Cosa rischiano i poliziotti accusati di aver torturato i minori detenuti nel carcere Beccaria
Sono tredici gli agenti della polizia penitenziaria che sono stati arrestati perché accusati a vario titolo di tortura, maltrattamenti, lesioni, tentata violenza sessuale e falso nei confronti di dodici giovani detenuti del carcere minorile Cesare Beccaria di Milano. Tutto aggravato da essere pubblici ufficiali, dalla minore età delle vittime e dalla minorata difesa. Ma che condanne rischiano i tredici poliziotti? A Fanpage.it lo ha chiarito l’avvocato Matteo Pellacani.
"Si tratta di reati molto gravi dove rischiano condanne rilevanti. Quello più grave è il reato di tortura che comporta una pena da quattro a dieci anni di reclusione. Può arrivare fino a dodici anni di reclusione proprio nell’ipotesi che sia commesso da un pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio. La pena potrebbe inoltre essere aumentata nell’ipotesi in cui, a seguito di tortura, siano riportate lesioni gravi o gravissime. Nel primo caso, aumenterà di un terzo. Nel secondo della metà", ha precisato il legale.
Affinché venga riconosciuto il reato di tortura è necessario dimostrare che "la condotta crudele, violenta, minacciosa abbia cagionato sofferenze fisiche e traumi psicologi e reiterati nel tempo e che sia consistita in trattamenti disumani e degradanti. In questo caso specifico, inoltre, le presunte vittime si trovavano in una situazione di minorata difesa proprio perché detenute. Erano quindi incapaci di difendersi e agire", ha continuato l’avvocato.
"L’altro reato più grave che è contestato è la tentata violenza sessuale: è tentata perché non consumata e perché il detenuto è riuscito a reagire. Chiaramente è un reato piuttosto grave punito con una pena da 6 a 12 anni di reclusione. La pena è ridotta perché sarebbe solo tentata".
Gli altri reati contestati sono: le lesioni gravi i maltrattamenti. Nei primi due casi: "Le lesioni sono punite con pene da sei mesi a tre anni di reclusione. Nel caso fosse accertato che si tratti di lesioni gravi si potrebbe arrivare anche a sette anni di reclusione. Nel caso in cui fossero gravissime invece si potrebbe arrivare anche a dodici anni di reclusione".
Nel caso del reato di maltrattamenti, questo è punito "con una pena che va dai tre anni ai sette anni di reclusione". In quasi tutti gli episodi, infine, è contestato il reato di falso del pubblico ufficiale: "In questo caso che sia ideologico o materiale, la pena che si rischia va da uno a sei anni di reclusione".
"Tutti i reati poi hanno varie aggravanti. È contestato il fatto che siano commessi da un pubblico ufficiale, in violazione di doveri e da più persone. L’altra aggravante è che si tratti di minorenni e detenuti quindi privati della loro libertà".
A lasciare sconcertati è che quanto accaduto sia avvenuto in un contesto già molto complesso: "La situazione carceri minorili è nota a tutti. Le condizioni dei carcerati, negli anni, sono peggiorate sempre più. La responsabilità è anche di chi non si è accorto di quanto stava accadendo. Gli agenti hanno la loro responsabilità, ma non sono gli unici. Quanto accaduto è indicativo di quella che è la situazione della nostra giustizia. Sono stati commessi atti disumani da persone che hanno un ruolo nella tutela, custodia o vigilanza di un detenuto. Che questi soggetti arrivino ad abusare del proprio potere è scioccante".