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Condannato per femminicidio scrive a chi combatte la violenza sulle donne: “Quello che ho fatto non deve più accadere”

“Fermiamoci prima. Fermiamoci fin quando ne siamo ancora in tempo, il vero amore non fa male, non spegne un sorriso”: pubblichiamo la lettera di un detenuto condannato per femminicidio all’associazione Scarpetta rossa, che combatte la violenza contro le donne.
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L'associazione Scarpetta Rossa, che si occupa di supportare le donne vittima di violenza con centri di primo ascolto, case rifugio e assistenza legale e psicologica, è abituata a ricevere messaggi da donne maltrattate, aggredite e violentate. Qualche giorno fa, per la prima volta, ne ha invece ricevuta una dall'altra metà del mondo: quello che picchia, maltratta, violenta e, in alcuni casi, arriva perfino a uccidere. Presso la loro sede è infatti arrivata, dal carcere di Bollate, in provincia di Milano, una missiva da parte di "una persona consapevole di aver spento un sorriso", come scrive lui stesso. E la invia affinché "il suo passato non accada mai più".

Il detenuto spiega subito che "da un po' di anni ho deciso di dedicare ed esprimere ogni sforzo della mia vita per evitare, quanto mi sia possibile, che si ripetano casi di violenza contro le donne. I giuristi lo chiamano ‘giustizia riparativa', nonché ‘atti e parole rivolte verso la vittima diretta, famigliari e/o vittime della stessa tipologia del reato'. Purtroppo in questo caso le vittime sono tutte le donne del mondo, non solo una. E quindi mi sprecherò perché non ci siano più sorrisi spenti". E lo ha fatto anche cucendo, tramite una cooperativa che opera in carcere, le borse con il logo dell'associazione.

"Ho distrutto una vita, anzi ho distrutto le vite di diverse persone: in primis la vita della vittima, la mia, la vita dei suoi genitori e famigliari per avergli tolto la possibilità di vederla crescere nel quotidiano, non basteranno mille parole per descrivere il dispiacere e dolore che vivo, chiedo perdono dal più profondo del mio cuore. Ho distrutto la vita dei miei genitori per aver un figlio in carcere per un delitto mostruoso e di tutti coloro che mi stano vicino.

Non ha voluto, però, dilungarsi nel raccontare il delitto (che lui stesso definisce "atroce") che ha commesso, "perché non voglio riaprire nuovamente vecchie ferite che magari non hanno mai trovato cura, se mai ci potrà essere una cura per il dolore creato". Ma vuole che la sua lettera "possa, per quanto quanto possibile, fare riflettere e far capire a tanti giovani, come me, che basta veramente pochissimo per rovinare ad altri e rovinarsi la vita per sempre". Che possa quindi "servire da testimonianza e che sia utile ed aiutare i giovani e adolescenti con dei conflitti emozionali, che serva come strumento di prevenzione di altre tragedie".

E quindi si rivolge direttamente ai giovani: "La vita è bella e non va distrutta, come lo è anche la libertà e quindi non va assolutamente presa con superficialità perché gli errori commessi ci marchiano in maniera negativa per sempre, soprattutto se si tratta di errori che non sempre hanno rimedio". E poi continua:

Vivere in carcere a scontare una condanna non è da "bravi" non è da "duri", anzi si entra in carcere perché si è "deboli", "fragili" e "codardi". Sì, è questo quello che è veramente chi preferisce lasciarsi prendere dalla "rabbia" e dall'"ira", pensando che così risolve le cose. Non è nient'altro che un "codardo". Il carcere è molto duro, doloroso, bruttissimo, è una voragine dalla quale ti sembra di non poterne venire più fuori. Con questa lettera vorrei rivolgermi a tutti i giovani per fargli capire e comprendere che in carcere si finisce perché si è sbagliato, perché un qualcosa è venuto a mancare e/o non ha funzionato nella propria persona, nelle relazioni personali. Con l'assistenza degli operatori e degli psicologi ho iniziato un lungo percorso che aiuta a prendere sempre più consapevolezza del danno e del male recato.

Dal carcere, il detenuto vede che sono ancora tante, troppe, le persone che si macchiano di reati come il suo. E quindi lancia un appello:

Con tanto dispiacere vedo che nei telegiornali non si fa altro che parlare di femminicidi, un fenomeno in continua crescita. La cronaca di tutti i giorni racconta che ogni volta sono sempre di più gli uomini e anche i giovani adolescenti che, come me, spengono una vita, ed è a loro che mi rivolgo: "Fermiamoci prima. Fermiamoci fin quando ne siamo ancora in tempo, il vero amore non fa male, non spegne un sorriso, il vero amore è il sorriso di una famiglia e in fine il proprio".

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