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Denuncia il figlio con disturbi psichici per mandarlo in comunità: “Volevo che lo curassero, non maltrattassero”

Luca è un ragazzino che soffre di disturbi psichici e che, durante il lockdown si sono acuiti, tanto da portare i genitori a presentare un esposto per farlo trasferire in una comunità. Ma quanto sarebbe accaduto in quelle mura, non ha fatto che acuire la sua patologia.
A cura di Ilaria Quattrone
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Quella di Luca (nome di fantasia, ndr) è una storia costellata di ostacoli e difficoltà nel trattare e convivere con i disturbi psichici. Ostacoli che diventano più evidenti se a soffrire di un disturbo è un minorenne. Prima dell'adolescenza, quella di Luca era una storia come tante altre.

Nato in una famiglia della borghesia medio-alta di Milano, Luca è un bimbo molto vivace e attivo. Con l'inizio della scuola scopre di soffrire di alcuni disturbi dell'apprendimento. In particolare disgrafia e dislessia.

Da adolescente, come raccontano la madre e l'avvocato Giuseppe De Lalla a Fanpage.it, gli viene diagnosticato un disturbo di Adhd. Si parla di iperattività e disturbo dell'attenzione. Fino alla conclusione della scuola media il percorso scolastico di Luca è regolare: fa sport, ha amici e va all'oratorio.

Il lockdown

Il primo ostacolo arriva con il lockdown arrivato durante la fase più cruenta della pandemia da Covid-19: "In quel periodo si è trovato senza più punti di riferimento – racconta la madre a Fanpage.it -. Niente strutture sportive, niente oratorio. In casa non riusciva a rimanere. Essendo iperattivo manifestava forti disagi. Ci maltrattava perché voleva uscire nonostante i nostri divieti e quelli dello Stato".

Luca inizia a frequentare persone e ragazzi difficili: "Si è scontrato con il mondo delle sostanze stupefacenti. Quella dipendenza – spiega la donna a Fanpage.it –  lo ha portato a una costante ricerca di denaro. Quando noi abbiamo chiuso i rubinetti, è aumentato il suo disagio e senso di prepotenza. Ha iniziato ad aggredirci".

L'abbandono degli studi

"Il suo disturbo è quindi peggiorato e ha voluto abbandonare gli studi. Era aggressivo, oppositivo e provocatorio. Si trascurava, trascurava la sua igiene personale. Non gli interessava nulla. Doveva assolutamente fare quello che voleva senza alcun tipo di regola. Ha iniziato a tornare sempre più tardi la notte. Noi eravamo molto preoccupati. Siamo sempre stati vicini a lui. Io lo seguivo giorno e notte".

Le aggressioni verbali e fisiche nei confronti dei genitori non sembrano arrestarsi, ma con il passare del tempo le situazioni di pericolo aumentano. Luca inizia addirittura a vagare la notte a piedi sulle strade provinciali e statali: "Nel giro di tre mesi chiamiamo dodici volte le forze dell'ordine. Veniva portato al pronto soccorso per calmarlo e infine lo rimandavano a casa".

Le cure

Fin da bambino, Luca è seguito psicologicamente da privati. Cure che, come spiega l'avvocato De Lalla, continuano anche durante il lockdown: "Durante il lockdown iniziano i contatti con la rete di assistenza sociale dipendente dal Comune e del correlato servizio psichiatrico. Inizia un percorso psicoterapico individuale, di famiglia e una terapia farmacologica".

"Purtroppo il ragazzo è un paziente difficilissimo – continua il legale – perché non è cosciente della sua malattia. Al giorno d'oggi, gli è stato diagnosticato un disturbo bipolare. L'8 marzo 2022 i servizi sociali mandano il ragazzo all'Unità operativa neuro-psichiatria infantile 2 dell'Asst Santi Paolo e Carlo per avere un altro parere sulla somministrazione di metilfenidato".

"Il medico, che ha fatto un’ottima diagnosi, ha detto che il disfunzionamento non è legato ad aspetti di disattenzione e di impulsività, piuttosto alla messa in atto di comportamenti anti-sociali generalizzati e una grave disregolazione emotiva rispetto ai quali il metilfenidato non ha efficacia né in termini di meccanismi d’azione né di farmaco cinetica".

