Eitan conteso tra due famiglie, la zia materna: “Voglio adottarlo e crescerlo come figlio mio”
Tra pochi giorni, il 23 settembre, si terrà la prima udienza che dovrà decidere a chi sarà affidato Eitan Biran, il bambino di sei anni unico sopravvissuto della strage della funivia del Mottarone. Il bimbo si trova suo malgrado al centro di una contesa tra i due rami della famiglia, quello paterno e quello materno. Una contesa deflagrata in modo inaspettato dieci giorni fa, l'11 settembre, quando il nonno materno Shmuel Peleg lo ha prelevato dalla casa di Travacò Siccomario, in provincia di Pavia, dove Eitan viveva con la zia paterna Aya Biran (sorella del padre di Eitan, Amit) nominata sua tutrice legale dai giudici italiani, per portarlo in Israele. Aya è volata in Israele per partecipare all'udienza di giovedì, con l'intenzione di riportare Eitan in Italia. Dal ramo paterno della famiglia, per voce di uno zio del bimbo, sono piovute accuse di presunti "lavaggi del cervello" fatti dal nonno all'indirizzo del bambino.
La sorella della madre di Eitan: Voglio adottarlo, è l'unica cosa che mi interessa
Adesso, dalle colonne del quotidiano "La Stampa", è arrivata la posizione anche di Gali Peleg, zia materna di Eitan. Gali, 29 anni, è la sorella della mamma di Eitan, Tal, e la figlia di Shmuel Peleg. Al quotidiano torinese ha rivelato l'esistenza di un patto con la sorella riguardo il futuro di Eitan, dicendo: "Voglio adottarlo e crescerlo come figlio mio. Mia sorella era anche la mia migliore amica. Eitan è la cosa che più mi importa, l’unica che interessa a me e alla mia famiglia". Nell'intervista Gali Peleg ha detto che non era al corrente del piano del nonno per riportare Eitan in Israele, un "rapimento" per il quale l'uomo è indagato assieme alla nonna di Eitan e all'autista dell'auto con la quale il bimbo è stato portato dal Pavese a Lugano, in Svizzera, dove poi ad attenderli c'era un jet privato.
Vogliamo mostrare che per Eitan è meglio stare in Israele
La zia materna di Eitan ha anche riferito che i soldi raccolti con le campagne di solidarietà per il bimbo non sono serviti per il costoso piano per portarlo in Israele, dove secondo lei e la sua famiglia Eitan dovrebbe vivere: "Vorrei credere che riusciremo a raggiungere un qualche accordo, un’intesa – ha detto a proposito dell'udienza in programma giovedì -. Noi siamo pronti a mettere tutto da parte. Vogliamo mostrare loro che per Eitan è meglio stare qui, come volevano i suoi genitori, che gli hanno sempre detto che a breve sarebbero tornati in Israele". La zia, che adesso vede Eitan tutti i giorni, ha poi aggiunto di non aver mai ricevuto, come altri membri della sua gamiglia, un referto psicologico sul nipote: "Dal punto di vista emotivo non potevamo più sopportare di vedere la tristezza di Eitan, non potevamo più contenere il suo dolore. Eravamo preoccupati per gli aspetti mentali", dice quasi a mo' di giustificazione per il gesto di suo padre, il nonno di Eitan, che ha scatenato una "guerra" per contendersi un bambino che sicuramente di tutto avrebbe bisogno adesso, tranne che di crescere in una famiglia divisa.