Creano una chat con 40 persone per insultare e minacciare un 15enne con autismo, denunciati
Un 15enne del Meratese, in provincia di Lecco, è stato vittima di insulti e minacce da parte di tre o quattro coetanei perché soffre di un disturbo dello spettro autistico. Il ragazzino sarebbe stato inserito in una chat WhatsApp appositamente creata per prenderlo in giro che è arrivata a contare circa 40 persone, tra cui titolari di attività commerciali della zona che si sarebbero subito cancellati senza capire cosa stesse accadendo. La famiglia del 15enne ha deciso di rivolgersi all'associazione ‘Edo is One' che si è occupata di presentare denuncia per cyberbullismo ai carabinieri.
La chat creata per prendere in giro il 15enne
Il 15enne frequenta le superiori in un istituto in provincia di Lecco. A scuola ottiene buoni risultati, ma, a causa del disturbo dello spettro autistico, manifesta alcuni comportamenti tipici come fisse e tic. In classe è ben inserito, infatti i tre o quattro bulli che lo hanno preso di mira sarebbero a lui quasi del tutto sconosciuti. Li avrebbe incontrati poche volte e non frequentano nemmeno la sua scuola.
Alcuni giorni fa, questi ragazzi lo avrebbero inserito in un gruppo WhatsApp che avevano creato proprio per prenderlo in giro. A mano a mano, avrebbero aggiunto in tutto circa 40 persone. Quando il gruppo era diventato ormai consistente, avrebbero inviato messaggi di insulti e minacce rivolti proprio al 15enne: "Ho messo Gesù nella camera a gas, figuriamoci cosa faccio a te", diceva uno, "ti faccio arrestare. Ti faccio saltare in aria con tutta la tua scuola".
La denuncia per cyberbullismo
Sarebbero stati proprio questi messaggi a convincere il 15enne a confidarsi con i genitori. Temendo che quelle persone potessero fare del male ai suoi compagni di scuola, ha raccontato tutto alla mamma e al papà che, a loro volta, hanno chiesto aiuto all'associazione ‘Edo is One'. Così, portando gli screenshot in caserma, è stata presentata una denuncia per cyberbullismo al momento a carico di ignoti.
"Forse è stata solo una bravata ma non la si può liquidare così", ha commentato il fondatore dell’associazione Francesco Castigliego, "abbiamo deciso di denunciare pubblicamente l’accaduto in modo che questi ragazzi comprendano quello che hanno fatto e non lo facciano più".