Due carabinieri rubano 11mila euro a un pusher e fingono di ritrovarli: arriva la condanna
Una perquisizione a Dalmine (provincia di Bergamo), a casa di uno spacciatore marocchino finito al centro di una grossa inchiesta antidroga della Procura di Milano. Il sequestro ufficiale da parte dei carabinieri: 250 chili di marijuana. Sequestro non ufficiale: 11mila euro in contanti, trafugati di nascosto e non dichiarati alle autorità. Accadde nel 2017. Oggi arrivano le condanne per il vice brigadiere Luigi Marcone, 5 anni e un mese, e all'appuntato scelto Giuseppe Grande, 4 anni e 11 mesi, per aver rubato il denaro a casa dello spacciatore e per aver tentato di insabbiare il fatto restituendo i soldi e manomettendo le intercettazioni telefoniche. Le accuse: reato di falso ideologico e materiale, accesso abusivo a sistema informatico, frode in processo penale e peculato.
Le intercettazioni telefoniche
La sparizione degli 11mila euro ovviamente non era passata inosservata, a casa del pusher di marijuana. La prima ad accorgersene è la moglie dell'arrestato, che immediatamente telefona in caserma per reclamare il bottino. Niente da fare, nessuno le crede – e i due responsabili negano. A insospettire i colleghi dei due carabinieri sono però alcune intercettazioni, nelle telefonate tra i due coniugi derubati: "Hai visto che ladri che sono?", "Adesso hanno portato via 11mila euro", si lamenta lo spacciatore dal carcere. Frasi troppo compromettenti, a tal punto che uno dei due carabinieri avrebbe tentato di cancellarle, modificandone la trascrizione.
Il finto ritrovamento del denaro
Il cerchio si stringe intorno ai due militari. Così inventano una nuova esigenza investigativa e una conseguente nuova perquisizione nella casa di Dalmine. E non si fanno fermare neanche dal diniego del pm dell'indagine antidroga, che nega l'autorizzazione a procedere. Ritornano in quella casa, sostenendo di essere stati invitati dalla donna (incontrata "per caso" in giro) e di averla aiutata a cercare i soldi. Incredibile, ritrovandoli.