video suggerito
video suggerito

Com’è possibile che la donna che ha ucciso il marito non è stata ricoverata in psichiatria dopo le allucinazioni

Caryl Menghetti è stata arrestata perché accusata di aver ucciso a coltellate il marito Diego Rota a Martinengo (Bergamo). La 46enne soffrirebbe da diverso tempo di problemi psichici. Ieri era stata accompagnata dal marito nel reparto di Psichiatria dell’ospedale di Treviglio perché avrebbe avuto allucinazioni. La donna è stata però dimessa. Com’è stato possibile? A spiegarlo a Fanpage.it è lo psichiatra Massimo Clerici.
Intervista a Dott. Massimo Clerici
Direttore della Scuola di Specializzazione in Psichiatria dell'Università degli studi di Milano Bicocca e Direttore del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze della ASST di Monza
A cura di Ilaria Quattrone
739 CONDIVISIONI
Immagine

Nella giornata di oggi, venerdì 26 gennaio, la 46enne Caryl Menghetti è stata arrestata perché accusata di aver ucciso a coltellate il marito Diego Rota, 56 anni, nella loro villetta tra le campagne di Martinengo (Bergamo). L'uomo è stato colpito alla gola mentre era in camera da letto. I due avevano una figlia di cinque anni che, come stabilito dalla Procura dei Minori di Brescia, è stata affidata ai familiari.

Menghetti soffrirebbe da diverso tempo di problemi psichici: tre anni fa, infatti, era stata sottoposta a un trattamento sanitario obbligatorio. Nella mattinata di ieri, giovedì 25 gennaio, si era recata nel reparto di Psichiatria dell'ospedale di Treviglio perché avrebbe manifestato segni di squilibrio: avrebbe avuto allucinazioni. La donna è stata però dimessa.

Com'è stato possibile? A spiegarlo a Fanpage.it è lo psichiatra Massimo Clerici, Direttore della Scuola di Specializzazione in Psichiatria dell'Università degli studi di Milano Bicocca e Direttore del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze della ASST di Monza.

Immagine

Dottore, com'è possibile che lo psichiatra abbia dimesso la paziente?

Sono diversi i motivi che possono spiegare quanto accaduto. Una persona può arrivare in un pronto soccorso psichiatrico perché portata in trattamento sanitario obbligatorio (Tso). In questo caso specifico c'è già stata una valutazione precedente da parte di un medico che, a sua volta, lo psichiatra dovrà valutare per capire se tale richiesta di tso sia giustificata o meno.

È possibile che un paziente si presenti spontaneamente in pronto soccorso e che possa fornire informazioni incompatibili con il tipo di decisione che lo psichiatra di guardia o reperibile debba prendere. Lo psichiatra deve fare una valutazione sul livello di gravità delle condizioni che osserva. Deve tenere presente se ci siano o meno condizioni che consentano al paziente di essere assistito a livello territoriale e non al livello di ricovero.

Può capitare che il paziente che arriva in pronto soccorso sia già noto. In questo caso, lo psichiatra valuterà se siano falliti i precedenti interventi. Nel caso in cui rileva il buon esito della cura, delle terapia e della presa in carico del servizio territoriale potrà valutare che sia nuovamente assistito sul territorio.

L'ultimo aspetto da non sottovalutare è quello della disponibilità dei posti letto. Ci sono situazioni in cui lo psichiatra di guardia ha il reparto pieno. In base alla gravità del paziente, potrà valutare di mandarlo in un altro reparto lombardo affinché sia ricoverato lì e riportato poi nel proprio ospedale.

La psichiatria infatti ricovera sul territorio: ogni territorio ha un ospedale di riferimento. Quando questo è pieno, è necessario trovare posto altrove per poi riprendersi il paziente così da non togliere un posto letto a quella struttura che gentilmente ce lo ha offerto.

Potrebbe anche essere che lo psichiatra abbia valutato che fosse sufficiente trattare il paziente farmacologicamente, valutarlo e poi rimandarlo a casa.

Sono molte le spiegazioni che si possono mettere in campo quando un paziente è dimesso. Non sempre la motivazione è l'errore o la sottovalutazione da parte dello psichiatra di guardia.

È quindi possibile dimettere un paziente che arriva con allucinazioni e deliri?

Ci sono pazienti che arrivano in pronto soccorso con una generica richiesta di aiuto. Bisognerebbe capire se nel momento in cui il paziente è arrivato abbia dichiarato di avere allucinazioni o se fosse in uno stato delirante così grave da giustificare un ricovero.

In questo caso è chiaro che lo psichiatra verrà valutato per le scelte che ha fatto. Può anche darsi che questa persona si sia presentata in pronto soccorso non dichiarando il suo stato psichico.

Molte patologie psichiatriche, le più gravi in particolare, non permettono una coscienza di malattia da parte del paziente. Ci sono patologie, come la schizofrenia, dove i sintomi gravi vengono nascosti perché i pazienti non ne sono consapevoli.

Sono psichiatra da quarant'anni. Ho visto tanti pazienti che arrivavano con una richiesta d'aiuto generica nascondendo una situazione grave ed è molto difficile con un colloquio riuscire a capire se il paziente presenti sintomi gravi come le allucinazioni o i deliri: ci vuole molto pazienza, capacità di valutazione ma anche molta fortuna. Molti pazienti non raccontano quello che stanno vivendo.

Se ci nascondono la gravità di questa situazione, non è facile per noi.

È possibile che i farmaci non abbiano fatto subito effetto?

Non sappiamo da quanto tempo fosse stata modificata la terapia del paziente e che tipo di farmaco assumesse. Noi però in pronto soccorso lavoriamo con farmaci con effetto immediato che agiscono nel giro di poche ore. In caso di sintomi gravi possiamo intervenire con un farmaco intramuscolo o tramite flebo. Dopo aver tenuto il paziente in osservazione, possiamo notare che l'agitazione psicomotoria o i sintomi gravi vengano fortemente ridimensionati e controllati. Le terapie sono ad assorbimento rapido con farmaci ad alto dosaggio.

Ci sono situazioni che possono richiedere un ricovero perché il farmaco va somministrato più volte, ma altri in cui il dosaggio riesce a sedare le crisi.

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
739 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views