L'esposto

La situazione continua però a essere insostenibile e spinge i genitori attraverso l'avvocato De Lalla a compiere un gesto difficile e doloroso: "Presento un esposto dove elenco tutto quello che faceva, allego i documenti medici di cui ero in possesso fino a quel momento e chiedo al tribunale dei minori di prendere un provvedimento per quel ragazzo".

L'esposto viene depositato il 14 marzo: "Considerato che la povertà di strutture sul territorio lombardo è endemica, mi preoccupo anche di trovare una comunità in un’altra regione dove è previsto un intervento psichiatrico 24 ore su 24 ore e il cui costo è di cinquecento euro al giorno".

"Il 27 aprile 2022 deposito un sollecito perché il giudice non si era ancora pronunciato al riguardo. All'interno dico anche che avevo trovato la comunità. Nessuno mi ha risposto per due mesi. Il 14 giugno, tre mesi esatti dopo il deposito dell’esposto, il giudice emette decreto di collocamento immediato in comunità delegando i servizi sociali di concerto con l’U.O.N.P.I.A. di trovare una dove collocare il ragazzo".

La comunità

Luca entra in questa comunità, che si trova in un'altra regione, il 28 luglio: "Si tratta di una comunità educativa e non terapeutica. Oltre a lui, gli altri ragazzi non presentono fragilità psichiatriche. Non gli tolgono il cellulare e lui riesce a uscire da questa struttura. Qualcuno addirittura gli spedisce la marijuana".

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La permanenza all'interno della comunità non è per nulla semplice. "Una mattina è stata svegliato con una scopa nel sedere, con calci e pugni e un filmato pubblicato su TikTok che ha avuto 800mila visualizzazioni – racconta la madre -. La comunità aveva scarse condizioni igienico-sanitarie, tanto da essere stata segnalata ai Nas, i ragazzi potevano entrare e uscire tranquillamente. Una situazione invivibile".

A un certo punto, arriva un punto di rottura. Il legale racconta che Luca avrebbe avuto uno scompenso e la direzione decide "di fargli un Tso. Lo fanno caricare in ambulanza, lo sbattono fuori e lo fanno andare in ospedale prima nella regione in cui si trovava la comunità e poi a Milano dove ad attenderlo c'era solo la madre e non i servizi sociali. La comunità in un mese aveva fatto danni mostruosi, la titolare ha fatto una denuncia per danneggiamenti e rapina".

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La sospensione della responsabilità genitoriale

Dopo il ricovero, Luca non torna in comunità. Rimane con la madre fino a quando non è lei stessa a trovarne una nuova dove il ragazzo vive ancora oggi. Quando i genitori lo portano nella struttura, il minore minaccia di gettarsi sulla tangenziale Est: "Hanno dovuto chiamare le forze dell'ordine che con quattro volanti sono riusciti a portarlo in comunità dove è stato accolto dagli altri utenti. Viene privato del cellulare, non può avere contatti per 6 mesi con i genitori, che sono informati via via dagli educatori".

Non finisce però qui per la famiglia si sono presentati una serie di problemi satelliti: "Il 26 settembre – spiega De Lalla – accade che il pubblico ministero fa partire una richiesta di sospensione della responsabilità genitoriale nei confronti dei genitori per le scelte educative e sanitarie nei confronti del ragazzo".

"C’è un provvedimento provvisorio e una causa civile che inizierà il 30 novembre. Dicono che la droga gliela abbia portata la madre in comunità. Siamo in attesa di vedere come si evolveranno sia i procedimenti penali del ragazzo che questa proposta".

Questo provvedimento per i genitori di Luca è davvero difficile da digerire. "Tutto l’impegno, il coraggio, l’amore, la forza nel denunciare un figlio nessuno piò capirlo finché non arrivi a farlo. Lo fai per disperazione e troppo amore perché una madre lo fa per dargli una seconda possibilità. Alla segnalazione al tribunale dei minori, ci si arriva proprio perché si è ormai senza più possibilità di aiutarlo e perché vedi la speranza e un futuro migliore".

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