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Omicidio Nuvolento, ultime news

Com’è possibile che neanche i figli abbiano chiesto di seppellire Romano Fagoni, ucciso dalla moglie

Con la psicologa e criminologa Debora Gatto proviamo a capire cose possa aver provocato un tale risentimento, anche dei figli, nei confronti di Romano Fagoni, ucciso dalla moglie Raffaella Ragnoli, tanto da non aver fatto neanche richiesta di sepoltura.
A cura di Ilaria Quattrone
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L’omicidio di Romano Fagoni avvenuto per mano della moglie Raffaella Ragnoli, a Nuvolento (Brescia), si inserisce in un quadro di solitudine, rabbia e probabilmente maltrattamenti. E la mancata richiesta del nullaosta per la sepoltura dell’uomo, da parte dei suoi figli, sembrerebbe dimostrare come i rapporti tra padre e figli non fossero idilliaci.

Eppure Fagoni sul proprio profilo Facebook raccontava una realtà diversa da quella che è stata ricostruita finora dagli inquirenti: su quella bacheca non mancano foto di vacanze, con la moglie, con il figlio minore e anche qualcuna con la figlia. Tutta finzione? O un ricordo di momenti ormai lontani e che non esistevano più?

La complessità di questo caso è data proprio dal contesto in cui è maturato l’omicidio. I problemi di salute di Fagoni, che era stato appena operato al cuore e per questo in aspettativa a lavoro, le possibili difficoltà economiche e le problematiche nate dalla gestione della madre dell’uomo che si era trasferita nella loro casa, probabilmente hanno appesantito un equilibrio che era già precario.

"In realtà la tragedia inizia molto prima. In primo luogo gli inquirenti stanno cercando di indagare le responsabilità della vicenda ripercorrendo anche fatti precedenti alla stessa. La violenza familiare – spiega a Fanpage.it la psicologa e criminologa Debora Gatto – purtroppo è, ad oggi, all'ordine del giorno e non si manifesta sempre apertamente, è spesso subdola e talvolta può essere sottovalutata".

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È vero che per il momento la Procura di Brescia non ha riconosciuto la legittima difesa, ma – sulla base degli elementi raccolti finora – questo delitto sembrerebbe essere l’apice di un accumularsi di rancore, risentimento, rabbia, mancanza di dialogo e probabilmente tanta solitudine.

Al momento non è emerso nessun affiancamento psicologico né alla presunta colpevole e né tantomeno alla vittima. Non è detto che un aiuto psicologico avrebbe potuto evitare una tragedia simile, ma sicuramente avrebbe ampliato il ventaglio di possibilità che ciò non accadesse.

"È difficile fare una previsione tanto importante in assenza di informazioni concrete riguardanti la storia familiare. Possiamo sicuramente affermare di essere di fronte a un caso di famiglia disfunzionale e distruttiva. Il fine della terapia psicologica – continua l'esperta – è sicuramente quella di riorganizzare gli equilibri, ridurre la conflittualità e le situazioni traumatiche, pertanto sicuramente avrebbe in qualche modo giovato a tutti i membri".

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Quanto accaduto a Nuvolento è una doppia tragedia e forse per il figlio di 15 anni è una tripla sofferenza: il ragazzo ha perso il padre e la madre, ma ha anche dovuto assistere a questo terribile evento.

"Il trauma subìto da questo ragazzo riguarda un evento tragico a cui ha assistito prima di tutto come testimone, per cui si troverà costretto a ricordare, raccontare e rivivere ciò che ha visto e che non dimenticherà mai. Può essere considerato come un lutto nel lutto certo, perché si è ritrovato a perdere due figure genitoriali e questo – continua Gatto – ha implicato anche il peggiore dei tradimenti. Il ragazzo ha davanti a sé una strada molto lunga e dovrà riadattarsi tirando fuori delle risorse per rielaborare ciò che ha ingiustamente subìto. Sarà un percorso lungo per lui".

E non solo per lui. La sorella di vent’anni aveva deciso di andare via da casa e, stando a quanto riportato dal quotidiano Il Giornale di Brescia, si sarebbe allontanata proprio a causa dei rapporti tesi con il padre. È impossibile sapere quali sentimenti si portano dietro questi due ragazzi che già così giovani hanno dovuto fare i conti con enormi sofferenze.

Certo è che anche se sarà un tribunale a stabilire quale sarà la responsabilità penale di Raffaella, i figli sembrano già aver deciso da che parte stare: quella della madre.

"Le cause andrebbero ricercate nella storia familiare di cui noi purtroppo non abbiamo ampia conoscenza. Questo tipo di comportamento, sicuramente connesso alla rabbia e all'aggressività verso il genitore può essere interpretato come un meccanismo di difesa a protezione del sé. Emerge un senso di conflitto e di rifiuto e una separazione importante: genitore buono e genitore cattivo".

"In questo momento penso sia estremamente importante per loro salvare il genitore rimasto in vita. In questo senso è come se questi ragazzi avessero perso l'identità e si fossero identificati totalmente con la madre. Ma questo è solo un risultato, un punto di arrivo di eventi psichici che possono avere origine in traumi a cui si è stati esposti probabilmente in maniera incalzante e ripetuta negli anni. È come se in qualche modo si fosse andata a creare una sorta di "alleanza distorta", poco elaborata".

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