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Elena Beccalli (Cattolica): “Noi cinque rettrici sapremo dare ulteriore slancio al sistema universitario milanese”

“Sono certa che le cinque donne a Milano sapranno dare ulteriore slancio al sistema universitario milanese, che rappresenta un fattore di traino nel rendere Milano una vera e propria capitale europea”, a dirlo a Fanpage.it è la rettrice dell’Università Cattolica, Elena Beccalli.
A cura di Paolo Giarrusso
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Elena Beccalli, monzese, classe 1973 è rettrice dell'Università Cattolica del Sacro Cuore dal primo luglio 2024. Professoressa ordinaria di economia degli intermediari finanziari nella facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurativa, di cui è stata preside dal 2014 al 2024. A Fanpage.it ha detto: "Il mio auspicio è che l’elezione di una donna alla guida di un Ateneo non debba più fare notizia".

Lei è la prima donna a ricoprire l'incarico di rettrice nella storia dell'Università Cattolica. Che orgoglio si prova nell'essere la prima donna e che grande responsabilità si avverte nel ricoprire la carica che fu di Padre Agostino Gemelli, fondatore dell'Università Cattolica?

Una premessa: il mio auspicio è che l’elezione di una donna alla guida di un Ateneo non debba più fare notizia. Terrei comunque a fare una sottolineatura: le donne hanno sempre avuto ruoli rilevanti in Università Cattolica e in tutto il nostro Paese. Basti pensare al ruolo delle donne costituenti. Ma la loro attività è rimasta spesso sottotraccia.

Nel nostro Ateneo la presenza femminile c’è stata sin dalla nascita con la cofondatrice Armida Barelli. Per quanto mi riguarda, sento innanzitutto la responsabilità di sviluppare percorsi educativi capaci di valorizzare pienamente i talenti di studentesse e studenti. Credo che una leadership femminile possa essere anche occasione per assegnare il giusto valore a fattori importanti come l’inclusività o il benessere della comunità accademica.

Lei ha detto che l'Università Cattolica è per sua vocazione un Ateneo universale. Ci approfondisce il concetto?

L’Università Cattolica ha una vocazione universale nel senso che mira all’universalità cioè a tutti e a ciascuno. Questo si traduce nell’essere un luogo dove il dialogo e il confronto sono aperti, liberi, interdisciplinari. Il mio intento è fare in modo che la Cattolica possa offrire un contributo di pensiero e diventare così un bacino naturale cui possano attingere la società civile, le istituzioni, il mondo del lavoro.

Mi piacerebbe che diventasse la miglior università per il mondo. Vale a dire un Ateneo al servizio del bene comune a partire da chi è ai margini. Ecco allora la necessità di una intersezione tra ricerca e didattica anche ai fini della disseminazione pubblica. L’idea è quindi dare un contributo di pensiero che nasce da una ricerca di qualità, capace di incidere sul dibattito politico e pubblico.

Quali sono le sfide che attendono l'Università Cattolica in particolare sotto il suo mandato?

Tra le linee progettuali del mio mandato vorrei sottolineare il Piano Africa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Si tratta di una struttura d’azione, in coerenza con quell’indirizzo di apertura dell’Ateneo che prima ricordavo, che mira a porre il continente africano al cuore delle progettualità educative, di ricerca e di terza missione.

Secondo uno spirito di reciprocità, l’Ateneo intende ampliare i percorsi per la formazione di giovani africani in loco o nel nostro paese, diventare polo educativo per i giovani africani di seconda generazione che vivono in Europa, spesso ai margini
pur rappresentando una parte rilevante del nostro futuro, nonché rendere sempre più sistematiche le esperienze curriculari di volontariato per i nostri studenti.

L’aspirazione è diventare l’Università europea con la più rilevante presenza in Africa, attraverso partnership con atenei e istituzioni locali, nell’ottica di un arricchimento vicendevole per la formazione integrale delle persone e la promozione della fratellanza e, non da ultimo, della pacifica convivenza sociale.

Cinque donne alla guida di altrettanti atenei cittadini. Ben 5 su 8. Che significato ha?

Milano è per sua vocazione una città anticipatrice di tendenze e aperta all’innovazione. Sono certa che le cinque donne a Milano sapranno dare ulteriore slancio al sistema universitario milanese, che rappresenta un fattore di traino nel rendere Milano una vera e propria capitale europea.

Una città da sempre riconosciuta come accogliente e inclusiva e che per questo ha contribuito allo stesso sviluppo delle sue università, ma che oggi risente dei costi della residenzialità. Del resto, noi rettrici milanesi già stiamo lavorando insieme su questa questione e non solo, nell’ottica di rafforzare sinergie.

Dialogo e confronto sono sempre più necessari. Che spazio concreto trovano nell'Università Cattolica?

