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La fuga di Giacomo Bozzoli

È stata ritrovata in Spagna la Maserati di Giacomo Bozzoli, utilizzata per scappare dall’Italia

È stata ritrovata a Marbella (Spagna) la Maserati con cui Giacomo Bozzoli è fuggito dall’Italia dopo la sentenza all’ergastolo per l’omicidio dello zio Mario avvenuto nel 2015 nella fonderia di famiglia.
A cura di Ilaria Quattrone
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La foto inedita dell'auto di Giacomo Bozzoli in fuga
La foto inedita dell'auto di Giacomo Bozzoli in fuga
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Nella giornata di oggi, martedì 23 luglio, è stata ritrovata dalla polizia spagnola l'automobile Maserati Levante di Giacomo Bozzoli, che è stata utilizzata dal 39enne per lasciare l'Italia il 24 giugno scorso dopo aver appreso la notizia della condanna all'ergastolo per l'omicidio dello zio Mario. La vettura è stata ritrovata a Marbella, in una strada secondaria. La località era stata scelta dall'uomo per trascorrere alcuni giorni di vacanza con la compagna e il figlio prima di sparire dai rader.

L'arresto di Giacomo Bozzoli (foto da LaPresse)
L'arresto di Giacomo Bozzoli (foto da LaPresse)

L'1 luglio, infatti, l'uomo aveva appreso che la Corte di Cassazione lo aveva condannato definitivamente all'ergastolo per l'omicidio di Mario Bozzoli, che è stato gettato nel forno della fonderia di famiglia a Marcherio (Brescia) l'8 ottobre 2015. Dopo undici giorni di ricerca, l'uomo è stato trovato nella sua villa sul lago di Garda: era nascosto nel cassettone del letto con cinquantamila euro in contanti. Qualche giorno prima erano rientrati in Italia la compagna e il figlio di nove anni. Per gli inquirenti, il 39enne sarebbe rientrato proprio per poter rivedere il figlio.

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Anche al momento dell'arresto, Bozzoli ha affermato la sua innocenza e avrebbe fatto riferimento a una presunta testimone austriaca in grado di scagionarlo. Quando è stato arrestato, gli investigatori lo hanno portato nel carcere Canton Mombello di Brescia. La sera stessa, è stato trasferito nell'istituto penitenziario a Bollate perché c'era un timore di atti autolesionisti. Avrebbe poi rivelato di aver scritto al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e al ministro della Giustizia Carlo Nordio sostenendo la sua innocenza.

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