
Una sorta di tacito "patto" tra palazzinari e dirigenti comunali per mettere le mani sulla città di Milano. È il "rito ambrosiano" che, per i magistrati che ora indagano sul sistema edilizio a Milano è da tempo in vigore sul territorio del capoluogo per tirare in piedi grattacieli abusivi al posto di palazzine di due, tre piani al massimo, spesso anche nel bel mezzo dei cortili di palazzi già esistenti, facendo passare il tutto per semplice ristrutturazione.
All'ufficio pratiche del Comune, in questi casi, i costruttori avrebbero infatti presentato una Scia (Segnalazione certificata di inizio attività) per poi edificare in assenza di un piano attuativo, che dovrebbe invece assicurare che con l’arrivo di una nuova costruzione siano garantiti in una determinata area i corretti oneri di urbanizzazione (si stima un ammanco di mezzo miliardo di euro nelle casse pubbliche di Milano) e i servizi necessari come verde, infrastrutture, fognature. E così via con lo stop a circa 150 cantieri: sotto le lenti dei magistrati, inoltre, ci sarebbero anche oltre ventimila pratiche edilizie. "In questo modo si blocca lo sviluppo della città", protestano però oggi i costruttori.
Del resto, la problematica è cruciale per il futuro del capoluogo lombardo, sempre più affamato di abitazioni per ospitare i cittadini di una metropoli sempre più attrattiva, locomotiva d'Italia per opportunità lavorative, università, turismo, grandi eventi internazionali (Olimpiadi del 2026 in testa). Una realtà dove i canoni d'affitto delle case salgono sempre più (+40 per cento in soli 5 anni), mentre secondo le ultime stime comunali circa 30mila alloggi sarebbero attualmente "sottratti" al mercato per essere adibiti a case vacanza per le piattaforme di affitti brevi come Airbnb. Sono circa 50mila gli alloggi mancanti in città, al momento. Ovvero 50mila famiglie, tra nuclei e singoli soggetti, che avrebbero bisogno di un tetto sopra la testa.
Il fabbisogno di case da abitare, insomma, è palpabile. Secondo un'analisi effettuata dal professor Carlo Cottarelli e commissionata da Aspesi, Assimprendil Ance e Confindustria Assoimmobiliare occorrerebbero addirittura ogni anno oltre 9.900 appartamenti nuovi a Milano, a fronte di una produzione reale di 3mila unità. Un deficit del 256 per cento, dimensioni mostruose e lontanissime da una metropoli come Londra (9 milioni di abitanti, con 300mila lavoratori giornalieri), dove il fabbisogno annuale di abitazioni è stimato intorno ai 50mila nuovi alloggi all'anno e il sistema ne immette 40mila, segnando quindi un deficit del 25 per cento. Dati che oltremanica fanno gridare all'emergenza, facendo temere un'inversione dello sviluppo della capitale britannica.

E quindi, dove nascono le nuove abitazioni all'interno di una minuscola metropoli globale, in cui c'è palese carenza di case e di spazio all'interno di una metropoli che è europea solo nei costumi, e non certo nelle dimensioni (la superficie è di soli 181 km quadrati, per intenderci: circa un decimo delle dimensioni del Comune di Roma, che con 1.285 km quadrati conta solo il doppio degli abitanti, ovvero 2 milioni e 740 contro 1 milione e 370 circa)? Nelle soffitte, nei garage, nei negozi e nelle cantine.

Del resto, per il regolamento edilizio di Milano per essere abitabile un appartamento deve avere una dimensione minima di 20 metri quadri (a meno che lo stabile sia antecedente al 1975, come gran parte del patrimonio immobiliare cittadino che ben poco ha di moderno: non è raro, quindi, imbattersi in annunci di monolocali di 14 metri quadri a 750 euro al mese), o abitazioni al piano terra con tanto di saracinesca (la celebre "cler" milanese) ricavate all'interno di ex negozi, spazi ridotti con minuscole finestre direttamente su strada. Case che, spesso, non hanno neanche la certificazione richiesta per beni immobili destinati a uso residenziale, ma presentano ancora la categoria catastale C1 riservata a negozi, laboratori e botteghe.
Micro appartamenti moltiplicati come funghi al posto dei vecchi negozi di quartiere, segno tangibile di una realtà urbana che cambia e che sostituisce latterie, alimentari, ferramenta e edicole con mono o bilocali dal letto a castello e il tavolo ribaltabile a due passi dal lavandino del bagno, pronto per le esigenze del popolo degli affitti brevi (nella settimana del Fuorisalone, ad esempio, si possono guadagnare circa 4.500 euro in media) o degli studenti di passaggio. Tutto dietro la serranda, da alzare e abbassare ogni mattina. Le finestre? Più che altro semplici prese d'aria il più delle volte in alto, dove un tempo era posizionata l'insegna del negozio, o direttamente su strada. Non proprio il massimo, in una città più che mai segnata da furti e piccola criminalità.

Ma non solo. Se le nuove case non ci sono, e il territorio della città è assai limitato, i nuovi alloggi per la Milano del futuro si ricavano anche…sottoterra. Sono infiniti gli scantinati, i seminterrati e quelli che un tempo erano dei garage o dei magazzini. Appartamenti sotto il livello dell'asfalto, protetti da grosse inferriate dove la luce del sole penetra a malapena, a pochi centimetri dalle scarpe dei passanti (e, purtroppo, anche dalle deiezioni dei loro animali da compagnia). Per non parlare dello smog dei tubi di scappamento delle auto e della polvere, che entra in grandi quantità in questi appartamenti poco arieggiati, e dell'umidità di una città d'acqua (per quanto nascosta sotto il cemento) come Milano.
Del resto, per considerarsi abitabile, un seminterrato ha dovuto soddisfare fino a poco tempo fa l'altezza minima dei locali a 2,70 metri. Un decreto più recente (2015) ha stabilito che addirittura, in presenza di pannelli di riscaldamento radiante a pavimento, questo requisito sarebbe potuto scendere a 2,60 metri, ridotti poi a 2,40 dal Salva Casa di Matteo Salvini che nel 2024 ha sancito l'abitabilità per i sottotetti, i facili cambi di destinazione d'uso e tolleranze costruttive, cioè differenze consentite tra quanto autorizzato e quanto realizzato, sdoganando di conseguenza le microcase. Ma c'è molto altro, ovviamente, all'interno del concetto di vivibilità. Un sacrosanto diritto sempre sacrificato in nome delle cifre convenienti, fino al 30/40 per cento in meno del valore di mercato per quanto riguarda le "case-bottega", in una città dove il prezzo medio del mattone è 5.466 €/m² (quello nazionale è 1.903 €/ m²). Il costo di vivere in una città esclusiva, che nasconde chi non può permettersi i costi esorbitanti delle case dietro a una saracinesca, o addirittura sottoterra.
