Condannato all’ergastolo per la strage di Samarate, Alessandro Maja ricorre in appello
Ricorrono in appello contro la sentenza di ergastolo in primo grado i legali di Alessandro Maja, il geometra di Samarate (Varese) che nella notte tra il 3 e il 4 maggio 2022 uccise a martellate la moglie Stefania Pivetta e la figlia sedicenne Giulia, riducendo in fin di vita il primogenito Nicolò.
Gli avvocati Gino Colombo e Laura Pozzoli tornano quindi a invocare la parziale infermità, così come già avvenuto nel corso del processo in primo grado: secondo i difensori, infatti, al momento della strage Alessandro Maja non sarebbe stato pienamente capace di intendere e di volere.
Il motivo? Una condizione psichica "delirante", dal momento che l'uomo sarete stato convinto di essere ormai spacciato dal punto di vista lavorativo. Uno stato persistente di paranoie, ossessioni e deliri dettati dalla credenza (poi rivelatasi errata) di aver commesso un grave errore nell'ambito di un progetto sbagliato, e di doverne presto pagare le conseguenze economiche.
Tutto il contrario di quanto dichiarato dalla perizia psichiatrica già disposta sul 58enne di Samarate, che ne aveva accertato la piena capacità di intendere e di volere al momento in cui sterminò la famiglia.
"Ci parlava di questo suo errore sul lavoro, si chiedeva come fosse possibile. Ma noi cercavamo di spronarlo a fare meglio, a risolvere", aveva detto il figlio Nicolò che adesso, sostenuto dai nonni materni, cerca pian piano di riprendere la propria vita. "Non posso credere che mio papà abbia fatto una cosa di questo genere. Notavo un po' di preoccupazione, ma sembrava tutto normale. Niente che facesse presagire quello che poi è successo". E ancora. "Fino a quella notte era stato un bravo papà, non ci ha mai fatto mancare niente".