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Caso Eitan: il bimbo portato dal nonno in Israele

Eitan, dal passaporto al divieto di espatrio: come ha fatto il nonno a portarlo fino in Svizzera

Il passaporto, il divieto di espatrio e la pista dei servizi segreti: sono diversi i punti oscuri dell’inchiesta – condotta dalla Procura di Pavia – sul rapimento del piccolo Eitan, il bimbo sopravvissuto alla strage del Mottarone, da parte del nonno materno che al momento – come disposto dalle autorità israeliane – si trova confinato in casa sua in Israele.
A cura di Ilaria Quattrone
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Sono passati cinque giorni dal rapimento di Eitan: il bimbo di sei anni, unico sopravvissuto alla strage del Mottarone, che sabato scorso è stato portato in Israele dal nonno materno Shmuel Peleg. La sua azione ha inasprito la battaglia legale tra la famiglia di Tal Peleg (la madre del piccolo) e di Amit Biran (il padre). Una guerra che era stata innescata già dopo le dimissioni del bambino dall'ospedale quando il giudice del tribunale di Pavia aveva deciso di affidare la tutela agli zii paterni. Adesso la procura, che accusa i nonni materni di sequestro di persona aggravata, sta indagando – sulla base di quanto riportato dal quotidiano Il Corriere della Sera – su tutti gli spostamenti del 58enne prima del rapimento del nipote.

L'arrivo in Italia di Shmuel Peleg

Il 24 maggio Shmuel Peleg è arrivato in Italia: l'uomo doveva riconoscere i corpi della figlia, del genero, dei suoceri e dell'altro nipotino di appena due anni. Da allora non se n'è più andato dal Paese tranne che per il 27 e 28 maggio quando si sono svolti i funerali dei suoi famigliari in Israele. Il procuratore facente funzioni Mario Venditti e il sostituto Valentina De Stefano, stanno acquisendo – sempre secondo quanto riportato da CorSera – tutti i documenti relativi al suo soggiorno. L'uomo sarebbe stato prima in un albergo vicino alla stazione centrale di Milano – che sarebbe frequentato da alcune persone legate ai servizi segreti – e poi in un bed&breakfast.

Il divieto di espatrio

L'altro punto sul quale si concentra l'inchiesta è come Peleg sia riuscito a raggiungere indisturbato l'aeroporto di Lugano dove ad attenderlo c'era un aereo privato diretto a Tel Aviv. L'uomo è stato per tantissimi anni tenente colonnello dell'esercito israeliano e per questo motivo, fin da subito, si è fatta avanti l'ipotesi di un possibile coinvolgimento di alcune personalità dei servizi segreti. Per capire come il 58enne sia arrivato in Svizzera, gli inquirenti stanno analizzando i suoi tabulati telefonici e quelli di Esther Athen Cohen, l'ex moglie di 57 anni, anche lei indagata. Oltre ai cellulari, sono sotto esame anche le immagini delle telecamere di sorveglianze delle autostrade. A lasciare di stucco, è soprattutto il fatto che per il piccolo ci sia un divieto di espatrio diramato in tutti i Paesi del trattato di Schengen e in Svizzera dopo che proprio la Procura aveva avvisato la Polizia e la Prefettura del possibile rischio che i nonni materni potessero portarlo in Israele.

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Il passaporto mai consegnato agli zii paterni

Infine la questione passaporto: il documento era nelle mani di Peleg nonostante l'invito del giudice tutelare di riconsegnarlo alla zia paterna. Questo lo avrà aiutato a varcare il confine e farlo partire dalla Svizzera anche se non basta a far partire un minore. È infatti necessario che vi si un documento che dimostri come l'accompagnatore sia autorizzato. Intanto ieri gli zii paterni hanno potuto sentire al telefono il piccolo Eitan. Hanno inoltre precisato che nei prossimi giorni andranno in Israele per incontrarlo. È inoltre attesa per il 29 settembre l'udienza al tribunale di Tel Aviv che deciderà sul ritorno del bambino in Italia. Lì, gli zii chiederanno "la restituzione immediata".

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