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Commessa insulta una cliente petulante e viene licenziata, la Cassazione la fa reintegrare

Aveva rivolto espressioni “colorite” a una cliente petulante sotto il periodo natalizio. È arrivata la sentenza della Cassazione per cui la commessa non andava licenziata. Ora l’azienda dovrà risarcirla.
A cura di Enrico Spaccini
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Foto di repertorio
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Prendete un negozio di elettrodomestici nel periodo pre natalizio, quello degli acquisti dell'ultimo momento, della calca per accaparrarsi l'ultimo miracolo della tecnologia in offerta e delle code interminabili alle casse. Ora, immaginate di essere anche solo per un momento una commessa presa d'assalto su più fronti da clienti spazientiti e petulanti. Bene: la Corte di Cassazione ha stabilito che se alla dipendente scappa un'espressione "colorita" nei confronti della clientela, non può essere licenziata.

L'espressione "colorita"

La sentenza arriva dopo quasi quattro anni di iter giudiziario. Era il dicembre del 2017 quando Lisa, dipendente del negozio nel Lecchese di una catena bergamasca, rivolgendosi a una cliente particolarmente insistente esclamò: "Non me ne frega un c…". Lisa lavorava in quello stesso posto ormai dal 2001, ma questo non le impedì di venire licenziata in tronco per quella esternazione. La donna, però, non condivideva affatto quella scelta.

L'iter giudiziario

Fu il Tribunale di Bergamo a reintegrarla, annullando il licenziamento perché non c'erano i requisiti per la motivazione: "giusta causa". Sarebbe stato giusto punirla, magari con una multa, ma cacciarla dal luogo di lavoro non era una pena adeguata. A quel punto, però, fu l'azienda a protestare. Nel 2019 si arrivò al secondo grado: la Corte d'appello di Brescia. Il reclamo presentato dall'azienda venne alla fine rigettato. Si arriva, quindi, al 2022 e a quest'ultima sentenza della Cassazione. Una sentenza che ricalca quelle già emesse a Bergamo prima e a Brescia poi: l'espressione usata da Lisa, seppur volgare, è ormai entrata nel linguaggio comune e non costituisce un buon motivo per licenziare una dipendente. In più, la catena dovrà pagare le intere spese processuali.

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