Cos’è quest’ipotesi del mostro di Milano, il serial killer che avrebbe ucciso oltre 15 donne negli anni
Adele Margherita Dossena, Olimpia Drusin, Alba Maria Letizia Trosti, Salvina Rota e Tiziana Moscardelli sono solo alcune delle donne che negli anni Sessanta e Settanta potrebbero essere state uccise dal cosiddetto Mostro di Milano. Negli ultimi anni, infatti, i loro nomi sono rimbalzati agli onori della cronaca grazie al lavoro di diversi investigatori che, su impulso dell'attrice Agostina Belli figlia di Adele Dossena, hanno considerato possibile un collegamento tra tutti questi femminicidi. Tra coloro che hanno acceso un riflettore su questa figura c'è anche lo scrittore e giornalista Fabrizio Carcano, autore proprio di un libro intitolato Il Mostro di Milano.
Intervistato da Fanpage.it, il giallista ha spiegato come il presunto autore di questi delitti potrebbe essere una persona che avrebbe agito in maniera indisturbata complice il clima politico e sociale di quel periodo. Sono infatti gli anni dell'attentato a Piazza Fontana, dell'omicidio di Luigi Calabresi, di Giangiacomo Feltrinelli e della scalata criminale di Francis Turatello, eventi che hanno tenuto occupati gli investigatori milanesi e che potrebbero aver permesso a un serial killer di poter portare avanti il proprio personale disegno criminoso.
Qual era il contesto in cui sono maturati questi femminicidi?
Esiste un'area grigia che gravita attorno a una quindicina di delitti rimasti insoluti. L'arco di tempo in cui sono maturati questi delitti è abbastanza lungo. Il primo potrebbe essere avvenuto nel 1963, l'ultimo nel 1975. Quando ho scritto il libro, mi sono basato su quanto trovato su alcuni giornali dell'epoca: ne avevo isolati undici avvenuti tra il 1969 e il 1975. Oggi si parla di ben quindici omicidi.
Il periodo in cui questi delitti si sono consumati è molto particolare. Tra il 1968 e il 1969 l'Italia è un Paese in grande ripresa economica, ma molto moralista e bacchettone. Poco prima era stata approvata la legge Merlin, che portava con sé la convinzione illusoria che, oltre a bandire le case chiuse, si sarebbe risolto il problema della prostituzione. In realtà le prostitute si sarebbero spostate nelle strade, sotto ai lampioni dando vita alle cosiddette lucciole e permettendo l'entrata in scena di bande criminali, sfruttatori e clienti maneschi. Se nelle case chiuse c'erano i bodyguard, che controllavano che tutto andasse bene, in strada le prostitute erano abbandonate a loro stesse e spesso finivano nelle mani di clienti violenti.
Quell'Italia era molto particolare e diversa. A Milano, nel 1969, abbiamo l'esplosione della bomba a piazza Fontana e la morte di Giuseppe Pinelli. In quel periodo la città inizia a cambiare molto. L'attentato a piazza Fontana ha infatti creato una cortina fumogena sulla città che ha permesso a malavitosi di vario genere di avere una certa libertà di movimento: in quel periodo Francis Turatello inizia a prendersi la città. E c’è anche un giovane Renato Vallanzasca che inizia a rapinare i supermercati.
Nel 1972 c’è il delitto di Luigi Calabresi, subito dopo muore Giangiacomo Feltrinelli e infine nel 1973 c’è la strage nella Questura di Milano durante un incontro con il premier Mariano Rumor dove sono morti tre agenti. È una Milano che inizia a subire violenze politiche poi sfociate nelle Brigate Rosse.
All’epoca la squadra omicidi della Questura era composta da una decina di elementi. Rispetto ad altre squadre, era la sezione minore. È chiaro quindi che gli assassini di prostitute finivano sotto altri fascicoli. Le vittime non erano solo coloro che lavoravano come prostitute.
Chi sono le vittime?
Nella mia ricostruzione, ci sono otto prostitute e tre donne che svolgevano un lavoro diverso che si sono trovate nel posto sbagliato al momento sbagliato. L’assassino potrebbe essere stato una persona che la notte uccideva prostitute e che di giorno, mentre si trovava in giro per la città, aveva pulsioni incontrollabili che, in alcuni casi trovandosi in circostanze in cui non c’erano testimoni, riusciva a sfogare.
Certamente le prostitute erano più facili da individuare. Le donne che non svolgevano questa professione erano più difficili da agganciare. Io non credo che lui odiasse chi lavorava come prostituta, ma le donne in generale. Sono convinto che fosse ossessionato dalle donne probabilmente perché orfano di madre o perché aveva subito un altro trauma.
