Come fanno a produrre borse Dior a 56 euro e rivenderle a 2600: dai lavoratori sfruttati ai macchinari pericolosi
Si producono borse e altri accessori del marchio Dior in alcuni laboratori cinesi in Lombardia, a costi bassissimi e sfruttando lavoratori. L'originalità di tali prodotti non è in discussione: lo accertano i documenti e lo confermano gli operai. Ma quello che ci sta dietro la fabbricazione di beni di lusso firmati Dior non ha nulla a che vedere con lo scintillio delle eleganti vetrine. Come avveniva lo sfruttamenti negli opifici cinesi? E come ne beneficiava la Manufactures Dior Srl è stata affiancata da un amministratore giudiziario dal Tribunale di Milano?
Che società è la Manufactueres Dior srl
I carabinieri hanno scoperto che la produzione dei prodotti di pelletteria con marchio Dior avveniva nella società Pelletteria Elisabetta Yang e presso la New Leather: qui le condizioni dei lavoro "erano tali da integrare gli estremi illeciti sfruttamento del lavoro". Al centro dell'indagini, che hanno portato all'amministrazione giudiziaria della Manufactueres Dior srl, ci sono infatti i rapporti che la società teneva con i suoi fornitori.
La società Manufactueres Dior srl (una società di capitali a responsabilità limitata con Socio Unico) è stata costituita nel 2006 ed è sottoposta alla direzione e al coordinamento del gruppo Lvmh Moet Hennessy Louis Vuitton se – Parigi Lvmh. Il gruppo Christian Dior con sede a Parigi è l'unico cliente della società: questo vuol dire che l'andamento economico della società è quindi strettamente collegato con la dinamica dei mercati in cui è inserito il Gruppo Dior. La Manufactueres Dior srl ha un unico socio che si identifica nella società Christian Dior Italia Srl.
Cosa accadeva nei laboratori cinesi in cui venivano prodotte le borse Dior
I lavoratori che producevano articoli di pelletteria a marchio Dior sarebbero stati sfruttati. Lo hanno documentato i carabinieri lo scorso marzo quando erano entrati nel laboratori ad Opera, in provincia di Milano, della Pelletteria Elisabetta Yang Srl: all'interno c'erano al lavoro 23 persone (17 cinesi e 5 filippini e alcuni dei quali pagati in nero). Nello stabile i carabinieri hanno scoperto che gli uffici, nati per gestire la parte amministrativa della società, erano in realtà stati convertiti abusivamente in stanze, con tanto di cucina, dove i lavoratori vivevano. Qui i militari hanno precisato che "le condizioni igieniche rasentano il minimo etico".
Non solo però le stanze per la notte erano al limite della sopravvivenza. Le condizioni lavorative durante il giorni erano anche peggio. I 23 lavoratori infatti producevano articoli di pelletteria utilizzando attrezzature in cui erano stati rimossi i dispositivi di sicurezza: dispositivi che impedirebbero – come si legge nelle carte del Tribunale – "che il lavoratore durante l'utilizzo delle stesse possa entrare in contatto con i meccanismi mossi elettricamente o che pezzi del prodotto smerigliato possano essere proiettati negli occhi dell'operatore".
Perché dunque decidere di rimuovere questi dispositivi? Pelletteria Elisabetta Yang Srl rimuovendo i dispositivi di produzione si garantisce "un aumento della capacità produttiva dell'operatore a discapito della propria incolumità venendo esposto a un elevato di rischio di infortunio". E ancora: i contenitori di sostanze chimiche e infiammabili non erano custoditi in modo corretto, con alta pericolosità in caso di incendio. Dalle indagini è emerso inoltre che l'orario di lavoro era di gran lunga superiore alle 8 ore giornaliere come previsto dal contratto. Da qui l'ombra del caporalato in questi laboratori.
In queste condizioni i lavoratori producevano la borsa Dior Po312yky a un costo di 53 euro, la stessa poi veniva venduta nelle eleganti vetrine dei negozi a 2.600 euro. I carabinieri durante i sopralluoghi negli spazi Pelletteria Elisabetta Yang Srl hanno trovato anche un dipendente della Manifatture Lombarde srl, ovvero l'azienda a cui era stata appaltata la produzione di accessori firmati Armani e finita nelle carte del Tribunale di Milano che aveva disposto l’amministrazione giudiziaria per la Giorgio Armani Operations Spa. Il dipendente ai militari aveva precisato che si trovava in quella società per una visita di cortesia, essendo in ferie. I carabinieri durante il sopralluogo avevano parlato anche con due sorelle lavoratrici della pelletteria che avevano riferito che precedentemente lavoravano per una ditta di Rozzano, alle porte di Milano, dove si cucivano le borse di Giorgio Armani. Un altro lavoratore ha dichiarato di aver lavorato per due marchi di lusso della moda: ora produceva borse Dior che, a seconda del modello, veniva prodotta al costo variabile dai 35 ai 70 euro.
