“Da quel cantiere nel carcere Beccaria si scappava già 10 anni fa”, la denuncia di un ex detenuto
"Sono arrivato al Beccaria a 17 anni, avevo diversi precedenti, l'ultimo per rapina – racconta Daniel Zaccaro a Fanpage.it -. All'inizio è stata davvero dura: all'improvviso ho dovuto rispettare regole che non avevo mai avuto nella vita".
"Poi però – continua – ci si abitua e si sopravvive anche in un ambiente brutto". Per "brutto", però, Daniel intende l'istituto penitenziario in quanto struttura: "Allora era più fatiscente di oggi – ricorda -, è sempre stato un cantiere".
Lo stesso, nell'ala sinistra dell'edificio di via dei Calchi Taeggi, da cui il giorno di Natale sono evasi sette detenuti. "Sembra una storia che si ripete – dice Daniel -, dieci anni fa un ragazzo da quel cantiere era scappato tre volte e anche allora erano poi stati appiccati incendi".
"L'idea della fuga – commenta il ragazzo – passa nella testa di molti detenuti, perché genera leggende rocambolesche, storie da raccontare e quindi una certa nomea, ma soprattutto perché si tratta molto spesso di persone che vivono di adrenalina, più che di emozioni"
Disagio psichico e dipendenze
"Rispetto a un tempo – osserva Daniel – sono aumentati tantissimo i casi di ‘doppia diagnosi' -, cioè di detenuti che hanno anche un disturbo psichico e o una dipendenza da alcol e sostanze".
Casi in cui è ancora difficile conciliare la terapia psicologica e farmacologica con il regime carcerario, come dimostrano i sempre più numerosi casi di suicidi all'interno delle carceri.
"Serve il fattore umano"
Eppure per Daniel l'esperienza al Beccaria non è stata totalmente negativa: "Mi hanno salvato le persone – spiega -, in particolare gli educatori, il cappellano e un brigadiere, oggi in pensione. Loro mi hanno fatto sentire coinvolto e io mi sono fidato".
"Purtroppo – continua il giovane – le risorse stanziate per queste figure sono poche, eppure sono il fattore determinante, il fattore umano. Servono persone che sappiano meritarsi la fiducia dei ragazzi".
"Io sono stato fortunato – ammette Daniel -, ma ovviamente c'ho messo del mio. E credo che per tutti i ragazzi detenuti, compresi quelli che sono fuggiti, forse i più impauriti di tutti, sia necessario pensare in prospettiva e non vivere nell'eterno presente che non ti fa ragionare sulle conseguenze delle azioni".
La nuova vita di Daniel
Daniel oggi ha una nuova vita. "Ho preso una laurea in scienze dell'educazione, ho lavorato come educatore nella comunità che mi ha accolto e ora sto per laurearmi alla magistrale", dice a Fanpage.it.
"Ho anche scritto un libro, s'intitola ‘Ero un bullo‘, lo porto nelle scuole sperando che la mia esperienza possa essere d'aiuto ad altri, per non trovarsi in certe situazioni ma soprattutto per credere in un futuro".