È possibile che il Mostro di Milano possa aver ucciso Simonetta Ferrero nel 1971?
Anche su questo caso, ormai conosciuto come il Delitto della Cattolica, ci sono varie teorie. Io credo che lei quando sabato mattina ha deciso di andare in bagno proprio nell’Università Cattolica, si sia trovata incolpevolmente nel posto sbagliato al momento sbagliato. Probabilmente il serial killer si trovava lì.
Alcuni invece hanno teorizzato che questa giovane donna sia stata uccisa da un operaio. In quel periodo c’erano alcuni lavori di ristrutturazione. Probabilmente lei è entrata nel bagno, potrebbe aver disturbato i lavori, potrebbe esserne nata una discussione degenerata in una colluttazione dove poi un lavoratore avrebbe perso la testa fino a ucciderla.
Secondo te chi potrebbe essere il Mostro di Milano?
La mia teoria è che fosse un religioso o un laico vicino alla religione, che potrebbe aver goduto di protezione e che magari potrebbe essere sparito nel nulla o magari potrebbe essersi trasferito in un altro continente.
Ovviamente questa fa perno sul delitto della Cattolica perché nel luogo in cui è stata uccisa Simonetta c’era sangue ovunque. L’assassino non sarebbe potuto uscire lordo di sangue e indisturbato dal portone. Inoltre davanti alla Cattolica c’è una stazione di polizia.
Questo significa che potrebbe aver avuto un armadietto o la possibilità di potersi cambiare tranquillamente in uno studio o in un ufficio. All’epoca sono stati interrogati molti seminaristi e teologi. Si è scoperto un ambiente di guardoni e pervertiti, che però non ha portato a nulla.
Ogni teoria è valida. C'è anche una componente geografica molto legata alle ferrovie.
Qual è il filo che lega questi casi?
Il filo sono le coltellate. Le donne sono state uccise con trenta-quaranta coltellate, date nell’aria toracica, facciale e scapolare. Quasi tutte erano mirate a cancellare il volto della vittima. Per questo motivo, a mio parere, c'è un odio nei confronti delle donne. In questi casi si parla di overkilling. Tre-quattro coltellate sarebbero bastate a uccidere, lui invece ne dava quaranta-cinquanta.
In questo caso si potrebbe parlare di piquerismo e cioè la passione per la lama e i coltelli e per affondarli nella carne. A questo assassino piaceva molto la lama e il sangue, godeva nel delitto. E infatti non è mai scappato subito.
Dove sono avvenuti tutti questi delitti?
Soprattutto nei pressi della Stazione Centrale. Per questo alcuni sostengono che possa trattarsi di una persona che arrivava dalla provincia e che si muoveva con i treni. Adele Margherita Dossena era una affitta camere in via Copernico. Affittava soprattutto ai ferrovieri. Loro arrivavano di notte, dormivano e poi intorno alle 8-9 del mattino andavano via. Dossena è stata uccisa attorno alle 11 durante la pulizia delle stanze e quando teoricamente tutti i ferrovieri erano andati via. Potrebbe quindi averla uccisa un ferroviere rimasto lì o torno indietro oppure l’assassino, sapendo che non c’era più nessuno, è entrato e l’ha uccisa.
Valentina Masneri è un’altra donna uccisa e il cui delitto è rimasto irrisolto. Era una modista e lavorava in via Settala. Nel suo caso, lei ha aperto la porta all’assassino. Il delitto della Cattolica potrebbe essere collegato sempre alla presenza di una stazione vicino all’Università che è la stazione Cadorna. Oltre ai seminaristi e teologi, infatti sono stati interrogati molti uomini che sui treni della linea Milano-Saronno importunavano studentesse. In quell’occasione ne è stato fermato uno che aveva alcuni diari pornografici con disegni osceni di sangue. È stato scagionato.
Possono esserci veramente diversi collegamenti. Oltre al religioso, considerata la presenza di alcuni convitti religiosi, potrebbe esserci la teoria che potesse trattarsi di un tassista o di un poliziotto. Potrebbe essere veramente una qualsiasi persona.
I riflettori si accendono soprattutto su impulso dell’attrice Agostina Belli, figlia di Dossena che vuole infatti dare giustizia alla madre.
Agostina Belli ha infatti assunto un investigatore privato ed è lui il primo a mettere in correlazione i delitti. In Questura c’era qualcuno che ci aveva provato, ma come ho spiegato prima erano accaduti eventi che hanno scombussolato e deviato le indagini.
