I propositi sono entusiasmanti. C'è chi, come l'assessore del Comune di Milano Piefrancesco Maran, che ha annunciato la sua candidatura, parla di "grande impresa" per sottrarre la Regione Lombardia alla Destra. Chi, come l'eurodeputato Pierfrancesco Majorino sostiene che l'ambizione debba essere quella di "battere Fontana e Moratti". Ma nei fatti il Partito democratico ce la sta mettendo tutta per perdere anche le elezioni regionali del 2023.
Eppure i presupposti per provare a vincere, dopo trent'anni, in Lombardia ci sarebbero stati tutti: a partire dalla frattura che si è creata all'interno della giunta uscente. La volontà di Letizia Moratti di correre come presidente ha creato un'evidente spaccatura con Attilio Fontana. E questo, unitamente alle elezioni politiche a fine settembre, ha inevitabilmente ritardato la scelta del candidato nella coalizione di centrodestra.
Nonostante avesse promesso di farlo molto prima, Fontana ha infatti sciolto la riserva sulla disponibilità a un secondo mandato soltanto dopo che Moratti ha detto palesemente di essere intenzionata a scippargli il posto e dopo che si sono chiuse favorevolmente le sue vicende giudiziarie legate alla gestione del Covid. Moratti ha cercato fino all'ultimo di avere la candidatura del centrodestra, anche se oggi si dice "una persona con idee vicine al centrosinistra".
Questo ha portato ad avere la candidatura ufficiale di Moratti per il Terzo polo di Calenda e Renzi soltanto il sei di novembre e quella di Fontana per conto di Meloni, Salvini e Berlusconi il 9 di novembre. Eppure le elezioni saranno a febbraio (probabilmente già il 5) del 2023. E quindi con neanche tre mesi di tempo per la campagna elettorale, considerando anche la pausa natalizia.
Un ritardo di cui il Pd avrebbe dovuto e potuto approfittare per proporre un'alternativa chiara, seria e organizzata di fronte a un centrodestra che in Lombardia si è dimostrato ancor più litigioso che altrove. Gli altri però alla fine sono riusciti a sciogliere la matassa e trovare una soluzione, seppur quella di spaccarsi, mentre i democratici ancora non sono riusciti a indicare il nome di un candidato.
In questo tempo il Pd ha incassato diversi no: prima dal sindaco di Brescia, Emilio Del Bono, poi da Carlo Cottarelli, che preferisce tenersi buono il seggio conquistato per il rotto della cuffia in Parlamento, e infine (come ha preannunciato a Fanpage.it) perfino dal salvatore del centrosinistra in Lombardia Giuliano Pisapia, che già nel 2011 riuscì in quella che sembra la difficile impresa di sottrarre il comune di Milano al centrodestra.
Il primo nome possibile è quindi spuntato soltanto sabato 12 novembre, quando Pierfrancesco Maran, forte delle sue 9.166 preferenze ottenute alle ultime elezioni comunali a Milano (ma la Lombardia non è solo Milano!), ha annunciato di essere disponibile a candidarsi. Ma alla primarie. Questo vuol dire che, nonostante al momento soltanto lui abbia dato la disponibilità, il Pd dovrà ancora fare le elezioni primarie per ufficializzare il candidato governatore.
Probabilmente le elezioni interne al partito si svolgeranno il 18 dicembre (fra oltre un mese e a poco più di un mese dalle elezioni, quelle vere) e, mentre loro si confronteranno su cosa dovrebbe proporre la Sinistra per vincere le elezioni, giustamente (dal loro punto di vista), gli avversari continueranno la loro campagna elettorale: non quella per vincere il posto di candidato, ma quello di presidente della Regione.
E il confronto interno ai democratici è già cominciato piuttosto aspro. A inaugurarlo è Pierfrancesco Majorino che, ringraziando tutti quelli che gli propongono di candidarsi alla primarie, lancia un paio di frecciatine. La prima è sulla “chiusura di Maran verso i 5 stelle con la loro (ahimè prevedibile) risposta di rottura”, che così descritta non appare gradita a Majorino.
La seconda frecciatina è sulla sua posizione rispetto a Moratti. Se Maran ha infatti detto “Nessun veto su Moratti, ma non può essere il nome del Pd come presidente”, Majorino è ben più drastico: “Andare a elezioni regionali non prendendo con decisione e inequivocabilmente le distanze da ciò che rappresenta Letizia Moratti e sfidando lei e Fontana […] e senza nemmeno cercare di consolidare un'alleanza oltre il PD ci consegna alla sconfitta”.
Insomma. per Majorino, Maran ha fatto male a chiudere completamente le porte all’alleanza con i 5Stelle, che ai microfoni di Fanpage.it ha definito addirittura “lontani dal rappresentare il comune sentire dei lombardi”, obbligando il segretario Violi a ricordargli che loro non vincono in Lombardia da trent’anni.
Su Moratti, invece, Majorino non ha fatto altro che difendere il lavoro di alcuni (forse non tutti) consiglieri regionali democratici che già erano inorriditi quando Cottarelli, che non aveva ancora rinunciato alla candidatura, ha dichiarato: “Il Pd ha criticato Moratti, ma non si sa se gli errori erano suoi”, sconfessando così l’opposizione fatta in questi anni pur di provare a giungere a un accordo con il Terzo polo.
Speriamo almeno che questa divergenza di opinioni si traduca in una candidatura alle elezioni primarie di Majorino, che darebbe un po’ di senso a quella che altrimenti appare a tutti gli effetti un’inutile perdita di tempo. Non solo, infatti, il Pd si perde ora in elezioni interne mentre gli avversari fanno campagna elettorale, ma rischia anche di farlo con un solo nome credibile (quello di Maran) e qualche prestanome disposto a sacrificarsi.
Soltanto un confronto fra Maran e Majorino potrebbe rendere meno scontato l’esito delle primarie, anche se difficilmente sarebbe sufficiente a rendere meno scontato anche l’esito delle elezioni regionali. E lo sa bene anche Maran, che infatti ha già detto di non volersi dimettere dal assessore del Comune di Milano. Ma d’altronde finché il Pd aspetta e insegue la Destra, anche quando potrebbe anticiparla, questi saranno i suoi risultati elettorali.
E, per come si stanno mettendo le cose, si può addirittura azzardare l’esito delle regionali del 2028 in Lombardia, visto che i possibili e ipotetici candidati del Pd di questa tornata elettorale sembrano già intenzionati a sparire dal Pirellone il giorno dopo la sconfitta per tornare alle loro attività invece di guidare l’opposizione e provare a creare un’alternativa credibile.