Il neo segretario del Partito Democratico milanese Alessandro Capelli non usa mezzi termini. E già "rottama" il sindaco Beppe Sala e il predecessore Giuliano Pisapia, protagonisti dell'ultima stagione politica di Milano. "Il ciclo iniziato nel 2010 è finito", le sue parole a un evento di partito, lo scorso 6 aprile. "Non è più tempo di celebrare il modello Milano".
"Modello Milano" che, ormai, nell'uso comune ha assunto il sempre più il significato di una città per ricchi. Il mito di una realtà globale che ha preso piede da Expo 2015, correndo alla velocità della luce nonostante la battuta d'arresto della pandemia. E lasciando indietro ormai anche la classe media, che pur con gli stipendi più alti d'Italia non riesce più a stare al passo dei costi. Addio narrazione dell'America d'Italia dove chiunque poteva avere una possibilità, costruire pezzo per pezzo la propria vita.
Fuoco amico? "Siamo molto orgogliosi e fieri di quello che abbiamo costruito perché ci eravamo dati come obiettivo quello di rendere Milano una grande metropoli europea e lo abbiamo raggiunto", sempre Alessandro Capelli agli iscritti dem. "Ma oggi dobbiamo assumerci la responsabilità di un nuovo inizio".
Il Pd, così, tira una riga e mette le basi per la ricerca del nuovo candidato sindaco che tra due anni si contenderà il posto occupato per ben due mandati da Beppe Sala, ex commissario unico di Expo 2015. Prendendo in parte le distanze da quanto costruito in precedenza dai due amministratori simbolo della nuova stagione del centrosinistra a Milano dopo la lunghissima era targata Forza Italia e Lega Formentini-Albertini-Moratti. Protagonisti di un racconto finora trionfale, che da tempo ha ormai cambiato toni.
"Bisogna andare avanti per chi vede, ogni giorno, il luccicare di questa città ma sente che quel successo non gli appartiene. Ora è tempo di pensare a crescita ed equità", è l'affondo finale del segretario metropolitano, che già in occasione della propria elezione aveva espresso il suo pensiero: "Troppe persone si sentono escluse in questa città", aveva infatti dichiarato a Fanpage.it. "Dobbiamo essere orgogliosi del lavoro fatto in questi ultimi 12 anni da quando abbiamo riconquistato la città dalla destra, ma dobbiamo anche essere consapevoli del fatto che oggi abbiamo una città che cresce molto, sì, ma da cui troppe persone vengono emarginate. Dobbiamo far sì che Milano rimanga un luogo per tutte e per tutti".
La prende sul personale Beppe Sala, che subito insorge contro le parole di Alessandro Capelli. "Parlare di ciclo finito secondo me è sbagliato, Milano è meglio di un tempo è questo è frutto del mio e del nostro lavoro", ha dichiarato il sindaco, manager icona di Expo 2015, in tutta risposta. Mirando dritto contro il segretario: "Va bene la critica e l'autocritica, ma devono essere associate a una proposta concreta: non può essere solo un'enunciazione di buone intenzioni come l'equità sociale. Il rischio è quello di tornare a vent'anni fa: ci vuole credibilità".
La credibilità alle urne, però, in una metropoli come Milano si gioca anche sull'identità, e questo il Partito Democratico lo sa molto bene. La questione, del resto, è annosa e da tempo tutta interna al centrosinistra nazionale. Dove una fetta di partito sente la necessità di allontanarsi dal centro moderato di Beppe Sala e di riappropriarsi di tutti quei temi con cui la sinistra è nata e cresciuta, se vuole evitare che la prossima giunta abbia i colori di Fratelli d’Italia (pronto, c'è da scommetterci, a fare facile leva sul tema della sicurezza a Milano, già da tempo cavallo di battaglia del leader della Lega Matteo Salvini).
Temi come diritti dei lavoratori, accessibilità dell'abitare, sostegno alle fasce deboli della popolazione, contrasto al carovita che sempre più esclude fasce di cittadini da quelli che sono i servizi essenziali. "Vorrei un partito contemporaneo, protagonista, coraggioso, primo alleato dei nostri amministratori, ma allo stesso tempo con due piedi nella società", erano state del resto le dichiarazioni programmatiche di Capelli. Funzionerà alle prossime elezioni del 2026, che arriveranno subito dopo un evento mondiale come le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina? La narrazione collettiva di Milano, a quel punto, sarà cambiata nuovamente? È tutto ancora da vedere.