Curare anoressia e bulimia costa troppo, chiude il reparto per i disturbi alimentari del San Raffaele
Migliaia di ragazze e ragazzi lì hanno trovato vita e salute, proprio come recita il nome dell’università e dell’ospedale San Raffaele di Milano. Lo stesso che, per volontà della direzione sanitaria, ha smembrato il reparto per i disturbi del comportamento alimentare in cui, fino ad alcuni mesi fa, c’erano 20 posti letto per pazienti in emergenza acuta. Adesso i posti sono 5 e presto verranno accorpati all’unità di psichiatria.
Le dimissioni dello storico primario
L’allarme di malati e famiglie è scattato lo scorso 9 giugno, con le dimissioni dell’ex primario del reparto, Stefano Erzegovesi, il quale si è detto impossibilitato, in queste condizioni, a garantire un operato eticamente corretto.
Fanpage.it ha contattato il professore, tra i massimi esperti del settore, ottenendo questa risposta: “Tutto quello che andava detto l’ho detto in faccia ai diretti interessati (il direttore sanitario Dott. Mazzitelli). Tutto il resto rischia solo di disorientare ulteriormente le ragazze che sono tuttora in cura al San Raffaele e che hanno bisogno, prima di qualsiasi altra cosa, di essere tutelate”.
La risposta della direzione sanitaria
La direzione sanitaria del San Raffaele non ha smentito i tagli, ma a Fanpage.it ha detto: “Per i nostri pazienti affetti da disturbi alimentari, abbiamo definito un percorso clinico differente che ci consente di essere sempre più aderenti ai protocolli di cura e di conseguenza più efficaci nella terapia”.
“Il percorso prevede la gestione della fase acuta per lo squilibrio metabolico e cardiovascolare, presso i nostri reparti internistici o pediatrici, mentre la fase post acuta di riabilitazione può avvenire sia in day hospital, come già facciamo o in alternativa in ricovero presso il nostro reparto di riabilitazione psichiatrica di San Raffaele Turro. Nessuno dei nostri pazienti è stato abbandonato e continuiamo a ricoverare nel rispetto della lista di attesa”.
Il perché dei tagli
Liste d’attesa che oggi sono di sei mesi, come denuncia il Movimento Lilla guidato dall’attivista Stefano Tavilla.
“In un periodo – sottolinea Tavilla – in cui con la pandemia i disturbi alimentari sono aumentati del 40 per cento e addirittura del 200 per cento nelle fasce d’età preadolescenziale”.
La ragione del cambiamento è di tipo economico: “Negli ultimi due anni – continua Tavilla – i casi sono aumentati e sono sempre più gravi, il che significa non che non possono essere curati in 4-6 settimane come invece vorrebbe la convenzione che il San Raffaele ha posto in atto con Regione Lombardia, da qui l’idea di eliminare del tutto i posti in reparto e lasciare solo ambulatori e day hospital”.
Marta, “Il ricovero è stato un sollievo”
Ma una cura semi-residenziale spesso non basta, come testimonia Marta Marta Curtoni, ex paziente del San Raffaele Turro: “Sono stata ricoverata lì alcuni anni fa, da sola non riuscivo più a gestire me stessa. Il periodo di degenza è stato un enorme sollievo, perché da ricoverata non sei mai sola, ti senti protetta in un momento in cui ne hai estremamente bisogno: mangi con qualcuno che guarda quello che hai nel piatto non per giudicarti ma per aiutarti e dopo i pasti non vieni lasciata a te stessa e alle tue paure, impari a trovare strategie per non affogare nei sensi di colpa”.
Ragioni politiche
“Quando ho saputo quanto stava accadendo al San Raffaele mi è preso un colpo – dice Marta a Fanpage.it -, sono molto triste al pensiero che altre persone non potranno essere curate come lo sono stata io”.
Secondo il Movimento Lilla, associazione che riunisce famiglie e pazienti affetti da disturbi alimentari, la ragione, oltre che economica, è politica: “Se Regione Lombardia avesse mantenuto le promesse fatte con la legge ad hoc del 2021, che annunciava di voler incrementare i fondi per le cure residenziali e semi residenziali, tutto questo non sarebbe successo”, dice Tavilla, che insieme all’associazione Animenta ha mandato una mail al governatore Attilio Fontana.
Tironi, “Regione Lombardia non lo permetterà”
La risposta, inizialmente non pervenuta, è successivamente arrivata attraverso la voce della consigliera Simona Tironi, interpellata da Fanpage.it.
Tironi, artefice della legge regionale n.2 del 23 febbraio 2021 sui disturbi alimentari, chiarisce: “Regione Lombardia non permetterà che si taglino risorse per la cura di queste malattie, nella mia legge ho previsto al contrario l’aumento dei sostegni, che si è tradotto, per esempio, nel milione e mezzo all’anno appena deliberato, in aggiunta ai fondi standard e a quelli ministeriali”.
Un faccia a faccia con le famiglie
La consigliera Tironi ha organizzato una video call con gli attivisti del Movimento lilla e la direzione sanitaria del San Raffaele.
Quest’ultima incontrerà pazienti e famiglie per ascoltare le loro istanze. “Certo è – conclude Tironi – che se questa riorganizzazione non tutelerà sufficientemente i malati si dovrà cambiare ancora”.
La rabbia di un papà
Resta la rabbia. Quella di un papà, Stefano Tavilla, che il 15 marzo 2011 ha perso la sua Giulia, 17enne affetta da bulimia. “Aveva deciso finalmente di farsi curare – racconta a Fanpage.it – e stava aspettando il suo turno nelle infinite liste d’attesa. Non ce l’ha fatta. E dopo undici anni e tanti discorsi, la situazione non è cambiata”.