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Com’è possibile che i servizi sociali non sapessero nulla della piccola Diana finché non è morta sola in casa

Perché nessuno ha segnalato Alessia Pifferi, accusata per la morte della figlia Diana lasciata in casa sola per sei giorni, ai servizi sociali? I servizi sociali non possono agire in autonomia, ma devono seguire un determinato iter.
A cura di Ilaria Quattrone
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Diana aveva appena 16 mesi: è stata lasciata nella sua casa a Ponte Lambro (Milano) completamente sola per sei giorni. Senza cibo e senza acqua. I vicini di casa e chi ha conosciuto la madre Alessia Pifferi, che si trova in carcere con l'accusa di omicidio, hanno delineato un quadro che lascia perplessi.

La 37enne non sarebbe stata affettuosa e premurosa, nonostante al momento del suo arresto abbia detto di essere "una buona mamma". Nessuno, a parte Alessia Pifferi, conosce l'identità del padre di Diana: la 37enne avrebbe raccontato ai poliziotti di non aver mai detto all'uomo di avere avuto una figlia.

Nessuno aveva mai visto camminare la piccola Diana

La piccola, descritta come "magrolina", "sorridente" ma che nessuno aveva mai visto camminare, aveva inoltre trascorso il primo mese di vita in un ospedale. Due mesi dopo vi è ritornata per una patologia ai reni causata dalla nascita prematura.

Giovedì 21 luglio Alessia Pifferi ha trovato morta Diana: il suo corpo era in un lettino da campeggio. La 37enne l'aveva lasciata da sola per sei giorni perché era andata a trovare a Leffe, in provincia di Bergamo, proprio il suo compagno. Per sei giorni non è mai passata da casa nonostante fosse tornata a Milano. Accanto a Diana è stato trovato un biberon e un flacone di benzodiazepine mezzo pieno.

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La casa trovata in condizioni pessime

Gli investigatori – ai quali Pifferi ha detto di sapere che sarebbe potuta morire – hanno trovato la casa in condizioni pessime: frigorifero vuoto, pannolini sporchi e invasi dai vermi e disordine ovunque. La 37enne ha anche raccontato di aver lasciato sola la figlia già in altre due occasioni.

In entrambe le occasioni, la madre aveva voluto raggiungere il compagno. L'uomo avrebbe spesso chiesto perché non portasse con lei la piccola, ma lei sosteneva di non volerla portare perché così poteva rispettare e si sentiva più "libera".

Il racconto del compagno

Sempre lui aveva raccontato che i due avevano già una relazione quando Pifferi era incinta. A lui aveva giurato di non esserlo, nonostante la madre della 37enne sapesse della gravidanza già al terzo mese. Al settimo mese ha poi partorito nel suo bagno per poi essere trasferita in ospedale.

Diana non avrebbe avuto un pediatra, non compariva nelle liste d'attesa di alcun asilo nido. Ed è proprio dai racconti emersi in questi giorni che si fa spazio la domanda: perché i servizi sociali non hanno fatto nulla? Come spiegato dal Comune di Milano a Fanpage.it, la donna non era stata segnalata. Di conseguenza la sua situazione non era nota. Chi doveva segnalarla? Toccava ai vicini di casa? Alla famiglia?

Come funziona la segnalazione ai servizi sociali

In Italia esistono due modi per poter segnalare una situazione di degrado ai servizi sociali: l'accesso spontaneo o la segnalazione da parte della Procura. Nel primo caso, è necessario che il diretto interessato si presenti dall'ente competente e chieda di poter essere assistito.

Nel secondo invece non basta solo presentarsi ai servizi sociali. Questi infatti non possono attivarsi autonomamente se non dietro richiesta della Procura. Prima di tutto è necessario che chiunque si presenti nei loro uffici fornisca una descrizione il più possibile precisa di quanto accade.

Questo perché è fondamentale verificare che le informazioni date siano veritiere. Una volta contattati, i servizi sociali potranno chiedere che vengano contattate le forze dell'ordine o in alternativa potranno inviare una segnalazione alla Procura.

Il ruolo del Tribunale

Saranno poi gli inquirenti a valutare la gravità della situazione e incaricare gli stessi servizi sociali di condurre indagini sulle persone accusate: potranno quindi incontrare la famiglia con la quale avviare un confronto. Esistono poi alcuni casi dove il Tribunale interviene sulla responsabilità genitoriale e incarica i servizi sociali a sopperire a quelle funzioni "limitate" per decisione del giudice.

Dal canto suo il Comune di Milano, come spiegato a Fanpage.it, è presente nei quartieri popolari con alcune reti volontarie così da fornire assistenza a chiunque dovesse richiederlo.

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