Disastro ferroviario di Pioltello, una sola condanna: assolti gli altri otto imputati
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Si è concluso questa mattina, martedì 25 febbraio, il processo di primo grado sul disastro ferroviario di Pioltello (nella Città Metropolitana di Milano). L'ex responsabile dell'unità di Brescia di Rfi, Marco Albanesi, è stato condannato a 5 anni e 3 mesi. Otto invece le assoluzioni, tra cui la stessa Rete ferroviaria italiana, per i quali le accuse di disastro ferroviario colposo e omicidio colposo sono cadute "per non aver commesso il fatto". A deciderlo è stata la Quinta penale del Tribunale di Milano. Alcune ipotesi sulle lesioni sono cadute invece per difetto di querela.
L'incidente e le richieste della Procura
Era il 25 gennaio del 2018 quando il treno regionale Cremona-Milano Porta Garibaldi ha deragliato causando la morte di tre donne e il ferimento di oltre 200 persone. I giudici del collegio della Quinta sezione penale del Tribunale di Milano hanno condannato solo un imputato mentre altri otto sono stati assolti.
I pm Maura Ripamonti e Leonardo Lesti, che rappresentano la pubblica accusa, nelle scorse udienze avevano chiesto cinque condanne e tre assoluzioni. In particolare, era stata chiesta la condanna a 8 anni e 4 mesi di reclusione per Maurizio Gentile, ex amministratore delegato di Rete ferroviaria italiana (Rfi), e per Umberto Lebruto, ex direttore di Produzione, poi 7 anni e 10 mesi per Vincenzo Macello, ex direttore territoriale della Lombardia, e 6 anni e 10 mesi per Andrea Guerini, ex responsabile delle Linee Sud della Dtp di Milano e per Marco Albanesi, ex responsabile dell'Unità di Brescia. È stata chiesta l'assoluzione per Moreno Bucciantini, ex capo reparto Programmazione e controllo, Ivo Rebai, ex capo della Struttura operativa ingegneria della Dtp di Milano, e Marco Gallini, ex dirigente Struttura organizzativa diagnostica. Per Rfi, imputata in base alla responsabilità amministrativa degli enti, era stata proposta una sanzione pecuniaria di 900mila euro.
Le indagini sul disastro di Pioltello
Stando alle indagini condotte dalla polizia ferroviaria, coordinate dal pool della procuratrice aggiunta Tiziana Siciliano e concluse nell'ottobre del 2019, il deragliamento del 25 gennaio 2018 era avvenuto a causa della rottura di uno spezzone di rotaia di 23 centimetri nel cosiddetto "punto zero", sopra un giunto in pessime condizioni. Per la Procura, però, il disastro di Pioltello era in realtà frutto di una lunga serie di "omissioni" nella "manutenzione" e nella "sicurezza", messe in atto solo per "risparmiare".
Secondo l'accusa, il problema del giunto era noto ed era stato segnalato già nell'estate del 2017. Tuttavia, si era deciso di intervenire solo con una zeppa di legno "tampone" sotto il giunto ammalorato. Come ha spiegato la pm Ripamonti davanti al collegio presieduto da Elisabetta Canevini, quel giunto non era mai stato sostituito.
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La difesa di Rfi: "Operai hanno il potere di intervenire"
L'avvocato Ennio Amodio, che difende Rfi, ha spiegato in aula che gli operai "manutentori, se avvertono un danno o un'anomalia, hanno il potere di intervenire e chiedere la sospensione della circolazione". In merito alla situazione di Pioltello, ha continuato il legale, i dipendenti "conoscevano bene ciò che andava fatto, ma per varie ragioni si sono spostati dalle procedure di sicurezza". Giuseppe Alamia, il legale che difende Marco Albanesi, nell'ultima replica difensiva ha dichiarato che "non c'è un solo foglio dentro ai corposi atti di questo processo in cui vi sia scritto che quel giunto era scollato". L'avvocato ha messo, dunque, in discussione l'attendibilità di uno dei testimoni chiave.
Agli ex dirigenti, dipendenti e tecnici di Rfi sono state contestate le accuse di disastro ferroviario colposo, omicidio e lesioni colpose e "omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro". I pm hanno chiesto per i cinque imputati il riconoscimento delle attenuanti generiche, in quanto "c'è stato un risarcimento danni per le persone offese" avvenuto fuori dal procedimento giudiziario iniziato nell'ottobre del 2021.