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Elezioni europee 2024

Daniele Nahum a Fanpage.it: “Voglio andare in Europa per chiudere i Cpr e proporre una nuova accoglienza”

Il consigliere comunale di Milano Daniele Nahum si è candidato al Parlamento Europeo con Azione. Intervistato da Fanpage.it, il 41enne milanese ha parlato dei temi che intenderà affrontare a Bruxelles, dalla chiusura dei Cpr al rafforzamento dell’Unione.
A cura di Enrico Spaccini
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Daniele Nahum, candidato alle elezioni europee 2024 nella circoscrizione Nord Ovest con Azione (foto da LaPresse)
Daniele Nahum, candidato alle elezioni europee 2024 nella circoscrizione Nord Ovest con Azione (foto da LaPresse)
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Entrato nel consiglio comunale di Milano tra le fila del Partito democratico, Daniele Nahum si è candidato per un posto nel Parlamento europeo dopo essere passato ad Azione di Carlo Calenda nella circoscrizione del Nord Ovest. "È l'unico partito realmente riformista, europeista e filo-atlantista del panorama italiano", spiega il 41enne milanese a Fanpage.it che chiede all'Unione Europa di prendere coscienza della propria "potenza", di collaborare per adottare politiche comuni negli ambiti dell'immigrazione e della politica estera, e di chiudere per sempre "tutti i Cpr, diventati ormai solo degli inutili lager".

Quali battaglie milanesi porterà in Europa? Penso alla questione Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr), ma anche alle condizioni di detenzione nelle carceri in generale.

C'è un tema legato alle carceri dove noi siamo stati condannati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo per sovraffollamento e per trattamenti disumani e degradanti. Visito le carceri ogni settimana, partecipo alle sub commissioni e a tutto il lavoro di indagine. Quello che vedo è che ogni giorno viene calpestato lo Stato di diritto, perché se tu devi cercare di rieducare una persona, non ci puoi riuscire facendola vivere in quelle condizioni. Come parlamentare europeo porterò un impegno assiduo sulla questione dei carceri in Italia e nel resto d'Europa, che inizierà con il far visita a tutte le carceri del territorio.

Per quanto riguarda i Cpr, in Italia il Governo Meloni vorrebbe mettere dei grandi centri addirittura fuori dal territorio nazionale, come in Albania. Una follia che non ha assolutamente senso. La vera questione è avere una politica migratoria europea comune, anche di ripartizione. Il trattato di Dublino ha evidentemente fallito, quindi bisogna lavorare sulla reale ripartizione delle persone che scappano anche da contesti di guerra e sulla cittadinanza europea che oggi non c'è, dato che il criterio di assegnazione della cittadinanza è diverso in tutti i Paesi.

Dei Cpr si deve denunciare l'inutilità, in quanto sono uno strumento di espulsione che non funziona. Più del 50 per cento delle persone che transitano dai Cpr non viene espulso, perché non abbiamo accordi internazionale con gli altri Paesi. Io stesso ho parlato con persone recluse all'interno del Cpr che erano finite lì dentro per la quinta volta. L'impegno è sulla chiusura totale dei Cpr, non solo a livello locale e nazionale, ma europeo.

Quindi propone intanto di chiudere i Cpr e poi ripensare le politiche comunitarie?

Sono due aspetti che devono essere affrontati insieme. L'inutilità dei Cpr e il fatto che sono diventati dei lager all'interno delle nostre città sono centrali, ma se poi non si interviene sulla legislazione europea non cambierà mai niente.

Secondo lei c'è margine per discuterne a livello internazionale? Ci sono realtà che possono appoggiare in modo concreto questa battaglia?

Se il discorso viene fatto in modo pratico, e non ideologico, ci sono sponde nel parlamento europeo come il nostro gruppo potenziale Alde (Alleanza dei liberali e dei democratici per l'Europa, ndr), ma anche con i socialisti e democratici (S&D, ndr) dove si può fare un lavoro serio, cioè intervenire sulle strutture per la loro chiusura e per avere una politica comune su questo.

Cambiando argomento, nel 2022 fece scalpore la foto di lei davanti a Palazzo Marino intento a fumare uno spinello. Considerando i passi avanti fatti recentemente dalla Germania, la legalizzazione della cannabis sarà una delle sue battaglie principali?

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Certo. Mi fumai quello spinello davanti a Palazzo Marino per denunciare una situazione intollerabile nelle nostre carceri. Abbiamo 16mila detenuti che abitano le nostre carceri per il piccolo spaccio ed è una roba folle. Volevo denunciare le leggi folli, come il decreto Caivano, che vengono fatte all'interno del nostro Paese.

