Come funzionerà e cosa prevede il piano bici a cui lavora il Comune di Milano
A poche ore dalla morte di Francesca Quaglia, e dall'incidente che ha ferito gravemente una ciclista di 42 anni, ora ricoverata all'ospedale Niguarda, il Comune di Milano ha avviato un gruppo di lavoro per mettere in piedi un piano per la mobilità ciclabile. Il documento dovrebbe avere tre parti e sarà elaborato nelle prossime settimane: "L'obiettivo è anche dare una risposta ai tragici fatti recenti", spiega a Fanpage.it Marco Mazzei, consigliere comunale del gruppo Beppe Sala Sindaco.
A che punto è e come funzionerà il piano per la mobilità relativo alle biciclette?
Il lavoro è appena iniziato e capiremo come funzionerà nei prossimi giorni. Adesso sto selezionando i nominativi per le figure che faranno parte del gruppo di lavoro. Stiamo selezionando figure tecniche dal punto di vista della progettazione, sia urbanisti che esperti del mezzo che persone con competenze su particolari categorie di utenti. Penseremo per esempio a chi si muove in città ma abita fuori, e faremo attenzione anche a comunicare un modo diverso di muoversi.
In cosa consiste questo piano e cosa conterrà?
Si tratta ancora di ipotesi, ma il documento dovrebbe avere tre parti. Una sarà di visione: spiegherà cosa Milano vuole fare con le biciclette, che ruolo crede debba avere questo mezzo e come farlo crescere e sviluppare in sicurezza. Una parte sarà più tecnica, un vero e proprio biciplan. Ancora non sappiamo con esattezza cosa includerà, ma conterrà lo sviluppo dell'infrastruttura sia attiva che passiva cioè sia la sicurezza nel muoversi in città sia nel modo in cui non farsi rubare la bici. Questa parte terrà in considerazione anche i lavoratori della ciclologistica e le cargo bike. La terza parte conterrà invece le misure più urgenti e che si possono fare in tempi estremamente brevi, nell'arco se non di giorni di poche settimane e che potrebbero dare un contributo significativo al miglioramento della sicurezza per chi si muove in bicicletta.
Qual è nel concreto uno dei primi interventi che farete?
In tutti gli incroci, realizzeremo a brevissimo termine le "case avanzate", cioè quelle parti di strada in cui le biciclette stanno davanti al traffico veicolare. Già ce ne sono alcune a Milano, però sono ancora poche e su pochi incroci. Ma il lavoro è appena iniziato, quindi potrò essere più preciso tra qualche settimana.
Quando pensate di pubblicare il documento? Crede riuscirete entro settembre?
Mi sembra difficile e non voglio impegnarmi su una data al momento. L'obiettivo però è anche dare una risposta ai tragici fatti recenti e chiaramente non può essere una risposta che arriva fra sei mesi. Si tratta comunque di settimane.
Lei è stato il primo firmatario della proposta sul limite di velocità a 30 chilometri orari a Milano. Crede che questa misura ridurrebbe effettivamente il rischio di incidenti in bici?
La città a 30 all'ora dal mio punto di vista è il modello di riferimento per una città migliore in assoluto, sia come qualità della vita e dello spazio pubblico sia come sicurezza. Quindi io non lo pensavo solo a gennaio, quando ho presentato il documento, ma penso ancora oggi che sia un elemento fondamentale per lo sviluppo della città. A maggior ragione, adesso che si vede – non solo sugli incidenti che riguardano i ciclisti – che sulle strade c'è un livello di nervosismo, per usare un eufemismo, che deve essere gestito, altrimenti diventa pericoloso. Abituarci tutti ad andare più piano secondo me è una precondizione.
Dal lavoro preliminare che avete svolto, vedete dei limiti oggettivi alla pianificazione di Milano per le ciclabili? Penso alle tante strade di Milano che hanno già le ciclabili ma sono disegnate sul rettilineo e non sopraelevate.
Non credo che la messa in sicurezza della città, per chi si muove in bici o a piedi, dipenda necessariamente dalle infrastrutture. Anche perché se immaginiamo che le strade diventano sicure solo se e quando abbiamo realizzato una pista ciclabile in struttura vuol dire che immaginiamo questo possa avvenire fra dieci, venti o trent'anni. Questi sono i tempi. Io credo che l'elemento più importante per rendere più sicure le strade sia proprio moderare il traffico veicolare, fare in modo che automobili, moto e altri mezzi a motore vadano molto più piano. Nel momento in cui tutti i mezzi vanno più piano e alla stessa velocità, le strade diventano più sicure a prescindere dal fatto che ci sia o meno una pista ciclabile, che poi continuerà a essere necessaria solo su un certo tipo di strade ma non sulla maggior parte.
Lei è anche un cicloattivista, volontario di Massa Marmocchi, come commenta l'ultimo incidente?
È molto difficile commentare, chi ha delle responsabilità deve cercare di analizzare le ragioni che hanno determinato l'incidente. Nell'ultimo caso specifico, il tema è credo ancora quello dell'angolo cieco dei camion che rende di fatto invisibili per un tir tutte le persone che stanno attorno all'abitacolo. Sull'angolo cieco una misura c'è già ed entrerà in vigore dal primo di ottobre. Però indipendentemente dalla misura, serve anche che tutti quelli che guidano dei mezzi che hanno un impatto così grande sullo spazio, abbiano maggiore consapevolezza di qual è effettivamente il mezzo che stanno guidando, altrimenti sarà difficile. Penso che siano da considerare delle misure che limitino gli orari della circolazione di questi mezzi.
Quali città prenderete a modello per la pianificazione della mobilità ciclabile di Milano?
Esperienze come quella olandese, così come tutte le migliori esperienze che ci sono in giro per l'Europa, da Parigi a Londra. Non a caso, questo gruppo di lavoro si interfaccerà con un elemento internazionale che si chiama C40 (una rete globale delle cento più grandi città del mondo per la mobilità carbon neutral, ndr) perché alcuni temi sono comuni a tutte le città del mondo.