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Denunciata per aver difeso il figlio bullizzato dalle maestre: “Non tutti sono dalla nostra parte”

“Il bambino è quello che ne ha pagato le conseguenze”: a dirlo a Fanpage.it è la madre del bimbo bullizzato dalle maestre di una scuola di Pavia. La donna aveva scoperto le chat in cui il piccolo veniva insultato e per questo motivo è stata poi denunciata.
A cura di Ilaria Quattrone
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Foto di repertorio
Foto di repertorio

"Questa denuncia, che potevo immaginare, non mi ferma. Io vado avanti senza ombra di dubbio": a dirlo a Fanpage.it è la mamma del bimbo vittima di alcuni insulti e atti di bullismo da parte di tre maestre della sua scuola di Pavia. Nella giornata di ieri, lunedì 4 luglio, la donna ha appreso di essere stata denunciata con l'accusa di violazione della privacy: era stata proprio lei – insegnante e collega delle tre – a scoprire le chat.

Come ha scoperto delle chat? 

"Un giorno, una mia collega mi chiama dicendomi che aveva un problema con le casse del computer. Lo abbiamo aperto e abbiamo trovato la schermata di ripristino pagine. Ripristinando si è aperta anche la pagina di Whatsapp Web: lì, ho visto il cognome di mio figlio e quindi ho approfondito la questione.

È stato del tutto accidentale, non è stato voluto: nessuno è entrato volutamente o utilizzato alcuna password. La collega che ha usato Whatsapp Web ha lasciato il canale aperto, non lo ha disconnesso ed è rimasto collegato.

Lei si è mai confrontata con queste colleghe dopo che ha scoperto tutto quello che hanno scritto su suo figlio? 

Dopo che ho scoperto tutto quello che hanno scritto, sono dovuta rimanere in silenzio. Ho dovuto aspettare con grande fatica soprattutto a livello emotivo considerato che ci lavoravo tutti i giorni a stretto contatto. Ho dovuto far finta di nulla.

Lavoravo con loro, sapendo cosa avevano scritto e immaginando che magari stessero continuando. Inoltre loro venivano da me e mi dicevano “tuo figlio è meraviglioso”.

Addirittura un giorno, dopo aver fatto una lezione sul bullismo, una di loro mi ha detto: “È proprio bravo tuo figlio, ha una sensibilità da pochi. Ha detto delle frasi in riferimento al bullismo molto interessanti”.

Loro non hanno quindi mai mostrato problemi nei confronti del bimbo o nella sua gestione? È stata una cosa improvvisa?

Mai. Più che altro è successo che il bambino fin da ottobre lamentava dei mal di pancia o mi diceva che non voleva andare a scuola. Quei giorni erano gli stessi in cui era presente magari l’insegnante di Religione, quella Musica o quella di matematica e italiano.

Un giorno ricordo che una di loro tre, mi ha portato il piccolo in classe dicendomi che aveva mal di pancia. Lo ha lasciato lì ed è tornata a fare lezione. Alle 10.30, quando è arrivata l'altra collega, con la quale mio figlio aveva un buon rapporto, ho visto che il bambino si è subito ripreso e che non aveva più nulla.

Queste cose si ripetevano spesso.

Cosa sa il bambino di tutta questa storia?

Il bambino non sa tutto perfettamente: non sa dei messaggi o delle parole che sono state dette. Quando al rientro della scuola non ha trovato le insegnanti, lui mi ha detto: “lo immaginavo, perché ti ricordi che la maestra di musica mi ha buttato dalla classe e rideva?".

Ecco ha ricordato quell'episodio in cui lui l’ha vista ridere. Un episodio che gli è rimasto molto impresso. Un altro episodio che lo ha ferito molto è stato il furto di un quaderno: lui lo aveva messo erroneamente nel casellario. Essendo un quaderno di casa ed essendo molto curiose di sapere cosa ci fosse scritto, lo hanno rubato.

Appena ha saputo che erano rimaste a casa, mi ha detto: "Per questo sono rimaste a casa. Perché mi hanno rubato il quaderno, perché la maestra mi ha buttato fuori dalla classe senza motivo, perché l’altra urlava e mentre l’altra ancora non mi salutava".

Sono state tutte delle punizioni psicologiche. Non è mai stato fatto nulla a livello fisico per quanto in una chat c’era scritto “mi prudono le mani”.

Si è mai chiesta il perché di tutto questo? 