Gli stati che hanno legalizzato la cannabis hanno da un lato colpito la criminalità organizzata, dall'altro hanno ottenuto un effetto importante sulla propria economia. Negli Stati Uniti, per esempio, è stato il primo settore per crescita economica nel primo anno di legalizzazione. La Germania, che è il Paese trainante dell'Unione Europa, ha legalizzato un po' per contrastare le piazze di spaccio come Berlino, un po' perché c'è un aspetto economico che può essere di fondamentale importanza in un momento di contrazione economica.

A livello tossicologico, la cannabis fa meno male dell'alcol e non riesco a capire perché da noi si faccia il Vinitaly. Questa è una cosa che riproporrò cercando anche di spingere a livello italiano sul tema della legalizzazione e della liberalizzazione.

Potrebbe essere più semplice trovare interlocutori europei rispetto a quelli italiani?

Credo che su questo aspetto siamo in una situazione molto simile a quella che hanno vissuto negli Stati Uniti d'America negli anni '20 del Novecento. C'era il proibizionismo e così tutti abusavano dell'alcol con prodotti di pessima qualità. Ad un certo punto hanno preso di petto il fenomeno e hanno legalizzato l'alcol.

In un Paese dove si calcolano 6 milioni di persone che fumano spinelli ogni giorno, anche se in verità sarebbero più del doppio, è anacronistico tenere la sostanza tra quelle non legali. Dopodiché bisogna assolutamente controllare la vendita, fare campagne informative come con l'alcol e norme che impediscano a chi fuma di mettersi alla guida. Questo clima di proibizionismo, però, sta riempiendo le nostre carceri e facendo perdere tempo alle forze dell'ordine che devono perseguire questi reati inutili anziché andare a colpire il grande spaccio di altre sostanze che fanno davvero male.

Questa non sarebbe comunque la sua prima esperienza in campo europeo. Dal 2019 ha seguito Pierfrancesco Majorino come assistente parlamentare. Cosa le ha lasciato quell'esperienza?

Per me è stata una bellissima esperienza politica, tra l'altro ero sul territorio e non a Bruxelles. Purtroppo c'è stata la pandemia da Covid-19, per cui per due anni siamo stati praticamente bloccati. La cosa che non si comprende, se si fa bene il parlamentare europeo, è l'importanza dell'incarico, perché si possono fare tante cose. Anche grazie a quell'esperienza ho potuto conoscere le dinamiche e i limiti del Parlamento Europeo.

Ha ricevuto qualche messaggio di sostegno o di critica da parte degli ex colleghi del Pd?

No. Io ho fatto una scelta di carattere politico, perché penso che il Pd abbia completamente seppellito la sua idea riformista del Paese. Penso che Azione sia l'unico partito realmente riformista, europeista e filo-atlantista che esista nel panorama politico italiano, perciò sono contento di questa scelta. Non ho sentito nessuno del vecchio partito, perché c'è stato un taglio, una separazione. Rimangono alcune amicizie, perché comunque è stata la mia casa per 11 anni.

Cosa deve fare, secondo lei, l'Unione Europea per quanto riguarda la politica estera?

Il futuro dell'Unione Europea e, secondo me, anche dell'Alleanza Atlantica risiede nel sostegno all'esercito e alla resistenza ucraina contro Putin. Questo è un aspetto di fondamentale importanza che Azione, con il suo segretario, mette davanti. Vogliamo un'Unione Europea che punti sulla difesa comune investendo. È solo retorica affermare che si devono diminuire le spese militari, perché lo fai se riesci a costituire un esercito unico. L'Ue deve avere una politica di difesa e una politica estera comune. Così facendo si potrà rafforzare anche l'Alleanza Atlantica.

Oggi l'Unione Europea è debole nei contesti internazionali e questo viene esplicato anche nella situazione che abbiamo vissuto anni fa con l'emergenza siriana. In quella guerra c'erano due sfere d'influenza, quella della Federazione Russa da un lato e gli Stati Uniti dall'altro, ma gli effetti devastanti li ha subiti tutti l'Europa che ha dovuto gestire la situazione. L'Unione Europea deve entrare nell'ottica di fare una politica di potenza, perché altrimenti finisci solo per subire le conseguenze dei conflitti. Davanti abbiamo la sfida dell'espansionismo russo e l'Europa se ne deve accorgere, altrimenti ci troviamo Putin alle porte di Milano.

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