzitutto al benessere delle persone. Quella doveva essere la direzione da prendere, ma ne abbiamo presa un'altra. Basta camminare la sera in centro, tra piazza Duomo e San Babila, per vedere cittadini italiani che arrivano con tende, sacco a pelo e trolley per passare la notte sotto i portici. Sono persone che non hanno più la possibilità di vivere in modo decoroso nella loro città.
Le esigenze sociali e ambientali di chi vive questa città sono state gravemente trascurate. Ora dobbiamo fermarci, alzare lo sguardo e cercare di trovare un equilibrio che non lasci fuori così tanti cittadini. Dobbiamo riprendere la strada giusta.