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Come sono stati incastrati lo zio e il nipote accusati dell’omicidio di Roberto Bolzoni

Roberto Zuccotti e il nipote Andrea Gianì sono stati portati in carcere, accusati dell’omicidio di Roberto Bolzoni, il 60enne che è stato trovato senza vita nella propria auto a Lodi, ucciso con 37 coltellate. A incastrarli sarebbero state le tracce di sangue umano trovate sulle scarpe e le impronte digitali sulla scena del crimine.
A cura di Giulia Ghirardi
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Roberto Bolzoni
Roberto Bolzoni

Nella mattina di ieri, domenica 23 febbraio, Roberto Zuccotti e il nipote Andrea Gianì sono stati fermati e portati in carcere, accusati dell'omicidio di Roberto Bolzoni, il 60enne che è stato trovato senza vita nella propria auto a Lodi, ucciso con 37 coltellate. A incastrarli, secondo gli investigatori, sarebbero state le tracce di sangue umano trovate sulle scarpe dei due uomini e le impronte digitali sulla scena del crimine.

Le tracce di sangue e le impronte digitali

A occupasi delle indagini sono stati i carabinieri del Comando provinciale di Lodi che, coordinati dalla Procura di Lodi, hanno dapprima transennato il perimetro del piazzale dove è stato trovato il corpo di Bolzoni e setacciato il territorio alla ricerca degli effetti personali della vittima. Con il supporto del Ris di Parma, sarebbero poi riusciti a fornire gli indizi sufficienti per chiedere il fermo dei due uomini. Il punto di partenza è stata la rilevazione di un'impronta digitale del 48enne, già in possesso delle forze dell'ordine per alcuni precedenti di spaccio e reati contro il patrimonio, che sarebbe stata repertata in una delle tracce di sangue che erano presenti all'interno dell’auto di Bolzoni.

Le forze dell’ordine hanno quindi acquisito i filmati delle telecamere di sorveglianza del Punto Snai dove l'uomo era solito recarsi per giocare. Come è emerso dall'analisi delle immagini, Bolzoni sarebbe salito a bordo della propria auto, una Volkswagen Golf bianca, in compagnia del 48enne Zuccotti e del nipote Gianì di 29 anni, poco dopo le ore 18:00 del 16 febbraio, giorno della scomparsa del 60enne. I tre, infatti, si conoscevano bene: frequentavano lo stesso punto scommesse e a da qualche tempo Bolzoni sembra li andasse a prendere con la propria auto dal momento che abitavano nello stesso quartiere, a San Fereolo.

Ad aggravare ulteriormente la situazioni dei due uomini, sono state le tracce di sangue rinvenute sulle loro scarpe. Quando i carabinieri si sono presentati nella casa dove convivevano, avrebbero infatti trovato le scarpe di entrambi lavate ma con ancora la presenza di alcune tracce di sangue umano. Questo ha portato la Procura, diretta da Laura Pedio, con la sostituta Martina Parisi, a procedere con le richieste di fermo che hanno portato lo zio e il nipote, prima al comando provinciale di Lodi per l’interrogatorio con la pm, poi al carcere di Lodi.

L'ipotesi, è che dietro l'aggressione ci sia il movente della rapina. Uno avrebbe tenuto fermo Bolzoni, mentre l'altro con un coltello lo colpiva 37 volte uccidendolo. Prima di fuggire, i due gli avrebbero sottratto la catenina d'oro, la fede, il cellulare, il portafoglio e le chiavi dell'auto. Al momento, però, l'arma del delitto non è stata ancora ritrovata.

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