Alla fine delle ispezioni, il pubblico ministero ha iscritto nel registro degli indagati la rappresentate legale e suo marito, quale responsabile di fatto della Pelletteria Elisabetta Yang Srl.
Accertamenti anche in altre società che producevano prodotti Dior
Gli accertamenti si sono svolti anche nella società New Leather Italy srls. Quando i carabinieri sono arrivati nel laboratorio hanno visto subito alcune persone scavalcare il muro di recinzione e cercare di darsi alla fuga. Ma li hanno fermati poco dopo.
Anche in questo caso uno spazio, che al catasto doveva essere un magazzino, era utilizzato come refettorio e cucina per i lavoratori. I locali inoltre "si presentavano in condizioni di insalubrità al di sotto del minimo etico". E anche in questi laboratori i macchinari utilizzati per la produzione non avevano più i dispositivi di protezione, aumentando così il rischio di infortunio per l'operatore.
All'interno dei capannoni della società New Leather Italy Srls era presente anche l'amministratrice unica della società Davide Albertario Milano Srl, alla quale i carabinieri hanno chiesto il motivo della sua presenza. Come spiegano gli atti del Tribunale, la donna "ha detto che la sua società produce articoli di pelletteria per diversi brand, tra il quale il più importante sia in termini di marchio che di volumi d'affari è Dior. Ha dichiarato di esternalizzare parte delle lavorazioni a laboratori esterni per ridurre i tempi di evasione dell'ordine".
Il pubblico ministero ha iscritto nel registro degli indagati l'amministratore unico, il responsabile di diritto e il responsabile di fatto della New Leather Italy srls perché ci sono "palesi indici rilevatori di una attività produttiva con personale in nero, in ambienti di lavoro pericolosi e abusivi, con orario di lavoro di gran lunga superiori a quelli contrattualmente previsti".
La società inesistente che produceva con il marchio Dior
Altre verifiche sono state fatte nella società Davide Albertario Milano Srl che ha come cliente principale la Manufactures Dior Srl e per la quale produce borse e accessori in pelle da viaggio. Sulla carta, la Davide Albertario Milano Srl si avvalerebbe di un sub fornitore accreditato, la società Az Operations Srl. Da quanto spiegato però dal pubblico ministero, "è evidente che la società Az Operations Srls, pur essendo cartolarmente attiva, è di fatto inesistente. La società ha ricevuto in sub appalto dalla Davide Albertario le lavorazioni del prodotto Dior ma, in realtà la lavorazione del prodotto viene svolta dall'opificio New Leather Italy in compressione cost, con manodopera irregolare ed in ambienti di lavoro sotto minimo etico".
E ancora: "La Az Operazions Srls rappresenta un mero bacino di lavoratori che, una volta assunti, vengono impiegati mediante distacco direttamente presso la Davide Albertario Srl, così lasciando gli oneri retribuiti, contributivi ed assicurativi a carico della distaccante e, quindi, così abbattendo i costi del lavoro per la Albertario; quest'ultima poi esternalizza alla società ombra New Leather Italy Srls una parte di produzione del brand Dior a costi di gran lunga inferiori rispetto a quelli sostenuti dalla stessa committente. La Az Operations Srls al fine di rappresentare una produzione che nei fatti non viene svolta, data l'inesistenza di una sede produttiva, emette fatture nei confronti della committente Albertario che sono in concreto fatture per operazioni inesistenti".
Perché agivano gli amministratori delle aziende subappaltatrici
Gli imprenditori ora finiti nel registro degli indagati per sfruttamento dei lavoratori agivano con l'obiettivo di abbattere i costi di lavoro. Per questo venivano completamente evase le imposte dirette relative al costo dipendenti (contributi, assicurazione infortunio; si pensi ai lavoratori in nero). "Inoltre sono stati completamenti omessi tutti i costi relativi alla sicurezza, sia dei dipendenti che degli ambienti di lavoro, essendo stata, inoltre, rilevata l'omissione delle visite mediche dei lavoratori, della formazione ed informazione".
"Il pericolo per la sicurezza dei lavoratori è poi accresciuto dalla rimozione di dispositivi di sicurezza dalle macchine oltre che non dalla corretta custodia dei materiali chimici ed infiammabili. Ulteriore indice di sfruttamento dei lavoratori è rappresentato dalle condizioni alloggiative dei dipendenti, che appaiono degradate ed insalubri ed espongono gli operai a ritmi lavorativi sicuramente non convenzionali".