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Cosa c’era nella “Chat degli 80” di We Are Social: i voti al fisico e le foto in bikini

Stanno emergendo in questi giorni i contenuti della “Chat degli 80”, che tra il 2016 e il 2017 riuniva tutti i colleghi maschi dell’agenzia creativa We Are Social: “Ancor prima che una nuova collega arrivasse giravano i suoi contatti, le foto in bikini, i nomi degli eventuali fidanzati. E poi commenti al fisico, classifiche”.
A cura di Francesca Del Boca
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Le foto in bikini di tutte le donne dell'ufficio, rubate di nascosto sui social. I nomi dei fidanzati, il commento al fisico o al vestito, il racconto delle fantasie erotiche spinte e la classifica con tanto di votazioni e file Excel costantemente aggiornato sul lato B o sul seno delle colleghe. Ecco cosa contenevano le centinaia di messaggi e immagini che i membri (rigorosamente maschi) della chat Skype "Degli 80", dipendenti dell'azienda di comunicazione We Are Social, tra il 2016 e il 2017 si scambiavano quotidianamente durante l'orario di lavoro.

Cosa c'era scritto nella "Chat degli 80" di We Are Social

Un elenco della vergogna che solo oggi viene allo scoperto in tutta la sua oscenità, dopo l'intervista via Instagram del creator in incognito Monica Rossi al celebre pubblicitario Massimo Guastini. E che travolge come un'onda l'intero mondo delle agenzie pubblicitarie milanesi, portando con sé sempre più denunce e rivelazioni da parte dei protagonisti. "Nella chat c'erano tutti i maschi etero di We Are Social", racconta ad esempio un ex dipendente a Corriere della Sera. "Esisteva anche una chat di sole donne e una per la comunità arcobaleno, ma i contenuti e i toni erano diversi. In quella maschile si andava oltre".

Commenti al fisico, classifiche e foto in bikini delle colleghe

Cosa si intende per andare oltre? "Ancor prima che una nuova collega arrivasse giravano i suoi contatti social, le foto in bikini, i nomi degli eventuali fidanzati. E poi commenti al fisico, classifiche". La chat, successivamente, viene chiusa in fretta e furia. "Hanno gestito la questione in ritardo e male. Solo a partire dal 2020 sono state fatte alcune azioni di sostegno e sensibilizzazione, ed è stata pubblicata una carta etica".

"Era un ambiente molto machista, oserei dire liceale, con molti comportamenti da bulletto e da cricca", racconta invece un altro ex dipendente a Monica Rossi. “Era una chat in cui c'erano solo i maschi di quella agenzia, dai direttori ai nuovi arrivati: era una chat in cui ci scambiavamo un impressionante numero di messaggi in orario e sul posto di lavoro. L'argomento era monotematico: il sesso e i corpi delle nostre colleghe”. E ancora. "Durante le riunioni le colleghe non sapevano che noi intanto chattavamo in tempo reale commentando la loro voce odiosa, il loro sedere grosso, il seno acerbo o cose così.

"L'impunità dei molestatori"

Un #MeeToo dell‘industria della creatività che parte dai social e in particolare dal profilo Instagram di Tania, copywriter che per prima si è unita nel denunciare a gran voce il clima tossico e maschilista delle agenzie a Milano. Qui, da giorni, piovono decine di segnalazioni che raccontano di molestatori seriali in ufficio, battute sessiste in pubblico, continui atteggiamenti svilenti nei confronti delle colleghe donne. "Se l'uomo che molesta è bravo nel suo lavoro o ha potere, non verrà mai davvero punito né gli verrà mai chiesto di rispondere delle sue azioni", le parole di Tania. "Perché in pubblicità essere bravi professionisti ti garantisce l'impunità. E tutti lo sanno".

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