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“Dovevo salvarmi, mi aveva preso per il collo”: parla la 32enne che ha accoltellato il fidanzato

La 32enne che ha accoltellato il fidanzato che voleva accoltellarla è andata a trovarlo in ospedale: “Anche se era per difendermi, ho compiuto una cosa grave. Ma dovevo salvarmi, mi aveva preso per il collo e credevo davvero che mi avrebbe ammazzata”.
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Immagine di repertorio
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La ragazza che, nella notte fra sabato 6 e domenica 7 luglio, ha accoltellato il fidanzato è voluta andare a trovarlo in ospedale. È stata a lungo fuori dalla Terapia intensiva della Poliambulanza, dove lui è ancora ricoverato, perché – dice – "volevo, dovevo sapere come stava, se fosse fuori pericolo di vita". Ma probabilmente quella donna doveva guardare quel luogo anche per rendersi conto che, se non ci è finita lei lì dentro, ci è mancato davvero poco. E non solo quella sera in cui, secondo le attuali ricostruzioni, ha impugnato un coltello da cucina e l'ha colpito mentre lui tentava di strangolarla. Ma tutte le tante volte che l'ha picchiata: pestaggi di cui porta ancora il segno.

"Quando ho saputo che non rischiava di morire per quello che avevo fatto, mi sono sentita decisamente meglio. Perché, anche se era per difendermi, ho compiuto una cosa grave". Lo dice lei stessa, appena 32 anni, al Giornale di Brescia. Il suo racconto è chiaro: ho accoltellato il mio compagno perché lui, durante un litigio, ha tentato di strangolarmi. Ora a lui, 33 anni, hanno asportato la milza ed è ricoverato in terapia intensiva, mentre lei è indagata a piede libero per lesioni gravi, aggravate dall'utilizzo del coltello. Anche se lei stessa racconta: "Ho preso la prima cosa che avevo a portata di mano, se avessi trovato una bottiglia probabilmente mi sarei difesa con quella".

E poi continua: "Dovevo salvarmi, mi aveva preso per il collo e credevo davvero che mi avrebbe ammazzata. Avrei gridato, se fossi stata in grado. Facevo fatica a respirare". E sì, doveva salvarsi, è un diritto riconosciuto. Ed è per questo che la procura sta valutando la legittima difesa. E non doveva salvarsi solo da quell'aggressione, ma anche da tutte quelle pretendi, di cui porta ancora i segni addosso. "Lo amo, – dice – per questo sto con lui da tantissimo tempo, ma sul corpo porto i lividi delle sue botte, sul collo ho i segni dell’aggressione: mi hanno dato anche sei giorni di prognosi. Avevo paura di morire, certo. Anche perché me lo ha anche detto ‘prima o poi ti ammazzo'".

E allora no, quello non può e non deve essere amore, perché semplicemente non lo è: è violenza, sopraffazione, patriarcato, maschilismo. Tutto questo e molto altro, ma non amore. E forse questa tragedia, per fortuna solo sfiorata, può essere l'occasione anche per lei di rendersene conto.

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