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Costringe la figlia di 13 anni a fare sesso al telefono con il suo amante 52enne: mamma a processo

Una donna di 46 anni e il suo amante di 52 anni sono a processo perché accusati di aver costretto la figlia della 46enne, una 13enne, a fare sesso telefonico con l’uomo e a compiere gesti di autolesionismo.
A cura di Ilaria Quattrone
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Una donna di 46 anni è stata rinviata a giudizio perché accusata di maltrattamenti aggravati in famiglia, pornografia minorile in concorso e tentata violenza sessuale. Stando a quanto ricostruito dagli inquirenti, la 46enne avrebbe costretto la figlia tredicenne a fare sesso telefonico con l'amante di 52enne, residente a Milano. Questi episodi sarebbero durati per quasi cinque anni.

La 46enne di Lecce è stata quindi indagata e adesso è a processo. Con lei c'è anche il 52enne che è accusato di stalking aggravato, pornografia minorile in concorso e tentata violenza sessuale. Saranno giudicati con rito abbreviato il prossimo 23 ottobre proprio dal giudice dell'udienza preliminare di Lecce.

Per l'accusa, la madre avrebbe resa una "schiava del sesso". Le telefonate sarebbero avvenute la sera tardi o il mattino molto preso quando il padre dell'adolescente dormiva e spesso sotto l'effetto di sonniferi che la 46enne avrebbe somministrato.

L'avrebbe obbligata a soddisfare sia le perversioni dell'uomo che le sue: avrebbe infatti assistito alle telefonate e suggerito alla ragazzina cosa dire al telefono. Nel frattempo avrebbe compiuto atti di autoerotismo. Le avrebbe anche scattato di nascosto alcune foto intime che poi avrebbe inviato al suo amante. Sui suoi dispositivi elettronici sarebbero stati trovati sia fotografie che le registrazioni delle videochiamate tra il 52enne e la ragazzina.

Non solo. La donna avrebbe costretto la giovane a compiere atti autolesionistici per poi inviare le fotografie delle ferite all'uomo. A consentire l'avvio delle indagini, è stata una compagna di scuola della ragazzina. La vittima aveva infatti raccontato tutto a lei. A maggio 2024 i due autori sono stati arrestati e per loro è stato richiesto il giudizio immediato. Sia la vittima, che oggi ha 17 anni, e il padre si sono costituiti parte civile. Entrambi chiedono un risarcimento di un milione di euro.

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