È ufficiale, la Lombardia resta in zona arancione: in serata l’ordinanza del ministro Speranza
La Lombardia resta in zona arancione. La decisione è arrivata dopo il confronto tra Ministero della Sanità e Istituto Superiore di Sanità a seguito del monitoraggio di quest'ultimo che ha valutato l'andamento epidemiologico nella regione governata da Attilio Fontana. I dati emersi propendono più per la zona gialla, ma in virtù del decreto legge di aprile del Governo Draghi, il passaggio nella fascia con minori restrizioni resta vietato fino a inizio maggio. Mai presa in considerazione, invece, la possibilità di passare in zona rossa. In serata il ministro della Salute, Roberto Speranza, firmerà l'ordinanza che confermerà la zona arancione per la Lombardia.
I dati dell'Iss, in Lombardia numeri da zona gialla
Come testimoniato dai dati del monitoraggio dell'Iss, la situazione in Lombardia continua a migliorare. L'indice di contagio Rt scende a 0,78, così come calano i focolai e i contagi generali segnalati giorno per giorno dalle varie Ats territoriali. Resta alta, invece, la valutazione di impatto, che comprende il numero di posti letto (compresi quelli di terapia intensiva) occupati da degenti affetti dal Coronavirus. Lo stesso presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana ha ribadito che: "dai dati che abbiamo potuto esaminare arrivati da Roma, la Regione Lombardia potrebbe già essere considerata ‘zona gialla'. Ad oggi però, come ben sapete, sono presenti dei limiti sul cambiamento delle fasce ma i numeri sono certamente positivi".
Le regole della zona arancione
Non variano, dunque, rispetto all'ultima settimana, le regole in vigore in Lombardia. Gli spostamenti restano concessi dalle 5 alle 22 entro i propri confini comunali senza necessità di presentare autocertificazione. Al contrario, occorrerà mostrare il giustificativo alle forze dell'ordine in caso ci si rechi in paesi diversi da quello di residenza. Tale condizione non vale per i cittadini di Comuni con meno di cinquemila abitanti che possono recarsi verso altre città, a patto che queste non siano capoluoghi di provincia. Restano aperti i negozi, anche quelli che non vendono beni di prima necessità, mentre ancora non potranno aprire bar e ristoranti. Confermata la didattica in presenza fino ad un massimo del 75 per cento.