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Da architetto a clochard: “Sono più milanese del panettone, ma a Natale sarò solo e senza casa”

Kate non farà l’albero, perché costa troppo. Marco, a 65 anni, passerà le feste da solo. Luca monterà una tenda dietro piazza San Babila. Le loro e tante altre sono le storie di non Natale, quelle di chi non ha casa né famiglia.
A cura di Chiara Daffini
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Piazza San Fedele è a due passi dal Duomo di Milano. Qui, nella settimana che precede il 25 dicembre, anche i locali più anonimi si trasformano in Cocoricò natalizi: musica, lucine, calici alzati: auguri!

Camminando lungo la galleria Hoeplì, che precede la piazza, riparati dalle auto in doppia fila ci sono pezzi di un presepe vivente doloroso: cartoni, coperte, borse della spesa e qualche zaino. Gli homeless si preparano ad affrontare la notte.

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A qualche metro di distanza la galleria s'incunea e un cartello con la scritta "San Fedele" suggerisce di proseguire. Fino a un bar che sembra volersi nascondere dal resto della città.

"Facevo l'architetto, oggi sono un clochard"

Marco un mercoledì sera al bar Girevole
Marco un mercoledì sera al bar Girevole

"Molti se vedono troppa gente si spaventano e vanno via – spiega padre Francesco Cambiaso, gesuita del centro San Fedele, che a Milano si occupa di povertà e disagio sociale -. Per questo abbiamo scelto una postazione appartata. Alcuni comunque, ancora non hanno il coraggio di entrare".

Il locale si chiama "Girevole", quasi a indicare quel giro di giostra che nella vita può riservare sorprese amare. Come è accaduto a Marco, 65 anni, l'unico tra gli avventori che accetta di mostrare il suo volto alle telecamere di Fanpage.it.

"Per 42 anni ho fatto l'architetto e l'ingegnere – dice a Fanapge.it -, ho girato il mondo, tutto ciò che ha a che fare con il mattone io l'ho fatto. Poi mi sono risposato, ma è andata male".

La storia di Marco rimane avvolta in una nebulosa tragica, ci dice però che: "Avevo intestato tutto alla mia ex moglie e quando lei se n'è trovato un altro sono finito per strada".

Non sappiamo come e perché Marco abbia smesso di esercitare la sua professione: "Andrò in pensione il prossimo aprile – spiega -, nel frattempo non posso permettermi una casa e passo da un dormitorio all'altro".

"Ho due figlie di 29 e 27 anni che vivono all'estero – continua -, sono due ragazze fantastiche ma non voglio che mi aiutino, non da un punto di vista socioeconomico".

"Mi sento in credito con il destino, ma non sono disperato – ci tiene a precisare -. Avevo tutto e anche di più, oggi faccio i conti con il fatto che anche 2 euro possono fare la differenza. Credo sia un'esperienza utile".

Kate: "Non basta avere una casa"

La galleria verso piazza San Fedele a Milano
La galleria verso piazza San Fedele a Milano

Kate ha 57 anni. Lo smalto bordeaux sulle unghie corte, le dita delle mani che si arricciano mentre cerca di spiegare cosa non è andato nella sua vita: "Vivevo con mia madre, poi abbiamo dovuto lasciare la casa, lei è andata in una rsa e a me è stato trovato un posto letto".

"Avevo un lavoro e guadagnavo ma poi la ditta ha chiuso, ho avuto tutti contratti a termine, finché sono diventata troppo vecchia perché qualcuno mi volesse assumere – racconta a Fanpage.it -. Vivo con 600 euro al mese, ma devo pagare l'affitto, le utenze e la Tari, rinuncio a tutto il resto".

Come all'albero di Natale: "Per me non è Natale senza l'albero, in famiglia ci abbiamo sempre tenuto tanto – spiega Kate -, ma quest'anno, come lo scorso d'altronde, proprio non me lo posso permettere".

Federico: "Mi sento uno scartato"

Federico, 50 anni, siede proprio accanto a Kate. Si sono conosciuti a un pranzo della Caritas e al Girevole sono venuti insieme per bere un té caldo e mangiare una fetta di panettone.

"Sono un disoccupato cronico – racconta a Fanapge.it -, non ho un lavoro regolare dal 2006. Negli ultimi anni ho fatto lavoretti salutari, come il dog sitter, ma tutti in nero e senza guadagnare abbastanza".

"Vivo con mia sorella nella casa dove abitavamo da bambini insieme ai nostri genitori – prosegue -, lei è stata in cassa integrazione dopo che la ditta in cui lavorava ha fallito e ora forse ha trovato un altro lavoro, ma i nostri genitori sono morti da poco e non riusciremo a mantenere la casa".

"Mi sento uno scartato, mi chiedo perché gli altri riescano a trovare un lavoro e io no. Ho fatto un corso di due anni per diventare bibliotecario, ma accetterei di tutto".

Paola: "Dormo con la finestra aperta"

Paola sta in disparte, seduta a un tavolino all'angolo del locale. Ci mostra le tessere della Caritas: "Sono arrivata in Italia dalla Romania più di vent'anni fa, ma non ho mai trovato fortuna".

"Non è facile stare nei dormitori – racconta -, ci sono tante persone con molte difficoltà e la maggior parte non ha modo di lavarsi, per questo la notte dormo con la finestra aperta, altrimenti non respiro".

Luca: "Ho perso tutto, ora dormo in tenda"

"Un tempo stavo molto bene – ci racconta Luca, 43 anni -, poi ho perso tutto a causa di dissidi familiari e così ho dovuto andarmene dalla mia città".

"Sono sei anni che vago tra Milano, Venezia, Padova, Torino… Cerco lavoro ma non ne trovo uno stabile, per fortuna ho la mia tenda e di notte dormo lì".

"La monto vicino alla Sisley, dietro piazza San Babila –  dice ancora -, la mattina i vigili vengono a svegliarci, sbaracchiamo tutto e andiamo via".

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Che Natale sarà?

"Questo – dice Marco – sarà il mio primo Natale da solo. Gli altri anni qualche amico mi invitava, ma ora non ho voglia di elemosinare un posto a tavola, credo che la vivrò come esperienza da fare almeno una volta nella vita. Come regalo però un bicchiere di vino bianco non mi spiacerebbe".

"Per me una tenda nuova – gli fa eco Luca -, la mia si sta rompendo ormai". "Io – chiosa Kate – vorrei aiuto per le persone in difficoltà come me".

"Alle feste – si confida Federico – qualche parente mi inviterà, ma sarò in imbarazzo perché non potrò portare nulla come regalo. E poi farò inevitabilmente i confronti con cugini e amici che un lavoro ce l'hanno".

"La povertà – chiarisce padre Cambiaso – è molto più complessa del singolo racconto". Ognuna delle persone che affollano il Girevole si porta dentro pezzi di puzzle stropicciati, che non ha – legittimamente – voglia di condividere con nessuno. "Questo fattore – continua il gesuita – rende spesso difficile dare un aiuto a 360 gradi".

Ma l'associazione fa già tanto, insieme ai volontari, molti giovanissimi, che si mettono dietro al bancone a scherzare con i "clienti", servendo loro bevande rigorosamente analcoliche e mascarpone al cioccolato. "Dobbiamo distinguere – conclude padre Francesco – tra casa e dimora. Non basta un tetto per ritrovare sé stessi". Nemmeno a Natale.

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