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È in lista per una risonanza magnetica da settimane: pagando 490 euro c’è posto dopo 3 giorni

Nonostante l’impegnativa urgente del medico di base, entra in lista di “galleggiamento” per una risonanza magnetica. Per la stessa visita, se fatta a pagamento, lo stesso ospedale pubblico avrebbe avuto posto dopo 3 giorni.
A cura di Enrico Spaccini
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Foto di repertorio
Foto di repertorio

"Abbiamo già denunciato come alcune strutture accreditate, usando la scusa delle liste d'attesa lunghissime del servizio sanitario nazionale, propongono il passaggio al privato, ma qui siamo oltre: il pubblico che si comporta come un privato". A parlare, intervistato da Fanpage.it è Vittorio Agnoletto. Medico, docente universitario e attivista di Medicina Democratica, è anche conduttore del programma radiofonico 37e2 al quale lo scorso venerdì, 17 febbraio, è arrivata una telefonata da parte di una madre che non riusciva a far visitare sua figlia. Come poi provato da una collaboratrice del programma, l'unico modo per farla subito era pagare almeno 490 euro.

Il primo giorno di febbraio Valentina (ndr, nome di fantasia) aveva chiamato per prenotare una uro risonanza magnetica (Uro-RMN) per la figlia con impegnativa urgente a 10 giorni. L'Ats di Milano le ha risposto che la sua richiesta era stata inserita in una lista di galleggiamento, "che non mi pare esista, è la prima volta che ne sentiamo parlare", commenta Angoletto. Da quanto emerso dalla segnalazione, si tratterebbe di una lista d'attesa in cui i pazienti vengono inseriti e poi richiamati. Tuttavia, nessuno l'ha più contattata.

La visita in intramoenia dopo tre giorni

A quel punto, decide di parlarne durante la puntata di venerdì 17 febbraio a 37e2. "Allora abbiamo provato a telefonare al Cup per vedere se fosse possibile fare quella stessa visita a pagamento", quindi in intramoenia: prestazioni fuori dall'orario normale da parte dei medici ma sempre in ospedale. Il call center propone quattro date, di cui la prima dopo appena tre giorni a un costo pari a 490 euro al Fatebenefratelli.

"Questo è l'aspetto grave", spiega Angoletto, "la struttura pubblica ha detto di non avere disponibilità e, nonostante la signora avesse detto di poter andare in qualunque provincia lombarda, non ne hanno proposto nessun'altra". L'unica soluzione, quindi, era pagare almeno 490 euro, arrivando in alcuni casi fino a 700, per poter far visitare la figlia in tempi ragionevoli. Ma questo vuol dire che in realtà il posto in realtà c'era, pagando.

Il decreto legislativo 124

Tuttavia, esiste un decreto legislativo (il 124 del 1998) che stabilisce che se una struttura pubblica non è in grado di eseguire un esame, o una visita, nei tempi prestabiliti, deve prenotarla in altre strutture dello stesso ambito territoriale. Ma non solo, se nemmeno questo è possibile, è tenuta a prestare una visita intramoenia facendo pagare solo il ticket (o nulla se esente).

"La signora lo ha scritto in una email ad Ats e, magicamente, il posto è saltato fuori": 1 marzo. "I 10 giorni sono scaduti", osserva il professore, "ma almeno l'esame si farà".

Risolto il caso della Uro-RMN, rimangono in sospeso diverse questioni. Se la signora non avesse fatto valere un proprio diritto autonomamente, sarebbe stata costretta ad aspettare chissà per quanto. "È la stessa logica che abbiamo riscontrato nel caso della colonscopia", continua il conduttore di 37e2, "dopo le nostre segnalazioni, il giorno dopo gli hanno offerto tre posti".

"Non può essere sempre questo il modo di gestire la sanità pubblica"

"Dopo la vicenda MultiMedica, dove gli operatori che riescono a spostare la richiesta al privato ottengono un premio, qui il pubblico si comporta direttamente come privato", afferma Agnoletto: "Come pubblico non ti trovo un posto da nessuna parte, ma se vuoi venire da me come privato te lo trovo subito". Esperienze come quella della Uro-RMN e della colonscopia portano alla luce criticità di quello che dovrebbe essere un diritto fondamentale, ovvero quello alla salute.

Non tutti hanno possibilità e mezzi per far valere i propri diritti, anche se si parla di un servizio pubblico, e tantomeno non tutti possono permettersi di pagare centinaia di euro per esami importanti per la propria salute. "Non può essere sempre questo il modo di gestire la sanità pubblica", denuncia l'attivista di Medicina Democratica, "se va avanti questa logica, si potrà sempre più curare solo quello che dispone di risorse economiche".

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