Donna picchiata dai vigili a Milano, cos’è successo: le versioni, i video e le testimonianze
Una donna transgender di origini brasiliane, nella mattinata di mercoledì 24 maggio, è stata presa a manganellate con violenza dalla polizia a Milano: la scena, ripresa da un video girato da un residente della zona, ha fatto letteralmente il giro d'Italia, scatenando l'indignazione dell'opinione pubblica italiana.
Un girato che mostra scene particolarmente impressionanti. La donna, che si fa chiamare Bruna e vive da quasi 30 anni nei dintorni di via Padova, è a terra, mani alzate al cielo in segno di resa, inoffensiva. Quattro agenti le vengono incontro e la subissano di calci, spinte, manganellate sul fianco e alla testa, per spruzzarle poi dello spray al peperoncino in pieno volto.
Del tutto inutilmente il dibattito pubblico si è concentrato su cosa sarebbe successo prima del pestaggio, circostanza che in alcun modo potrebbe inficiare sulla valutazione, anche giudiziaria, del pestaggio avvenuto nei confronti della donna. La violenza mostrata nel video non sarebbe, infatti, giustificabile né legittima qualsiasi cosa la donna avrebbe commesso. Inoltre, nel tentativo di screditare la vittima del pestaggio, sono state diffuse risoluzioni false e pretestuose, rispolverando 40 anni dopo perfino i pregiudizi verso l'Aids.
Il video di Bruna colpita a manganellate a Milano
Immagini crude, forti, che spingono l'autore del video ad accendere la videocamera del telefonino e a diffondere online l'intera scena. La donna, in questo video, viene prima fatta cadere a terra, poi colpita da quattro agenti della polizia locale mentre è seduta sul marciapiede.
Prima un colpo sferrato alle spalle, con una manganellata alla testa. Calci, spintoni, grida. Poi ancora colpita, sempre dallo stesso agente, al fianco destro mentre è girata dall’altra parte dopo essere stata resa inoffensiva con lo spray al peperoncino. Infine un ultimo colpo alla testa, secco, sferrato mentre un altro agente sta cercando di metterle le manette ai polsi. Il tutto registrato dalle telecamere e documentato dalle testimonianze di chi si trovava nei dintorni.
La falsa versione degli agenti di polizia, subito smentita
La prima ad arrivare (troppo poco dopo i fatti perché potesse essere appurata) è la ricostruzione dei fatti da parte della polizia stessa. Secondo questa versione, fornita dal sindacato Siulp, i vigili sarebbero stati chiamati intorno alle 8.15 da alcuni genitori residenti in zona via Padova, intorno al parco Trotter. La motivazione? "La donna transgender stava importunando i bambini di una scuola". Svestita e completamente alterata, Bruna avrebbe anche minacciato i passanti di infettarli con l'Aids.
Portata via a forza e infilata dentro la cella di contenimento della gazzella della polizia, direzione ufficio arresti di via Custodi, la donna avrebbe iniziato qui a dare in escandescenze con forti testate al vetro, minacciando i poliziotti e fingendosi svenuta. "Quando gli agenti si sono fermati in zona Bocconi per controllare li ha aggrediti ed è scappata. Quella che si vede è l'ultima parte del video".
Versione riconfermata poi da uno degli agenti coinvolti, raggiunto da Il Giorno, benché nel frattempo fosse già stata ampiamente smentita dai testimoni e perfino dalla Procura della Repubblica, che sta indagando sui fatti. Appare quindi evidente come sia, in realtà, il maldestro tentativo di costruirsi un alibi, quantomeno morale, di fronte a quelle violenza, tentando di costruire e confermare l'immagine di un mostro di fronte al quale molti avrebbero difficoltà a solidarizzare, anche quando diventa indubbiamente vittima.
La versione del Comune di Milano
Il Comune di Milano, attraverso le parole dell'assessore alla Sicurezza Marco Granelli, edulcora infatti la parte relativa ai bambini – pur inserendosi sulla scia della precedente ricostruzione. "Gli agenti che erano in servizio alle scuole del Parco Trotter hanno ricevuto una richiesta di aiuto da alcuni genitori perché una persona mostrava atteggiamenti molesti nei confronti dei presenti", recita il suo comunicato.
"Dato che la medesima opponeva resistenza agli agenti, rifiutava le cure dell'ambulanza, oltre ad essere priva di documenti, si rendeva necessario accompagnarla presso l'Ufficio fermi e arresti della Polizia Locale. Durante il tragitto riusciva a fuggire, e da qui l'inseguimento e l'azione di fermo ripresa dal video", conclude il post, annunciando futuri provvedimenti e indagini interne.
La storia dei minorenni innocenti minacciati da una trans pericolosa e fuori di sé, però, dura poco: in tempo record viene smentita dalla Procura, che apre un fascicolo sul caso, e dagli stessi genitori che secondo la versione della polizia avrebbero chiamato in soccorso le forze dell'ordine. Nessuno ha visto niente, nessuno si era allarmato.
La versione di Bruna, la donna presa a manganellate
"Non ero svestita e non stavo dando fastidio ai bambini. Ho litigato con un ragazzo sudamericano, mi offendeva con brutte parole e da lì è partita la discussione", racconta invece Bruna ai microfoni di Fanpage.it. "Avevo bevuto e fumato uno spinello, ero arrabbiata perché in questura stavano portando solo me e non l'altro ragazzo con cui stavo litigando, non volevo andarci. Ma non ho minacciato gli agenti".
Anche sul motivo della fuga dalla macchina, il suo racconto si discosta dai precedenti di Comune e polizia. "Ho dato una testata contro il plexiglas e gli agenti si sono fermati per aprire la portiera della macchina. Mi stavano tirando fuori prendendomi per i capelli e mi hanno picchiata, sono scappata da loro e mi sono nascosta in un'aiuola". Quel che succede dopo, è tutto immortalato nel video.
Cos'è successo prima del video: i punti ancora oscuri
Sarà l'indagine della Procura, insomma, a dipanare la matassa e stabilire con esattezza i contorni di una vicenda che ha inorridito l'Italia intera. Dovrà in particolare definire alcuni punti ancora oscuri: se anche prima delle riprese video la donna sia stata battuta e insultata ("Continuavano a insultarmi, anche in macchina mi picchiavano", ha sostenuto infatti Bruna).
"Non ci sono comunque giustificazioni, è una scena terribile che mostra accanimento nei confronti di una persona fragile", ha tuonato la senatrice Ilaria Cucchi a Fanpage.it. "Se una persona commette un reato deve essere fermata nelle maniere consentite, non così. L'utilizzo dei manganelli, soprattutto in quella maniera, è vietato". E rincara: "La professionalità di un uomo o di una donna in divisa si valuta soprattutto in situazioni complesse, come quelle appena viste. Se la reazione è quella dello squadrone che si fa giustizia da solo siamo nel caos".