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Dietro l’omicidio di Laura Ziliani, la regia di Mirto Milani: al vertice del triangolo sanguinario

Ad un anno dall’omicidio arriva la confessione di Mirto Milani. Scelta emotiva o strategia difensiva?
A cura di Anna Vagli
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A poco più di un anno di distanza dall’omicidio è arrivata la svolta nelle indagini sul delitto di Laura Ziliani. Mirto Milani, dopo aver chiesto di essere interrogato, ha confessato il suo coinvolgimento nella morte di quest’ultima. E dopo la sua confessione anche Silvia e Paola, figlie dell’ex vigilessa di Temù e rispettivamente fidanzata e amante dell’uomo, hanno chiesto di essere ascoltate. Questo l’epilogo drammatico di quello che è chiaramente definibile come il delitto delle tre “s”: sesso, soldi e sangue. Ma la confessione di Mirto ci racconta anche molto altro. Così come il presunto crollo psicologico che ad essa sarebbe seguito.

Mirto Milani conferma di essere il Deus ex machina

Con l’interrogatorio appena reso, difatti, Mirto Milani conferma di essere il “Deus ex machina” di questo sodalizio criminale. Ha parlato, e lo ha fatto per primo, di fronte alla prospettiva drammatica dell’ergastolo. Dal quale, però, purtroppo, nessuno potrà sfuggire. La chiara strategia difensiva rispetto alla confessione mira ad ottenere il riconoscimento delle attenuanti generiche in sede di quantificazione della pena. Siamo già a quel punto? Certamente, perché la condanna – di fronte ad un delitto così efferato – è già scritta. Il codice di procedura penale, non stabilisce in che misura le attenuanti generiche possano ridurre la pena. Ma la relativa riduzione non può essere comminata dal giudice in misura superiore ad un terzo.

Il rapporto indissolubile tra Mirto e le due sorelle

Dunque, facciamo un passo indietro e torniamo alla motivazione per la quale, anche dopo le dichiarazioni rese, la regia di Mirto prosegue. Non è infatti frutto del caso il dato per il quale a parlare per primo sia stato proprio il giovane. Seppur la linea difensiva sia la stessa e condivisa, le figlie dell'ex vigilessa probabilmente non avrebbero mai pensato di ammettere le proprie responsabilità se il giovane non lo avesse fatto. Ed infatti hanno chiesto di essere interrogate in un secondo momento. Silvia avrebbe già confessato mentre l'interrogatorio di Paola è previsto per la giornata di oggi. Ciò è facilmente spiegabile con l’indissolubilità del rapporto che Mirto è stato in grado di instaurare con le due sorelle.

Silvia, Paola e Mirto, quindi, confermano ancora una volta di essere tre figure totalmente interscambiabili dal punto di vista sessuale e relazionale. Tutti e tre incapaci di provare dolore ed empatia. Un delitto figlio di bisogni consumistici e del benessere economico a tutti i costi e senza troppi sacrifici. Un triangolo sanguinario con al vertice Mirto Milani e alle due estremità Silvia e Paola.

Il mistero della sepoltura

Dagli atti di indagine emergono dettagli inquietanti relativamente alla morte della vigilessa di Temù. Sarebbe stata localizzata una fossa nel terreno, non lontana dal luogo in cui il corpo della Ziliani è stato rinvenuto, che avrebbe dovuto essere utilizzata per seppellire il corpo di Laura. Poi ritrovato altrove. La fossa in questione sarebbe stata scavata nei boschi del paese dell’Alta Valle Camonica nei pressi del fiume Oglio la notte stessa del delitto, ma gli indagati non ne avrebbero poi usufruito a causa delle dimensioni e dell’impossibilità di trovare la terra per coprirla. Fino ad oggi, però, gli inquirenti neppure hanno escluso che il corpo sia stato spostato nel luogo dove è stato ritrovato in un secondo momento.

Del resto, due sono le scene del crimine che nei fatti di sangue possono prospettarsi: quella primaria, dove l’omicidio viene consumato, ed una secondaria, dove il cadavere viene poi abbandonato. Nel caso di specie, sussistono infatti diversi elementi che farebbero propendere per l’ipotesi del trasporto successivo del corpo: i tessuti non saponificati nonostante l’esposizione dei resti per tre mesi ad un posto umido come quello delle sponde del fiume Oglio, la copertura del cadavere con terriccio e sabbia, come se si trattasse di una sepoltura di fortuna, e la mancata azione degli animali selvatici su ciò che restava dell'ex vigilasse di Temù.

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