Io ho fatto un’analisi in questi mesi. C’era molta invidia nei confronti del mio operato e del mio lavoro. Queste tre persone provavano piacere e c’era una sorta di perversione nell’usare questi vocaboli e nell’usare il bambino per attaccare me.

Per loro era piacevole, si sentivano potenti perché loro non potevano attaccarmi dal punto di vista lavorativo essendo stata accolta dai genitori e dei colleghi in modo positivo.

Quello che voglio sottolineare è che nel momento in cui io metto una foto come stato di whatsapp sono consapevole che quella diventa di dominio pubblico, ma se io metto un ricordo di mio figlio e tu la prendi e la mandi alla collega con scritto “bel bambino rovinato”, c'è un problema.

Era un continuo non solo dal punto di vista lavorativo, ma anche personale. Il bambino è quello che ne ha pagato le conseguenze.

Lui adesso come sta?
Sta abbastanza bene da quando non ci sono più. Lui mi dice “speriamo che non tornino”. Ci sono dei bambini che da quando non ci sono più loro, in particolare nel caso di un'insegnante specifica, sono sereni e  non hanno più tic.

Mio figlio non le ha più viste, io ho fatto in modo di non fargliele più incontrare anche in giro per Pavia. Lui non deve più vederle.

Loro non si sono più fatte sentire?
No. Questa denuncia, potevo immaginarla, ma non mi ferma su questo aspetto. Io vado avanti senza ombra di dubbio. Questa denuncia in fondo è un’ammissione di colpa.

Tu potresti dire che non hai fatto nulla, ma se lamenti una violazione della privacy significa che stai ammettendo che hai scritto qualcosa di negativo e che queste cose non volevi che uscissero.

Io non ho violato la privacy di nessuno: il pc era di proprietà della scuola, con un numero di inventario della scuola messo a disposizione per tutti i docenti.

Non ci capacitiamo di questa mossa. Il loro è stato un bullismo fatto da tre adulti, tre mamme. Noi siamo insegnanti, il nostro è un lavoro e una vocazione. Tu dai tuo figlio per otto ore: devi fidarti di me al 100 per cento come io mi fido di te al 100 per cento.

Sei una maestra che non solo dà insegnamenti didattici, ma anche emotivi. Noi abbiamo un potere enorme: abbiamo il potere di elevare un bimbo o di affossarlo. E spesso non ce ne rendiamo nemmeno conto. Io mi aspetto che vengano fatte delle indagini sulle chat da parte della polizia postale.

Gli altri genitori o colleghe le hanno detto qualcosa? 

Alcune colleghe mi hanno dato solidarietà, altre non si sono espresse e altre ancora mi hanno detto che dispiaceva per me, ma anche per loro: "Stanno passando un brutto periodo, hanno una vita rovinata", mi hanno detto.

Per quanto riguarda i genitori della classe di mio figlio, alcuni non ci salutano più perché non sono stati d’accordo con il nostro procedimento. Rivorrebbero infatti indietro una insegnante. L’hanno anche aiutata a trovare un avvocato. Adesso poi c'è la storia dei pc.

Che storia? 

Il pc della mia classe e altri due delle classi di fianco sono spariti. Sono stati rubati la notte prima in cui le tre maestre sono state convocate in provveditorato territoriale. Sono spariti nel senso che sono stati rubati. Sono stati strappati i cavi. Uno dei pc era quello dove sono state scoperte le chat. C’è una connessione reale?

Invece la preside? Le ha dato sostegno? 

La dirigente, quando abbiamo presentato l’esposto, non ci ha convocato subito: ha lasciato le insegnati a scuola senza dire una parola. L'esposto è stato presentato il 7 di aprile. L’ultimo giorno di scuola, prima delle vacanze di Pasqua era il 13: dal 7 al 13 sono le tre insegnanti rimaste a scuola, in servizio anche con mio figlio.

La preside si è mossa solo dopo che ho deciso di far scrivere un articolo, il 14 aprile. L’ultimo giorno di scuola mi ha mandato una mail chiedendomi che voleva convocarci: ci ha detto che esprimeva solidarietà e faceva tutto il possibile.

Io le ho detto che non ci credevo perché quando arriva un esposto del genere fai qualcosa considerato che hai un bambino da tutelare. Se fossi stato una mamma semplice e non un insegnate, il trattamento sarebbe stato diverso.

Poi loro sono state sospese: la preside è andata dai carabinieri, ma solo dopo aver appreso dell’articolo.

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