Corpo ritrovato nell’Adda, disposta l’autopsia per l’ufficialità che si tratti di Nataly Quintanilla
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La Procura di Milano ha disposto l'autopsia sul corpo trovato ieri, domenica 2 marzo, nelle acque del fiume Adda nel territorio comunale di Zelo Buon Persico (in provincia di Lodi). Non ci sarebbero particolari dubbi sul fatto che si tratti di Jhoanna Nataly Quintanilla Valle, la babysitter 40enne di cui si erano perse le tracce nella notte tra il 24 e il 25 gennaio, ma la certezza può arrivare solo dal test del Dna che sarà effettuato giovedì 6 marzo. La salma, quasi irriconoscibile dopo oltre un mese trascorso in acqua, è stata affidata all'Istituto di Medicina legale di Pavia, dove verrà stabilita anche la causa del decesso. Il compagno della donna, Pablo Gonzalez Rivas, è in carcere dal 7 febbraio con l'accusa di omicidio e occultamento di cadavere. Il 48enne ha sostenuto di aver ucciso la 40enne involontariamente durante un gioco erotico, ma è una versione che non ha mai convinto gli inquirenti.

Il recupero del cadavere dalle acque del fiume Adda
Alcuni pescatori hanno lanciato l'allarme intorno alle 12:30 del 2 marzo, dopo aver visto un corpo affiorare dalle acque dell'Adda tra Zelo Buon Persico e Spino d'Adda. I sommozzatori arrivati da Torino hanno lavorato a lungo per liberare il borsone nero che ancora conteneva in parte il cadavere, incagliato nella vegetazione e probabilmente danneggiato dalle rocce.
Il cadavere apparteneva a una donna, ma era senza vestiti e quasi irriconoscibile a causa dei numerosi giorni trascorsi in acqua. Il borsone nero, invece, sarebbe identico a quello che Rivas, inquadrato dalle telecamere, aveva caricato in auto la notte del 24-25 gennaio all'esterno dell'appartamento in zona Bicocca a Milano che condivideva con Quintanilla. La Procura ha disposto l'autopsia sul corpo e il test del Dna, esami che saranno effettuati il prossimo 6 marzo all'Istituto di Medicina legale di Pavia.
I dubbi sul racconto di Rivas

Rivas si trova in carcere con le accuse di omicidio e occultamento di cadavere dal 7 febbraio scorso, circa 15 giorni dopo la scomparsa di Quintanilla. Davanti alla gip Anna Calabi, il 48enne aveva confessato di aver ucciso la compagna involontariamente durante un gioco erotico, spezzandole il collo. Rivas aveva spiegato di aver nascosto il cadavere della 40enne in un borsone, di averlo caricato in auto e di averlo lasciato nel tardo pomeriggio del 25 gennaio in un fosso nella zona di Cassano d'Adda.
Secondo la pm Alessia Menegazzo e la procuratrice aggiunta Letizia Mannella, che coordinano le indagini dei carabinieri del nucleo investigativo di Milano, ci sarebbero diversi aspetti nel racconto di Rivas che non tornano. Per gli inquirenti, che nei giorni scorsi hanno raccolto testimonianze ed eseguito analisi sui dispositivi di Rivas, avrebbe ucciso Quintanilla perché lei aveva scoperto che aveva una relazione parallela con un'altra donna di El Salvador, che non sarebbe l'ex moglie. Il 48enne, dunque, avrebbe voluto che questa donna venisse a vivere con lui in quell'appartamento in zona Bicocca e che, quindi, la 40enne avrebbe dovuto andarsene. Tra i due nella notte tra il 24 e il 25 gennaio sarebbe scoppiato un litigio, culminato con l'omicidio di Quintanilla compiuto probabilmente a mani nude o forse con un coltello.
Inoltre, Rivas avrebbe mentito sul luogo in cui aveva abbandonato il borsone che conteneva il cadavere della compagna. Per gli investigatori, il 48enne avrebbe omesso, con l'obiettivo di depistare le indagini, di averlo gettato nel fiume Adda, quando alla giudice aveva negato di essere arrivato fino alle sponde del corso d'acqua. L'avvocato che difende Rivas ha ribadito che il suo assistito non avrebbe mentito e che non avrebbe avuto motivo per farlo. Il legale ha anche dichiarato che in realtà il 48enne non aspettava l'arrivo di un'altra donna, ma di "due fratelli e la madre" poi mai giunti a Milano perché la casa era ormai sotto sequestro.