Diffonde foto intime dell’ex, una donna le trova e chiama i carabinieri: “Sono stata anche io vittima”

Non accettava la fine della relazione di coppia ha tappezzato alcune zone della provincia di Milano con foto intime dell’ex, di cui ha specificato generalità e contatti. Tra chi le ha trovate c’è anche una donna in passato vittima di violenza, che ha subito chiamato i Carabinieri.
A cura di Chiara Daffini
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"È bruttissimo non essere libera di dire ‘No, non voglio più stare con te' senza poter continuare a fare la tua vita tranquillamente". Queste parole, dette a Fanpage.it dalla donna che nei mesi scorsi è stata vittima di revenge porn in provincia di Milano, sintetizzano bene uno dei cardini della violenza di genere: la negazione dell'altrui diritto a scegliere per sé.

E di questa storia, che tanto ha fatto parlare l'Italia intera, abbiamo voluto approfondire alcuni aspetti chiave, facendoceli raccontare dalla diretta interessata e dalla persona che, vedendo in giro le foto intime della vittima, ha chiamato i Carabinieri. Per tutelare la privacy di entrambe, omettiamo volti e generalità, utilizzando nomi di fantasia.

L'inizio dell'incubo

"Con questa persona ho avuto una frequentazione di circa nove mesi – racconta Anna a Fanpage.it -. All'inizio andava tutto bene, poi ho iniziato ad avere dubbi sul rapporto, tanto da decidere poi di chiuderlo. La mia scelta, però, non è stata accettata".

"Era un continuo chiamare, mandare messaggi con insistenza – aggiunge -, mi diceva che non ero stata comprensiva, che non capivo quanto lui fosse importante e che sbaglio stessi facendo a mollarlo. Questo cercare di farmi cambiare idea a tutti i costi è cominciato a diventare talmente pesante che ho dovuto bloccarlo su tutti i possibili canali di contatto".

"Da lì – continua Anna – è cominciato il delirio. Mi sono ritrovata sotto casa la macchina con la gomma tagliata e un biglietto di insulti. Ho sporto denuncia, precisando ai carabinieri i miei sospetti su di lui e nel frattempo le chiamate anonime si sono fatte più insistenti, soprattutto di notte, impedendomi di dormire".

I biglietti sotto casa

"I primi di gennaio – ricorda Anna – mi sono trovata dei volantini sparsi sotto casa con insulti a sfondo sessuale rivolti a me. Tutti i fogliettini riportavano i miei riferimenti, come numero di telefono, contatto Instagram e Facebook. Da metà febbraio i bigliettini sono diventati quasi giornalieri e proprio in quel periodo hanno iniziato a comparire su di essi foto che mi ritraevano nuda. Lo sconvolgimento è stato doppio, in quanto in nessun rapporto che ho avuto in passato ho mai fatto delle foto nuda e tutt'ora non capisco da dove vengano".

La vita di Anna è completamente stravolta, tanto che anche i suoi bambini se ne rendono conto. "Avendo dei figli che vanno a scuola nel vicinato a piedi e prendono i mezzi, uscendo di casa presto alla mattina, io cercavo quasi sempre, di scendere prima di loro e raccogliere tutti i bigliettini per evitare che loro ne venissero in possesso. Purtroppo non sempre questo è stato possibile. Ricordo che mi svegliavo la mattina con mia figlia che, vedendomi vestirmi di corsa per scendere anche sotto la pioggia, mi diceva ‘Mamma, ma vai a cercare i volantini?‘ E la mia risposta ormai era sì".

Arrivano anche le prime conseguenze sulla salute. "Non avevo mai avuto in vita mia degli attacchi di panico – spiega Anna – e purtroppo, a causa di questa storia, sono cominciati. Per quanto cerchi di essere forte e di resistere, ti senti veramente torturata e impotente, lui ti può torturare come vuole. Le foto non le ha messe solo sotto casa mia, ma anche davanti a quella dei miei genitori e alla scuola dei miei figli".