Inoltre all’epoca non c’erano telecamere o il Dna. C’erano solo archivi fotografici e impronte digitali. All’epoca si sono scandagliate ambienti di maniaci e pervertiti.
Nel 2016 hai deciso di riaccendere i riflettori su questi casi. Come mai?
Negli anni Novanta alcuni cronisti del quotidiano Il Giorno mi avevano raccontato la storia dell'assassino del coltello, all'epoca lo chiamavano così. Io poi l'ho soprannominato “Mostro di Milano".
In quegli anni sono arrivate molte lettere al questore Achille Serra. In una addirittura qualcuno ha sostenuto che il delitto avvenuto a Varese nel 1987 in cui è stata uccisa Lidia Macchi sarebbe commesso dal Mostro di Milano.
Questa storia per anni è andata avanti con diverse lettere anonime. Nel 2015, durante una trasmissione di Carlo Lucarelli, è andato in onda il servizio su Simonetta Ferrero durante il quale si parlava di un assassino seriale che avrebbe colpito a Milano negli anni Settanta.
In quel momento ho deciso di avviare una breve ricerca per scrivere un libro. La mia infatti non è un’inchiesta giornalistica o investigativa. Ho solo letto e studiato alcuni giornali dell’epoca e ho trovato le foto di alcune vittime. Ho collegato alcuni punti e sostenuto che siano almeno undici i delitti commessi dal killer. Nella prefazione infatti ho scritto che a Milano tra il 69 e il 75 sono avvenuti all’incirca undici delitti. Alcune vittime facevano le prostitute, altre donne no. Su questo killer non è mai stato aperto un fascicolo e ufficialmente il Mostro di Milano non è mai esistito.
Hai voluto scrivere questo libro anche per ridare dignità a tutte queste donne uccise.
Sì, ho raccontato che queste donne avevano una famiglia. Molte erano ragazze madri. Una aveva un figlio disabile a casa. Era però un periodo in cui l’opinione pubblica democristiana e ben pensante credeva che le meretrici fossero donne lascive che se l’erano andata a cercare.
Erano però donne che per diversi motivi erano finite in strada. Avevano subito violenze o erano appunto ragazze madri in un mondo in cui esserlo, non era ritenuto accettabile. Molte arrivavano dal Sud Italia o dal Nord Est ed erano finite a prostituirsi perché in quel modo e con quei pochi soldi potevano mantenere i figli. Ho voluto dare a tutte loro dignità. Ricordarle come vittime di femminicidio e non come carne da macello. Su loro ho trovato pochissimo. Non c’era alcun tipo di attenzione per queste donne.
Io ho voluto dare giustizia sia a loro, ma anche a chi come Dossena o Masneri gestivano attività o alberghi o ancora come Ferrero erano andate semplicemente a rinfrescarsi in un bagno.
In questi ultimi giorni, è emersa la notizia che su alcuni reperti è stato isolato del Dna. Il mostro potrà avere un nome e cognome?
Sicuramente dobbiamo dare merito ad Agostina Belli di aver tenuto accesa la fiamma per mezzo secolo. Agostina Belli non si è mai arresa. Ha sempre cercato la verità per sua madre. Dopo il covid, è stata lei a rilanciare con forza questa cosa. Il criminologo Franco Posa è poi tornato a parlare del Mostro di Milano e sono state riaperte le indagini. È stato isolato il Dna di ignoto 1. A mio parere però la storia finisce qui. Perché come si può comparare?
Bisognerebbe scoperchiare diecimila tombe di maniaci o persone denunciate per atti osceni e cercare il dna nelle ossa. L'autore potrebbe essersi trasferito altrove, potrebbe essere finito in prigione per un altro delitto, potrebbe essere stato ucciso perché legato ad ambienti criminali o potrebbe essere semplicemente invecchiato e ammalato.
È impensabile andare a trovarlo senza un riferimento. Diverso è se sappiamo che una vittima frequentava molto una persona e scopriamo che quella persona aveva rapporti con un’altra vittima e che poi studiava alla Cattolica. In quel caso potremmo andare a vedere dov’è sepolto e provare a vedere se si tratti veramente di lui. Sicuramente è bello sapere che dopo mezzo secolo siamo arrivati vicini alla verità, ma senza una traccia investigativa è difficile. È importante, che finalmente si inizino a vedere i volti di queste donne, che potevano essere le nostre mamme e le nostre zie. Bisogna accendere un faro su di loro e ricordare che sono state vittime di femminicidio anche loro.