Confermato il caso di colera a Brescia: “Ma nessun allarme per la sanità pubblica”
Le autorità sanitarie hanno confermato oggi i sospetti sul caso di colera rilevato nei giorni scorsi a Brescia: il paziente, 50 anni, secondo l'esito degli approfondimenti condotti dall'Istituto Superiore di Sanità è risultato positivo al batterio Vibrio Cholerae sierogruppo O1 (sierotipo Ogawa), produttore dell’enterotossina che causa la malattia. Ma Regione Lombardia e L’Azienda per la tutela della salute (Ats) di Brescia, per il momento, rassicurano la popolazione: "La situazione è costantemente monitorata e al momento non risultano problematiche di sanità pubblica".
Del resto, stando a quanto emerso finora, si tratterebbe di un'infezione "non autoctona": il paziente è infatti rientrato il 29 gennaio scorso da un viaggio in Nigeria, Paese in cui si è recentemente registrata un’impennata di decessi dovuti al colera, e ha iniziato a manifestare i primi sintomi gastrointestinali poche ore dopo il rientro. Per questo è stato subito ricoverato nel reparto di Terapia intensiva, dove si trova tuttora.
La sua situazione, seppur ancora complessa, come spiega in una nota la Direzione generale Welfare della Lombardia sembrerebbe però essere ora in lieve miglioramento. Il paziente sarebbe vigile, e in grado di collaborare con le autorità sanitarie. Tutti i contatti dell'uomo, inoltre, sono stati individuati e informati. "I contatti stretti individuati non presentano sintomi", ha fatto sapere Ats, "ma verranno sottoposti ad analisi di laboratorio in via preventiva e proseguirà la sorveglianza sanitaria già attivata”.
Cos'è il colera e come si trasmette
Come si legge sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità, il colera è un’infezione diarroica acuta causata dal batterio Vibrio cholerae. La sua trasmissione avviene per contatto orale diretto o indiretto con feci o alimenti contaminati, e nei casi più gravi può portare a pericolosi fenomeni di disidratazione: i cibi più a rischio per la trasmissione della malattia sono quelli crudi o poco cotti e, in particolare, i frutti di mare. Altri fattori di rischio sono le scarse condizioni igienico-sanitarie di alcuni Paesi e la cattiva gestione degli impianti fognari e dell’acqua potabile. Senza la contaminazione di cibo o acqua, in condizioni igienico-sanitarie normali, il contagio diretto da persona a persona è molto raro.
Il periodo d’incubazione della malattia varia solitamente tra le 24 e le 72 ore (2-3 giorni), ma in casi eccezionali può oscillare tra le 2 ore e i 5 giorni, in funzione del numero di batteri ingeriti. E se nel 75 per cento dei casi le persone infettate non manifestano alcun sintomo, solo una piccola parte sviluppa una forma grave: con un’adeguata reidratazione solo l’1 per cento dei pazienti va incontro alla morte.