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Covid, Galli: “Situazione allarmante: bisogna chiudere, diagnosticare e vaccinare tanto”

“La situazione è allarmante, è grave dover tenere ancora gli ospedali in assetto Covid”. Massimo Galli, primario di Malattie infettive all’ospedale Sacco di Milano, intervistato da Fanpage.it afferma che una nuova zona rossa in Lombardia appare inevitabile. Ma in tutta Italia, spiega, servono misure rigorose dopo che le aperture di dicembre hanno fatto ripartire la pandemia: “Chiudere molto, diagnosticare molto, vaccinare molto: non c’è altra ricetta”.
A cura di Simone Gorla
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Una situazione allarmante, con gli ospedali costretti a mantenere l'assetto Covid e non riconvertire i reparti per le altre esigenze. "Colpa" degli errori commessi finora, come riaprire troppo presto ma anche vaccinare subito le persone guarite dalla malattia. Il professor Massimo Galli, primario di Malattie infettive all’ospedale Sacco di Milano, intervistato da Fanpage.it sottolinea l'importanza di misure radicali: "La zona rossa? Quanto fatto finora non è servito. Ora bisogna chiudere molto, diagnosticare molto, vaccinare molto".

Siamo alla vigilia dell'esplosione della terza ondata?

Il quadro non è ancora disastroso come quello già visto in precedenza, ma sufficientemente allarmante per rendere necessarie maggiori attenzioni. Non possiamo più sbagliare, dobbiamo tenere ancora gli ospedali in assetto Covid. Questo è molto grave e insieme sgradevole, perché abbiamo reparti ancora utilizzati per i pazienti Covid e che avremmo voluto tornare a convertire alle loro funzioni precedenti, ma non si riesce.

Ci sono stati allarmi relativi alle terapie intensive.

La situazione delle terapie intensive è sempre un elemento critico. C'è sempre una polemica con i rianimatori, legata al fatto che i letti considerati dalle stime ufficiali non sono quelli veri. Il punto è: un conto sono i mobili e un conto le persone. In molte situazioni è carente il personale specializzato in grado di gestire le realtà. Quindi si crea una contraddizione tra disponibilità reali e teoriche. Guardando ai dati nazionali, poco più di 2500 letti sono occupati da persone con covid, siamo oltre la soglia del 30 per cento considerata critica per la gestione complessiva.

Zona rossa è indispensabile in Lombardia?

Le giro la risposta. Mi sembra evidente che quanto fatto finora non ha funzionato. Essere fuggiti troppo presto da restrizioni maggiori, per passare a quelle minori, ha prodotto i risultati che vediamo. Il virus non sta fermo, cammina con le gambe delle persone. L'ultima variante che circola è peggio delle altre. È inutile girarci attorno. Le mascherine da sole non bastano se si creano affollamenti. L'infezione gira lo stesso, lo dicono i fatti.

Cosa dire a chi è stanco dei lockdown e spera di tornare alla normalità?

Questi numeri che si rialzano sono colpa di qualche perverso virologo che vuole stabilire la dittatura sanitaria, o sono un dato di fatto? Inutile stupirsi. A furia di fare le cose a metà si finisce peggio. Lo sanno molto bene la Gran Bretagna, la Germania e la Francia. Persino la Svezia dove, con buona pace degli ultimi irriducibili riduzionisti del problema, sono di fronte a un fallimento pesantissimo.

Sui vaccini stiamo finalmente accelerando?

Acceleriamo sì, ma facendo grossolani errori. Per esempio chi è già guarito non doveva avere la priorità nemmeno se operatore sanitario, perché non ne aveva necessità nella grande maggioranza dei casi. Un errore grave.

Perché si dovrebbe vaccinare per ultimo chi è guarito dal virus?

In Italia abbiamo 2 milioni e 200 mila persone guarite dall'infezione, che hanno avuto il tampone positivo e sono sopravvissute. In termini pratici sono 4 milioni e 400mila dosi che si potrebbero risparmiare in una prima fase, visto che scarseggiano. È un assurdo usarle per loro. Il secondo assurdo è che in letteratura leggiamo che la probabilità di re-infezione sta sotto il 2 per cento, i casi gravi nel mondo si contano sulla punta delle dita. Con questi numeri, vale la pena che i già infettati non siano considerati urgenti.

Come mai c'è tanta confusione?

Perché da una parte gli studi si pretendono e dall'altra li si dimentica. Un esempio su tutti: che in Gran Bretagna abbiano deciso di vaccinare a prescindere con una sola dose non sta né in cielo né in terra. È un'operazione da stato di disperazione. L'efficacia del vaccino nei 21 giorni dopo la prima somministrazione è del 52 per cento. La seconda è necessaria per superare il 90 per cento.

Come possiamo uscirne?

Con un ultimo sforzo, ma solo se facciamo qualcosa di radicale, con la certezza di avere la vaccinazione sotto mano. Chiudere molto, diagnosticare molto, vaccinare molto così in un periodo breve gli diamo una grossa botta. Tamponi, chiusure, vaccini: altre ricette non ne ho.

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