Douglas Carolo e Michele Caglioni avrebbero premeditato l’omicidio di Andrea Bossi: “Ucciso per duemila euro”
Ucciso per duemila euro. È stata contestata anche la pesantissima aggravante della premeditazione a Michele Caglioni e Douglas Carolo, i due 20enni imputati per l'omicidio di Andrea Bossi, 26 anni, ucciso nella sua casa di Cairate (Varese) nella notte fra il 26 e 27 gennaio scorsi: per i due amici, che da mesi si accusano vicendevolmente del delitto, si avvicina quindi sempre di più il processo dopo la chiusura delle indagini.
Un omicidio dal movente meramente economico, per derubare il 26enne dei gioielli d'oro (di cui era amante e collezionista per via del suo passato da orafo), delle carte di credito e del bancomat. Ma non solo. La fidanzata di uno dei due, Michele Caglioni, avrebbe spiegato agli inquirenti che i due, in realtà, stavano meditando da giorni di torturare Bossi affinché fornisse i codici del bancomat e indicasse i nascondigli segreti dove custodiva contanti e beni preziosi, per poi rinchiuderlo in macchina e dagli fuoco in un campo. Un modo per far sparire il 26enne dopo mesi e mesi di sfruttamento da parte di Carolo, che in cambio di piccole prestazioni sessuali si faceva continuamente regalare denaro, cellulari, oggetti costosi. Un rapporto sbilanciato, ammesso anche dallo stesso Carolo. "Perché avrei dovuto ucciderlo? Era il mio bancomat", erano state infatti le sue parole. "Mi aiutava con i soldi perché ero senza lavoro, eravamo legati". E, Andrea Bossi ucciso con un solo fendente alla gola e morto dissanguato, stava pian piano cercando di sottrarsi alle richieste sempre più pressanti del 20enne.
Secondo quanto emerso dall'autopsia, quella notte non si sarebbe neanche difeso dall'assalto. Cosa è successo in quei momenti? Quel che è certo, per chi indaga, è che Carolo fosse alla ricerca di duemila euro per sanare un debito contratto a seguito di una truffa telefonica. E che, a poche ore dall'aggressione mortale, i due avessero cercato insieme di prelevare con il bancomat della vittima e di rivendere a un compro oro parte della refurtiva.