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Covid nel centro per il rimpatrio, la denuncia: “Impedito l’incontro tra i detenuti e i loro legali”

Le associazioni di volontariato in difesa dei diritti degli stranieri Naga e Asgi hanno inviato una lettere alle autorità denunciando la violazione dei diritti agli stranieri nel centro di rimpatrio di Milano. Qui, secondo le due associazioni, dopo due casi di positività, sono stati sospesi i colloqui tra detenuti e difensori legali, “limitando così il diritto alla difesa personale”.
A cura di Giorgia Venturini
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"Violazioni rilevate all'interno del centro per i rimpatri di Milano". È quello che denunciano le associazioni di volontariato in difesa dei diritti degli stranieri Naga e Asgi (associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) in una lettera indirizzata lo scorso 27 novembre al garante nazionale dei diritti delle persone detenute, ai garanti della Regione Lombardia e del Comune di Milano, al presidente del tribunale di Milano e al referente della sezione Immigrazione e stupefacenti-ufficio del giudice di pace. Nel dettaglio, le due associazioni scrivono di una "prassi illegale e fortemente lesive dei diritti fondamentali all'interno del centro per i rimpatri di Milano". Qui il medico della struttura aveva disposto la quarantena dopo la positività al tampone di due cittadini stranieri trattenuti: l'esito del test ha fatto scattare l'isolamento fiduciario.

Ai cittadini stranieri vietato l'incontro con i legali

"Esistono garanzie per coloro che vedono limitata la libertà personale nei luoghi di detenzione – scrivono le associazioni -. Eppure le misure recentemente adottate presso il centro per il rimpatrio di Milano per l'isolamento sanitario hanno comportato gravi limitazioni dei diritti dei cittadini stranieri trattenuti". Nel dettaglio, a seguito dei casi di positività, nel centro sarebbe stato impedito l'incontro dei detenuti con i rispettivi legali limitando così il diritto di difesa e favorendo la "proroga del trattenimento. Oltre che impedire una corretta e continua informativa sulla propria condizione giuridica da parte del difensore".

Poca riservatezza durante i colloqui

Nella struttura per il rimpatrio è stata rilevata, sempre secondo quanto affermato dalle due associazioni, l'assenza di mediatori professionali e la mancanza di riservatezza nel corso dei pochi colloqui tra difensore e assistito affiancati sempre da un'autorità pubblica. E ancora: il sequestro del telefono degli stranieri è stata esteso anche durante il periodo di emergenza sanitaria quando invece la legge prevede che "alle persone trattenute nei centri per i rimpatri sia assicurata in ogni caso la libertà di corrispondenza anche telefonica con l'estero".

Stessa situazione in altri centri d'Italia

Infine le associazioni tengono a precisare che "la situazione milanese è una situazione ormai di fatto generalizzata, riscontrabile purtroppo in molti centro per il rimpatrio d'Italia e che va contrastata e denunciata". E ancora: "Non può infatti tollerarsi che vengano applicate ulteriori restrizioni all'esercizio delle  già minime garanzie di tutela dei diritti fondamentali dei cittadini stranieri, presupposto alla base delle proteste degli ultimi giorni, in aggiunta a quelle ordinariamente praticate in tali centri, a nostro avviso in maniera illegittima sotto più profili". Domenica 6 dicembre infatti al centro di via Corelli è scoppiata una rivolta: alcuni detenuti hanno incendiato dei materassi. Il bilancio è stato di due persone ferite, un ragazzo di 22 anni e un uomo di 36 anni. Per fermare la protesta sono intervenuti i carabinieri in tenuta antisommossa.

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