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L'omicidio di Candido Montini

Cosa rischia il 17enne che ha confessato di aver rapinato e ucciso Candido Montini in casa sua a Garzeno

Candido Montini è stato ucciso lo scorso 24 settembre in casa sua a Garzeno (Como) con 28 coltellate. Un 17enne è stato fermato un mese dopo per omicidio e rapina e durante l’interrogatorio di convalida ha ammesso le sue responsabilità. Intervistato da Fanpage.it, l’avvocato penalista Daniele Bocciolini spiega a quale pena il ragazzo potrebbe andare incontro.
Intervista a Daniele Bocciolini
Avvocato penalista, esperto in diritto penale minorile e Scienze Forensi, consigliere Pari Opportunità e Commissione Famiglia e Minori dell'Ordine degli Avvocati di Roma
A cura di Enrico Spaccini
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Un 17enne ha confessato di aver ucciso Candido Montini. Alcune tracce biologiche del ragazzo, ora detenuto nel carcere ‘Beccaria' di Milano, sarebbero state trovate nell'abitazione del 76enne a Catasco di Garzeno (in provincia di Como), dove il 24 settembre scorso l'anziano era stato accoltellato 28 volte fino alla morte. I carabinieri lo hanno fermato un mese dopo l'omicidio, il 24 ottobre, e solo in un secondo momento, messo di fronte a prove schiaccianti, ha ammesso le proprie responsabilità.

Intervistato da Fanpage.it, l'avvocato penalista, esperto in diritto penale minorile e Scienze Forensi, consigliere Pari Opportunità e Commissione Famiglia e Minori dell'Ordine degli Avvocati di Roma Daniele Bocciolini spiega a quale pena potrebbe andare incontro il 17enne, accusato di omicidio volontario e rapina, in sede processuale.

Daniele Bocciolini (foto da Instagram)
Daniele Bocciolini (foto da Instagram)

Quali aggravanti possono essere contestate al 17enne?

Le circostanze aggravanti che possono essere contestate al ragazzo sono varie. Anzitutto l’aggravante della crudeltà, l’aver agito infliggendo una sofferenza ulteriore alla vittima, il cosiddetto “overkilling”, ovvero un accanimento consistito nell’infliggere ben 28 coltellate.

In astratto la Procura potrà contestare anche l’aggravante dei futili motivi. Anche se il movente è ancora da approfondire, sembrerebbe che l’azione omicidiaria sia scaturita a seguito di una lite avente a oggetto 300 euro. Da ultimo, potrebbe essere contestata anche l’aggravante della minorata difesa, alla luce del fatto che l’indagato si è scagliato contro un soggetto fragile, considerata l’età (76 anni), che si trovava all’interno della sua abitazione.

Non è escluso che, essendo uscito il giovane già con l’arma, in un secondo momento potrà essere contestata anche l’aggravante della premeditazione.

La confessione del ragazzo, anche se arrivata a un mese di distanza dall'omicidio e quando ormai c'erano numerose prove contro di lui, potrebbe aiutarlo in fase di processo?

La confessione è arrivata in un secondo momento, certamente dopo che è emersa la notizia della compatibilità delle tracce biologiche con il suo Dna che costituisce la prova scientifica che sarà la “prova regina” anche nel processo. A ogni modo, dal momento che si tratta di un minorenne, le dichiarazioni confessorie possono essere valutate positivamente dai giudici, che dovranno valutare anche il comportamento processuale.

Ricordo, infatti, che soprattutto nel processo minorile, la pena non ha solo una funzione punitiva, ma deve avere una finalità rieducativa. È importante, quindi, che il minore acquisisca la consapevolezza del proprio gesto ed eventualmente si penta.

La questione dei 300 euro falsi, se confermata, potrebbe avere conseguenze penali?

Certamente. Il fatto di falsificare denaro è un ulteriore reato punito in maniera molto seria nel nostro ordinamento, con una pena fino a 12 anni di reclusione. È punito anche chi si limita a utilizzare e mettere in circolazione il denaro falso.

Le accuse nei suoi confronti sono al momento di omicidio volontario e rapina. Qual è la pena massima che rischierebbe in questo momento? Fosse stato adulto, cosa sarebbe cambiato?

La pena che si rischia in astratto in questi casi, se il fatto fosse stato commesso da un adulto, è la pena massima prevista dal nostro ordinamento: quella dell’ergastolo. Nel caso di specie, però, pur trattandosi di soggetto minorenne seppur pienamente imputabile avendo superato i 14 anni, in caso di condanna non potrà essere applicata la pena dell’ergastolo, ritenuta incompatibile dalla Corte Costituzionale con le esigenze educative del minorenne.

Secondo il nostro ordinamento ai minorenni non può essere mai applicata la pena dell’ergastolo perché la finalità – ancora più per un minore – è quella di “rieducare”. La pena massima che rischia, sempre in astratto, è quindi la pena di 30 anni di reclusione che può essere a sua volta diminuita di un terzo a 20 anni di reclusione proprio per il fatto che l’azione è stata commessa da un soggetto minorenne. Nel nostro ordinamento, infatti, è prevista un’ulteriore circostanza attenuante se il fatto è commesso da un soggetto minorenne.

Verosimilmente la pena massima che rischia in concreto è, quindi, quella di 20 anni di reclusione. Al ragazzo possono essere poi applicate, anche in ragione della confessione resa, le circostanze attenuanti generiche, con un’ulteriore riduzione della pena.

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