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Coronavirus, ricomincia la battaglia di Milano: Comune e Regione agiscano ora per evitare il peggio

Oltre mille casi in provincia, più di 500 in città: sul fronte del Coronavirus è ricominciata la “battaglia di Milano”. La percentuale di asintomatici resta alta e la situazione anche sul fronte dei decessi resta lontana da quella della scorsa primavera. Ma i numeri assoluti iniziano a mandare in crisi il contact tracing e iniziano a pesare sui ricoveri negli ospedali. L’infettivologo Galli ha avvertito: “Rimangono 15 giorni per mettere in campo misure utili per invertire la tendenza di forte aumento dei contagi”. E dopo il Dpcm del Governo ora tocca a Regione Lombardia e Comune di Milano agire per evitare che la situazione degeneri.
A cura di Francesco Loiacono
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Con oltre 1000 nuovi casi di Coronavirus nella sola provincia di Milano (più di 500 in città) su poco più di 1800 nuovi positivi in tutta la Lombardia, si può dire ormai senza più troppe remore che è ricominciata la "battaglia di Milano". L'espressione era stata utilizzata la scorsa primavera dal professor Massimo Galli, infettivologo dell'ospedale Sacco, per sottolineare come salvare Milano e l'hinterland dalla capillare diffusione del virus che si era avuta allora in altri territori (Lodi, Bergamo, Brescia e Cremona), avrebbe consentito di tenere in piedi il sistema sanitario dell'intera Lombardia e del Paese.

In un'intervista rilasciata oggi a Fanpage.it lo stesso Galli, sollecitato sulla situazione milanese, l'ha definita senza mezzi termini "preoccupante": "Bisogna fare grande attenzione alla situazione dell'area metropolitana di Milano", spiega, mentre sottolinea che "è un dato di fatto che le zone della Lombardia più colpite in primavera lo sono meno ora in termini di crescita delle infezioni". Galli fa anche una previsione su quanto tempo resti prima che un nuovo tzunami come quello di febbraio-aprile investa Milano e di conseguenza la Lombardia: "Io valuto che ci rimangano quindici giorni per mettere in campo misure utili per invertire la tendenza di forte aumento dei contagi. Non mi chieda come e cosa, ma va fatto subito".

Su cosa fare devono decidere Regione e Comune

Sul come e il cosa, dopo il Dpcm (Decreto del presidente del Consiglio dei ministri) varato la scorsa notte dal governo entrano in gioco gli enti locali: la Regione Lombardia e il Comune di Milano, Fontana e Sala, che sono autorizzati (e questo adesso lo si è capito ed è chiaro) a intervenire in senso più restrittivo rispetto alle norme nazionali. Da Palazzo Lombardia e Palazzo Marino si attendono, in sostanza, divieti più severi rispetto a quelli in vigore per aree che hanno numeri diversi in termini di contagio. Indiscrezioni in tal senso erano già circolate: bar chiusi alle 18 (rispetto alle 24 indicate dal Dpcm del 13 ottobre), ricorso alla didattica a distanza per le scuole superiori e allo smart working laddove possibile. Nel corso della riunione del Comitato tecnico scientifico (Cts) regionale di ieri, tuttavia, si è deciso di non fare nulla: di non operare nessuna restrizione ulteriore e di valutare semplicemente quale saranno, tra qualche giorno gli effetti delle nuove norme contenute nel Dpcm tra qualche giorno.

Alta percentuale di asintomatici, ma i numeri assoluti iniziano ad essere un problema

Nel frattempo, come spiegato a Fanpage.it dal direttore sanitario di Ats Milano Vittorio Demicheli, il sistema di tracciamento è ormai andato in crisi. Significa che i casi, i focolai, rischiano di sfuggire alle maglie del contact tracing e si rischia di perdere quella tempestività di intervento fondamentale per curare al meglio i positivi. Ma al contempo, anche se la percentuale di asintomatici rispetto al totale dei casi resta molto elevata – il 92 per cento dei positivi di oggi manifesta pochi sintomi o addirittura nessuno”, ha detto il direttore generale Welfare della Lombardia Marco Trivelli – i numeri così alti in senso assoluto iniziano ad avere anche un impatto sulle ospedalizzazioni: più 99 i ricoveri negli ospedali, più due i pazienti in terapia intensiva che sono arrivati ormai a 64. "Stiamo lavorando per disporre un rapido incremento della disponibilità di posti letto dedicati ai pazienti Covid, in linea con quanto prevede il Piano regionale", ha detto lo stesso Trivelli.

Il tema, ora, è evitare che la situazione degeneri

Insomma, la situazione è preoccupante. Il paragone con ciò che era successo la scorsa primavera può essere di stimolo per agire in fretta subito, anche se è probabilmente fuorviante: all'epoca si conosceva meno il virus e soprattutto si era meno preparati ad affrontarlo. Adesso il tema è evitare che la situazione attuale degeneri e servono ricette e decisioni, anche impopolari, che chiamano direttamente in causa Comune e Regione. Domani ad esempio a Milano viene riattivata Area B, maxi Ztl urbana: ci sarà chi dovrà rinunciare all'auto e usare i mezzi pubblici, proprio mentre ci sono critiche per le metro piene all'ora di punta e Governo e regioni stanno valutando di ridurre ulteriormente la capienza sui mezzi: "Sui trasporti non c'è una soluzione per aumentare la capienza – dice il professor Galli -. Va valutata la ripresa dello smart working diffuso e l'ipotesi di riprendere la didattica a distanza almeno per le classi delle scuole superiori, alternando lezioni in presenza e da casa". Venerdì tornerà a riunirsi il Cts regionale: una seconda occasione, forse l'ultima, per decidere di inasprire le restrizioni a Milano e in Lombardia, prima che la situazione sfugga di mano.

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