La solidarietà di un'altra donna

Tra le persone che si imbattono nelle foto intime di Anna c'è anche Serena. "Stavo facendo una passeggiata – racconta a Fanpage.it – e ho iniziato a vedere questi volantini. All'inizio non ho visto che cosa ci fosse raffigurato, pensavo fosse pubblicità. Poi, andando avanti, ne ho raccolto uno, perché erano messi anche sulle macchine, saranno stati un centinaio. Lì ho visto la foto di questa donna, completamente nuda".

"Sul momento – continua –  ho voluto non pensare che potesse essere quello, in realtà quando poi ho visto che in certi fogli erano scritti nome e cognome, ho avuto un brutto presentimento, tanto che ho chiamato i Carabinieri".

A differenza di altre due signore, che avevano trovato i volantini e chiamato direttamente l'interessata, Serena preferisce rivolgersi subito alle forze dell'ordine e non contattare la vittima, temendo di essere inopportuna. "Fino a questa mattina – ci riferisce – non ho più saputo nulla di questa storia, tanto che speravo di non saperne più nulla per sempre, cioè che non ci fosse di mezzo una vittima".

Un passato che "pesa"

Ma alla base del gesto, oltre al senso civico e alla solidarietà, c'è un passato di profondo dolore. "Sono reduce anche io dalla storia con un uomo violento che diceva di amarmi e in realtà non era amore. Ho scelto di non essere indifferente perché ho provato a dare un senso a quello che mi è successo, pensando che possa in qualche modo essere d'aiuto ad altre persone".

"Da una parte – aggiunge – avrei voluto anch'io, quando quello mi menava, che le persone non si fossero girate dall'altra parte. Quando si dice che l'indifferenza uccide: io so cosa si prova e so anche cosa significa avere una testimonianza dalla tua parte, che non ti deve dare né torto né ragione, ma che ti dice ‘Tu esisti'. E – conclude in lacrime – mi auguro che il processo che dovrà affrontare questa persona non sia doloroso quanto il mio".

L'investigatore e il braccialetto elettronico

"Purtroppo – dice Anna a Fanpage.it – non mi sono sentita per nulla tutelata dalle istituzioni. Sei quasi ogni giorno dai carabinieri, salti ore di lavoro, continui a fare denunce e la risposta è sempre quella ‘Signora, non ha le prove per andarlo a prendere fisicamente'. Per questo ho assunto un investigatore privato. Grazie a lui siamo riusciti a constatare che i miei sospetti erano corretti. L'investigatore lo ha trovato sotto casa mia una una delle tante sere in cui era pronto ad agire, mi ha avvisata e così ho potuto chiamare i carabinieri. Fortunatamente avevano una volante disponibile e sono intervenuti, trovandolo lì, i soliti volantini già pronti in auto".

Dalla metà di marzo, quando sull'uomo è stato emesso un provvedimento restrittivo, Anna non deve più fare i conti con i volantini, ma non è ancora tranquilla. "Quando mi hanno chiamata e mi hanno detto che c'era la possibilità di applicare un braccialetto elettronico e avere a mia volta un dispositivo che mi avvisasse qualora lui fosse a meno di 500 metri da me, mi è sembrata una cosa bellissima – ci dice -. Ho pensato ‘Bene, magari posso uscire con la mia amica a fare un aperitivo e stare un po' più serena, non avere paura'. Ma la cosa terribile è che lui può decidere se accettare il braccialetto e chi, colpevole di un atto del genere, lo accetta? Infatti non l’ha accettato, quindi in che modo sono tutelata? La restrizione (divieto di dimora nello stesso Comune della vittima e obbligo di presentarsi quotidianamente dalla polizia giudiziaria, ndr) rimane sempre un qualcosa che non devi violare sulla carta come non doveva sulla carta, perché è una cosa contro la legge, diffondere quelle foto".

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