Da tutta Italia per sostenere la mamma di Giò, portato in comunità a 9 anni per un’istanza dell’ex compagno
La piazza è sempre la stessa. Solo che sono trascorsi 65 giorni. Oltre due mesi d’inferno per Deborah Delle Donne, che la mattina del 29 giugno 2022 si è vista portare via il figlio di nove anni, trasferito in una comunità su istanza dell’ex compagno, padre del bimbo. Là, davanti alla piazza del municipio di Casalmaiocco, dove Giò era stato tolto dalle braccia di un’amica della mamma mentre Deborah era a colloquio con il sindaco, si sono riunite decine di persone, adulti e bambini, per chiedere che il piccolo torni a casa.
Denunciato per violenza domestica, poi assolto
“Mi sono separata dal papà di Giò nel 2017 – racconta Deborah a Fanpage.it -, l’avevo denunciato per violenza domestica e, nonostante nell’udienza preliminare il pm avesse prospettato per lui due anni di reclusione, è poi stato assolto ‘perché il fatto non sussiste’. Dal 2018 – continua la donna – si è impuntato per togliermi il bambino e per farlo andare in una comunità, all’inizio del 2021 i colloqui padre-figlio si sono interrotti perché avevano litigato e Giò diceva di avere paura di lui, cosa che ha ripetuto davanti al giudice venti giorni prima di essere portato via”.
La mattina del 29 giugno
“Quella mattina avevo sentito le assistenti sociali in videochiamata – ricorda Deborah -, sembrava tutto tranquillo. Dieci minuti dopo averle salutate mi chiama però il sindaco di Casalmaiocco e mi convoca ‘urgentemente’ perché, dice, ha bisogno delle chiavi dell’appartamento in cui viveva mia madre, morta da poco. Mi presento a colloquio e mentre sono nell’ufficio una mia amica attende fuori, nella piazza davanti al municipio, con mio figlio”. “Giocavamo agli indovinelli – racconta Manuela Bruschini, che era con Giò in quel momento -. A un certo punto si sono avvicinate delle persone senza qualificarsi come polizia o assistenti sociali, hanno preso il bimbo e mi hanno sollevata con la forza per impedirmi di ostacolarli. Lui era pietrificato e piangeva”.
Da quel momento Giò vive in una comunità e può vedere la mamma e la sorella di 15 anni (figlia di una precedente relazione di Deborah) ogni due settimane. I colloqui sono sorvegliati. Nell’ordinanza di allontanamento del minore, tuttavia, non c’è alcun riferimento al fatto che Deborah non sia una madre idonea. “Il bambino aveva buonissimi voti a scuola, era sereno, gli piaceva suonare la batteria”, raccontano i compaesani riuniti in piazza.
Una legge che vittimizza due volte le donne
“L’attuale legge 54 sugli affidi – sostiene Emanuela Natoli, presidente dell’associazione Movimentiamoci – vittimizza due volte le donne, perché soprattutto quelle che denunciano violenza spesso non vengono credute e anzi vengono loro sottratti i figli secondo un principio di bigenitorialità spesso forzato”.
La battaglia va avanti
Né Deborah né le altre mamme arrivate a Lodi da tutta Italia per sostenere la donna hanno intenzione di arrendersi. “Io non voglio e non ho mai voluto vietare al mio ex compagno di fare il padre, può farlo benissimo, ma con suo figlio ‘libero’. E poi per rivendicare diritti di genitore bisogna anche svolgere i propri doveri”.