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Davide Boni a Fanpage.it: “Maroni ha cambiato le radici della Lega, ora preferiva starne lontano”

“Nel suo cuore era un leghista vero. E un leghista vero si pone sempre il dubbio se assumere una posizione originale con il rischio di creare una frattura”, così Davide Boni spiega a Fanpege.it il silenzio politico di Roberto Maroni negli ultimi anni.
A cura di Francesca Del Boca
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Roberto Maroni e Davide Boni
Roberto Maroni e Davide Boni

"Mi spiace davvero, caro Bobo. Abbiamo avuto momenti conflittuali, ma ci siamo lasciati sempre sorridendo. Il ricordo rimarrà forte". Lo scrive Davide Boni, classe 1962 e pezzo storico della Lega del Grande Nord, per dire addio all'ex compagno di partito e di avventura Roberto Maroni, morto oggi a 67 anni dopo una lunga malattia.

Le loro strade, del resto, si sono separate tempo fa. Davide Boni, dopo 30 anni di militanza leghista e un passaggio come presidente del Consiglio in Lombardia, ha detto addio al Carroccio nel 2018. Roberto Maroni ormai si era ritirato dalle scene (ma non del tutto: il suo ultimo commento politico risale alla pesante sconfitta della Lega, dopo le politiche di settembre). Ma il ricordo del tratto percorso insieme rimane.

La Lega ha sempre valorizzato Roberto Maroni ed è stata riconoscente verso il suo percorso politico?

Di riconoscimenti da parte del movimento Roberto Maroni ne ha avuti parecchi. Ha fatto il presidente della giunta regionale, è stato segretario, ministro per ben due volte, ha avuto una lunghissima carriera istituzionale. Tranne in questi ultimi momenti, in cui ha preso una posizione divergente rispetto a Salvini, è stato uno di quelli che ha cambiato le radici della Lega.

Cos'era la Lega e cosa è diventata grazie a Maroni?

La Lega era un movimento fortemente territoriale. Un tempo c'era "Prima il Nord", l'indipendenza, la questione dell'autonomia e del federalismo. Con Maroni e poi con Salvini ha fatto un salto a livello nazionale, diventando un movimento di centrodestra e un partito nazionalista. Un partito tradizionale, insomma.

Maroni ultimamente si era ritirato dalla politica. E si era allontanato dalla Lega.

Perché era una persona perbene. E perché nel suo cuore era un leghista vero. E un leghista vero, dentro di sé, si pone sempre il dubbio se assumere una posizione originale, con il rischio di creare una frattura. Si tratta di coerenza. Una parte romantica che impedisce di dare strattoni forti.

 È lui che si è voluto estromettere, quindi? Oppure è stato estromesso?

Sicuramente non faceva parte della corte di Matteo Salvini, questo sì. Salvini, si sa, del resto è un leader che premia solo i suoi fedelissimi. Gli yesmen, uomini che non sono in condizioni di poter nuocere. Maroni, evidentemente, alla fine ha preso un'altra strada. Non so dire se sia stato il suo buen retiro, o se si fosse allontanato perché aveva capito che dentro la Salvini Premier non ci sarebbe più stato spazio per lui. Poi c'era anche la malattia.

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Ha scritto "abbiamo avuto momenti conflittuali". 

Non ero d'accordo con questa nazionalizzazione della Lega, ne sono uscito per quello. Ma la morte chiude tutto.

Le vicende elettorali della Lega hanno vissuto momenti alterni, da numeri strabilianti alla flessione verso il basso che il partito sta attraversando negli ultimi tempi. E particolarmente dopo le ultime elezioni di settembre. Che sia il frutto di questa nazionalizzazione? 

Guardiamo dove ha perso i voti la Lega. Se li ha persi al Sud pazienza, non era il core business originale. Se li ha persi al Nord, invece, è un problema. La Lega nasce come forza territoriale, radicata al Nord. E se Lombardia, Veneto, Piemonte e così via votano Fratelli d'Italia… vuol dire che hanno scelto l'originale. Perché la Lega non nasce come un partito anti immigrazione a tutti i costi, non nasce come un partito di centrodestra. Ma un movimento di cambiamento che veniva votato da tanti, anche da chi aveva un'ideologia più di sinistra. Tanti di noi, del resto, avevano questo antico retaggio.

Anche lo stesso Matteo Salvini. 

Glielo vada a dire adesso…

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