La famiglia di Legnano costretta a dormire in auto: “O mangiamo o paghiamo l’affitto”
"Fino al mese di aprile avevo una casa, pagavo regolarmente l'affitto, non eravamo ricchi, ma vivevamo, poi ho perso il lavoro, sono un impermeabilizzatore specializzato e opero nel settore edile. Da lì lo sfratto e la vita da nomadi fino a oggi".
Le parole sono quelle di Ignazio, 55 anni, cittadino di Legnano (città metropolitana di Milano), che racconta a Fanpage.it cosa l'ha portato a vivere per mesi in strada, dormendo in auto con due bimbe piccole e la compagna incinta.
"Non avevo altra scelta – spiega l'uomo -, o pagavo l'affitto o davo da mangiare alla mia famiglia. Ho scelto la prima soluzione. Non mi lamento dello sfratto, non potevamo certo gravare sui proprietari di casa".
Dormire in macchina
"All'inizio – ricorda Ignazio – un mio amico ci ha permesso di dormire nella sua officina, poi non è più stato possibile e ci siamo trasferiti in un parcheggio, all'interno dell'auto prestata da un amico".
"Devo dire – ci tiene a precisare – che di sostegno ne ho ricevuto. Sia i miei fratelli e nipoti sia gli amici hanno fatto quello che potevano, nel loro piccolo. Persino un barista ci ha ospitati per una notte sotto il suo locale al caldo, ma non ho voluto approfittare, non volevo interferire nel suo lavoro".
"Non è facile essere costretti a dormire in macchina – continua -: le bambine, di 7 e 8 anni, dormivano insieme alla mia compagna incinta di 7 mesi sui sedili posteriori, io al posto della guida".
In macchina ci sono ancora le coperte e i cuscini con cui la famiglia cercava di riscaldarsi nelle fredde notti autunnali e invernali.
"Siamo in campeggio"
"Alle bambine – spiega Ignazio a Fanpage.it – abbiamo detto di essere in campeggio, ma la più piccola non ci ha creduto. Una notte mi ha detto: ‘Papà, ma qua non c'è il lago', ricordandosi di quando portavo lei e la sorellina in tenda durante le vacanze".
Poi è arrivata l'associazione Il sole nel cuore onlus: "Una notte – ricorda il capo famiglia – sono venuti a prenderci nel parcheggio in cui dormivamo e ci hanno detto: "Voi non dormirete più in auto. Sono stati di parola: ci hanno portati in un albergo per qualche tempo e ora siamo temporaneamente ospiti di una signora".
Anche il Comune di Legnano ha offerto soluzioni abitative di housing sociale: "Ho dovuto rifiutarle – spiega Ignazio -, perché ci avrebbero separati. Le bambine sono molto legate a me e la mia compagna ha appena partorito, non sarebbe stato possibile".
Nelle ultime settimane Ignazio ha avuto un lavoro con contratto a termine, insufficiente per garantire l'intestazione di un canone d'affitto, ma la macchina della solidarietà si sta muovendo, sia sul fronte casa sia per quanto riguarda nuove proposte professionali.
Il piccolo Ethan
C'è però un problema forse ancora più grave. "Il piccolino è nato a inizio dicembre e si chiama Ethan – racconta il papà -, ma non l'ho ancora preso in braccio. Ha avuto difficoltà respiratorie alla nascita perché ha le corde vocali bloccate".
Ora il neonato è all'ospedale Melloni di Milano e finalmente la sua mamma potrà abbracciarlo: "Quando ha partorito gliel'hanno portato via immediatamente", dice Iganzio, lodando però l'operato di medici e personale sanitario.
"Spero solo di poter tenere presto in braccio mio figlio e di trovare una casa e un lavoro – conclude -. La mia compagna ha il reddito di cittadinanza, ma appena il bimbo potrà andare al nido vuole trovarsi un impiego e lasciare queste risorse ha chi ha più bisogno. Noi che ci siamo passati sappiamo cosa vuol dire".