"Scusi devo passare con il cane, mi mette mica una passerella?". Il tono è tra l'annoiato e il sarcastico. A parlare è un uomo di mezza età che porta al guinzaglio un meticcio tutto inzuppato. Si rivolge a un gruppo di operatori della Protezione civile che cercano in qualche modo di liberare la via dall'acqua.La scena si svolge all'angolo tra via Valfurva e viale Ca' Granda, a Milano.
Sono le 9 di mattina di venerdì 24 luglio 2020. Ma potrebbe essere tranquillamente un'altra mattina. Per esempio quella dello scorso 15 maggio. O quella del 22 giugno 2019, o dell‘8 settembre dello stesso anno. Oppure le mattine del 12 maggio 2017, del 31 luglio 2016, dell'8 luglio 2014. L'elenco è infinito, basta tornare indietro nel tempo.
Tra ansia e rassegnazione, la periferia nord di Milano convive con alluvioni sempre più frequenti
Ormai nessuno si stupisce, né si arrabbia più. Nei quartieri milanesi che periodicamente da oltre settant'anni finiscono sott'acqua per le esondazioni del Seveso – Niguarda, Pratocentenaro, Istria, Maggiolina, Marche, Isola – prevale un senso di pratica rassegnazione. È così, tocca arrangiarsi, in attesa che le amministrazioni rispondano agli appelli pluri-decennali di commercianti e residenti, stufi di fare la conta dei danni per i negozi e le cantine allagate.
Esondazioni del Seveso: è Milano ma sembra Venezia
D'altra parte la scena è sempre la stessa e si ripete identica con cadenza ormai quasi mensile. L'allerta meteo, il temporale, i tombini che esplodono e le strade che si allagano e si riempiono di fango. La mattina restano le auto a mollo nell'acqua lungo il percorso del torrente tombato (viale Ca' Granda, viale Suzzani, via Veglia ma anche viale Fulzio Testi, viale Zara e giù fino a Isola). C'è persino nell'aria un inconfondibile odore di laguna. È Milano ma sembra Venezia.
I negozianti vivono con i sacchi di sabbia pronti, gli ingressi dei palazzi residenziali sono dotati di paratie che possono essere sollevate all'occorrenza. "Tanto qui sappiamo come va: quando danno allerta, non esonda. Quando non ci dicono niente, è la volta che ci troviamo allagati", è la battuta di un negoziante di via Val Maira. Qui l'area dove si tiene il marcato rionale è stata trasformata da anni per ricavare vasche con lo scopo di contenere parte della piena. Ma non basta.
Un'emergenza cronica che dura da oltre 70 anni
Perché le esondazioni di questo torrente che scende dalla Brianza e attraversa tutta la città, il più antico corso d'acqua scomparso nelle viscere della metropoli, sono violente e rabbiose. Le cronache storiche che parlano delle alluvioni risalgono al Medioevo e addirittura al primo insediamento in epoca romana.
L'emergenza si è cronicizzata dalla metà del Novecento, tanto che si trovano le foto delle barche in viale Marche nel 1951. Tra gli anni Settanta e il 2000 il Seveso è esondato a Milano più di sessanta volte. E il problema non si è certo risolto nel nuovo millennio. Una delle peggiori esondazioni che il quartiere ricordi è avvenuta nel 2010: quella volta tre stazioni della metropolitana furono chiuse per dieci giorni. La stima dei danni fu di 70 milioni di euro. In attesa dei lavori per la vasca di laminazione al Parco Nord, sbloccati proprio pochi giorni fa, il Seveso continua inesorabile a esondare ogni volta che un nubifragio si abbatte sulla zona. E i fenomeni violenti, grazie al cambiamento climatico, sono sempre più frequenti.
Agli abitanti rimane la capacità di arrangiarsi con gli stessi espedienti usati dai nonni. Sbarrare le cantine, parcheggiare nel punto giusto, sperare che passi in fretta. E la mattina dopo, rassegnati, spazzare i cortili e i marciapiedi osservando occhio scettico le squadre di Mm al lavoro sempre negli stessi punti, i fotografi che scattano sempre le stesse foto, gli assessori che passano e forniscono le stesse spiegazioni. Almeno mettano la passerella, perché il cane ha meno pazienza del padrone.