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“Do da mangiare a mezza Lombardia”: così il re della droga spiega la rete di spacciatori stipendiati

Vincenzo Milazzo era a capo di un’organizzazione di spaccio nel Comasco e finito tra gli indagati dell’operazione della Squadra Mobile di Como dello scorso maggio: nelle chiamate intercettate dai poliziotti è proprio lui a spiegare come organizza la sua rete di pusher.
A cura di Giorgia Venturini
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"Ho in mano tutta la zona, ho in mano tutte queste montagne qua. Ho in mano tutto Erba, Merone, Costa Masnaga. Tutte le piazze le ho in mano io, prima avevo in mano anche Madonna di Campigno a Trento". A parlare, in una chiamata intercettata dalla Squadra Mobile di Como, è Vincenzo Milazzo a capo dell'organizzazione di spaccio nel Comasco e finito tra gli indagati dell'operazione della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano dello scorso maggio.

Milazzo sa di essere il leader del gruppo: "Tutto quello che si parla di cocaina e fumo…sono io che decido". Così come impedisce ad altri di spacciare sul suo territorio: "Se io dovessi stare a quello che mi dicono gli altri…io non dovrei far lavorare nessuno. Dovrebbero arrivare tutti da me perché a me mi hanno dato questa cosa capito?".

Perché per lui è di lavoro che si parla. Tanto che la sua organizzazione la gestisce come se fosse una società fatta di "operai" – come lui stesso li definisce – che percepiscono uno stipendio mensile: "Ogni mese hanno lo stipendio…darò lo stipendio a dieci persone. (…) faccio mangiare tutti", si sente dire in una chiamata Vincenzo Milazzo. Dagli accertamenti è emerso che era lui a gestire in prima persona lo spaccio di stupefacenti nelle zone di Erba e Canzo-Asso.

Come funzionava l'impresa dello spaccio di Vincenzo Milazzo

Era lui anche a gestire il compendio, il monitoraggio degli spostamenti dei veicoli utilizzati per lo spaccio e a coordinare le piazze della droga. Gli agenti della Squadra Mobile hanno scoperto che le cessioni di sostanze stupefacenti avvenivano in "forma itinerante": si iniziava verso tarda mattinata per poi proseguire ininterrottamente fino all'alba del giorno successivo, per un totale di 200 cessioni di droga al giorno. Su whatsapp gestivano la comunicazione tra loro dell'organizzazione – che il leader chiamava "operai" e attribuiva a loro specifiche mansioni – e fissavano gli incontri con i clienti delle sostanze stupefacenti. Alla fine tra i pusher c'era una gara per poter lavorare con Milazzo: "Litigano per chi vuole, per chi deve lavorare con me al posto dell'altro".

Cosa facevano gli operai-pusher

In una intercettazione Vincenzo Milazzo ha spiegato anche che ruolo hanno i suoi "operai": "Loro non comprano per vendere come fanno tutti, loro prendono il mio e lo portano a tutti i miei clienti. Vengono pagati per quello, quindi loro non avranno mai debiti, non avranno mai niente. Se succede qualcosa l'unico che lo prende nel c**o sono io". E assicura che il loro stipendio non è meno di mille euro.

In una delle sue chiamate finite sotto intercettazione Milazzo svela il segreto del suo "successo": ovvero in primis di non fare uso di sostanze stupefacenti e inoltre di reputare l'attività da lui svolta come un vero e proprio lavoro. Queste le sue parole: "Alla fine io di lavoro faccio questo…non ho mai pippato in vita mia…ormai ce l'ho in mano da anni io sta roba…sono uno che veramente faccio il mio lavoro, io vado in giro la sera io do da mangiare a mezza Lombardia".

Alla fine lo scorso 28 maggio Vincenzo Milazzo è finito tra i 30 arrestati dell'operazione della polizia di Stato di Como. Le indagini della Squadra Mobile ha permesso di fermare due organizzazioni criminali con l'accusa, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti con l'aggravante dell'associazione armata, usura ed estorsione con l'aggravante del metodo mafioso, autoriciclaggio per aver riutilizzato i proventi dell'attività di spaccio per acquistare locali pubblici e finanziare società, intestazione fittizia, indebita percezione di erogazioni pubbliche, per aver ottenuto mutui attraverso fondi di garanzie per il tramite di documentazione falsa.

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