Parto da uno degli ultimi eventi in ordine temporale ovvero lo storico incontro che si è tenuto nei Chiostri di Largo Gemelli lo scorso dicembre tra il Segretario di Stato Cardinale Pietro Parolin e il Segretario Generale della Lega musulmana mondiale Muhammad Al Issa.

Seguito all’apertura dell’Istituto di Cultura araba, è uno dei segni concreti di dialogo interculturale e interreligioso che la
nostra Università promuove ormai da anni e sempre più intende farlo.

Anche a lei la domanda posta alle altre rettrici. È finito il tempo in cui una donna, nel suo ruolo, doveva dimostrare qualcosa in più di un uomo per poter essere all'altezza?

Credo che una leadership femminile non debba dimostrare qualcosa in più rispetto a quella maschile. Anche la ricerca scientifica mostra che una guida al femminile in imprese e istituzioni ha un impatto positivo creando valore per effetto delle implicazioni sulle scelte delle organizzazioni.

Per esempio, la presenza femminile nei vertici delle imprese favorisce la sostenibilità con maggiore attenzione al welfare dei dipendenti e all’ecosistema ambientale e sociale, riduce le frodi sia in termini di frequenza che gravità. In sostanza, la diversità di genere influenza positivamente la condotta aziendale. Aspetti questi molto rilevanti per un’istituzione educativa.

Qual è il rapporto che l'Ateneo ha con la città e quale deve essere?

L’Università Cattolica è un Ateneo a dimensione nazionale molto radicato nei territori in cui è presente – Milano, Roma, Brescia, Piacenza e Cremona – e con i quali è in costante dialogo anche nello sviluppare un’offerta formativa che risponda ai bisogni dei territori. In particolare, la sede milanese contribuisce fortemente a qualificare il sistema universitario della città.

Per mantenere la rilevanza dello stesso è fondamentale un’azione comune, pubblico-privata, attraverso sinergie tra atenei e istituzioni. Costruire la migliore università per il mondo significa infatti mantenere viva l’idea fondativa di università, scrutando, di anno in anno, le trasformazioni della società, i bisogni delle nuove generazioni, le esigenze delle comunità di riferimento.

L'università Cattolica come si è attrezzata per un confronto con gli altri atenei europei?

La valorizzazione dell’internazionalizzazione è un tratto che ha caratterizzato in maniera particolare l’anno accademico appena trascorso e che pone la Cattolica in forte apertura a livello europeo e non solo. In base agli ultimi dati, si è registrato un aumento di circa il 18 per cento nel numero di studenti internazionali provenienti da tutti i continenti che hanno scelto di iscriversi nei nostri percorsi.

Virtuosa è anche la circolarità globale della comunità studentesca: secondo l’ultimo QS Europe Ranking, l’Università Cattolica del Sacro Cuore si classifica al primo posto in Italia per outbound students, pari a circa 3.000 studenti in uscita. Altrettanto rilevante è la presenza di inbound students, che colloca l’Ateneo al terzo posto in Italia, con circa 2.000 studenti che scelgono dall’estero di studiare in Cattolica.

Dunque, possiamo affermare che la nostra è un’Università a dimensione nazionale che si qualifica come un “microcosmo internazionale”. Estesa è la rete di partner a livello globale con oltre 600 università in 82 paesi; in particolare sottolineo le collaborazioni consolidate con 36 dei primi 100 atenei del mondo (QS University Ranking 2024).

Sono qualificati e numerosi i programmi di doppia laurea (attualmente 112 accordi), come pure gli scambi di docenti e i progetti di ricerca congiunti. Tutte iniziative che consolidano la nostra reputazione globale e potenziano le opportunità per gli studenti.

Chi sono per lei e che cosa rappresentano gli studenti della sua Università?

Non mi stancherò mai di ripetere che studenti e alumni sono i protagonisti e gli ambasciatori della nostra missione. Sono convinta che non siano utenti ai quali offrire un servizio, come una consolidata tendenza ci indurrebbe a fare, quanto piuttosto persone animate dalla speranza di vivere un’esperienza educativa che valorizzi le loro intelligenze multiple ossia i tre linguaggi della testa, del cuore e delle mani spesso evocati da Papa Francesco.

Che cosa manca al mondo accademico italiano in generale e qual è, invece, la virtù maggiore?

Specie se raffrontato a quello anglosassone, un tratto del sistema universitario italiano che potrebbe essere potenziato è l’interazione con il mondo del lavoro. Una nota di merito è invece quella di essere più capace di gestire il presente poiché offre una visione integrale della complessità dei problemi grazie al dialogo tra discipline umanistiche e tecniche. Corre, cioè, meno
il rischio di una parcellizzazione settoriale del sapere.

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