Coronavirus nelle carceri, Caritas lancia l’allarme: “Positivo oltre il 7 per cento dei detenuti”
Questa seconda ondata Covid ha colpito più duramente i detenuti delle carceri di Milano. A riferirlo sono gli operatori della Caritas che prestano servizio come volontari all'interno delle case circondariali: attualmente le persone positive, tra detenuti e lavoratori, sono circa 260, ovvero il 7,7 per cento del totale, se si prende solo in considerazione i carceri di San Vittore, Bollate e Opera. Numeri ben più alti rispetto alla scorsa primavera: in parte perché nei primi due penitenziari in questi mesi sono stati trasferiti anche i detenuti positivi al tampone Covid provenienti da altre carceri lombarde. Sia San Vittore che Bollate, infatti, sono le due case circondariali riconosciute come "Covid Hub". Ma per l'associazione di volontariato sarebbe il sovraffollamento il vero motivo dell'aumento dei contagi (nonostante ci sia stato un calo dell'8% dei detenuti degli ultimi 12 mesi per risolvere il problema dei carceri affollati).
Sospese le attività scolastiche e i colloqui con i parenti
La Caritas poi denuncia altri due aspetti che evidenziano il peggioramento della vita nelle carceri: stando a quanto riportato da "MilanoToday", da quando è iniziata la pandemia sono state sospese tutte le attività scolastiche. Qui non si è mai parlato di didattica a distanza. E ancora: i volontari sono stati ridotti così come la "sorveglianza dinamica", ovvero le celle aperte durante tutto il giorno in quei settore di media e bassa sicurezza. E infine sono stati quasi azzerati i colloqui con i famigliari, decisione che già lo scorso marzo aveva fatto scoppiare numerose proteste tanto che alcuni detenuti del carcere di San Vittore si erano arrampicati sui tetti. Sempre qui oggi, invece, mancherebbero vestiti adatti all'inverno.
Caritas: Ripristinare i servizi scolastici
Così la Caritas chiede di intervenire al più presto garantendo "la continuità dei servizi scolastici, socio-educativi e assistenziali realizzati dagli operatori e dai volontari attivi negli istituti cittadini". Fino ad attivare "interventi di accoglienza abitativa promossi e finanziati dalla Cassa delle Ammende per i quali non si è ancora concluso l’iter amministrativo e che consentirebbero ai detenuti che ne hanno diritto di scontare la pena all’esterno del carcere". Solo così si ridurrebbero i detenuti malati di Covid.